Francesco Erspamer - L’unica comunità davvero immaginaria è quella unversale

Francesco Erspamer - L’unica comunità davvero immaginaria è quella unversale

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Con buona pace di uno dei guru dei liberal, Benedict Anderson, l’unica comunità davvero immaginaria è quella unversale, la mitica «umanità» in nome della quale tutti gli esseri pensanti (oltre a quelli viventi) vengono sradicati dal loro territorio e dalla loro storia e gettati in pasto all’ovviamente libero mercato, ai media, alla competizione perenne (ma lo chiamano merito), alla mobilità perpetua (ma la chiamano adattabilità), alle nuovetecnologie (tutto attaccato, un termine che poco ha a che vedere con la tecnologia e tutto con il culto del nuovo fine a sé stesso), alle piattaforme chiamate «social» ma che promuovono settarismi e egocentrismo.

E le tradizioni davvero inventate (con buona pace di Eric Hobsbawm), senza alcuno sforzo perché non richiedono la fatica di confrontarsi con il tempo «altro» rispetto al nostro, il passato, fosse pure fittizio (come quasi tutti i passati: ma dove sarebbe il problema?

La verità, come la scienza sa bene, riguarda solo il presente, sono quelle che stanno cancellando secoli di intergenerazionalità per appiattire tutto sull’immediata attualità, con la scusa dell’emancipazione (la sinistra) o del farsi da sé (la destra) ma in effetti per accontentare l’oscena avidità di chi vuol fare tantissimi soldi molto in fretta e dunque ha bisogno che quello che già esiste invecchi sùbito, anzi muoia, come le case americane, fatte di compensato per non durare, o i prodotti elettronici a obsolescenza intenzionalmente rapidissima, o le «breaking news» da essi diffuse e che inducono le nuove generazioni all’impazienza e tutte le generazioni alla superficialità.

PS Ovviamente i libri di Anderson e di Hobsbawm non li legge più nessuno (non che ne vanga la pena) perché vecchi e perché libri (troppo lunghi). Ma le loro formule magiche sono perennemente in bocca ai globalisti e ai presentisti.

Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

 

Professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill

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