Caro Yuri, quando un viaggio in Arabia Saudita per i diritti Lgbt?
di Omar Minniti
L'omofobia in Russia esiste ed è diffusa a livello popolare. Così come è ampiamente radicata nell'Ucraina del golpe banderista, nella cattolicissima Polonia e nelle repubbliche baltiche occupate dalla Nato. Per non parlare delle varie nazioni balcaniche. Ma la lingua di certi attivisti per i diritti civili batte solo ed esclusivamente sul dente dolente russo. Spesso facendo ampio utilizzo di fake colossali, come la notizia dell'apertura dei "campi di sterminio per omosessuali" in Cecenia, smentita ed oggetto di querela perfino da parte delle organizzazioni Lgbtq liberali russe. Ovviamente sono contento che Yuri Guaiana sia stato rilasciato e goda di buona salute.
Ma non posso esimermi dal chiedere a quest'ultimo, una volta rientrato in Italia, di fare davvero qualcosa di utile per i diritti omosessuali violati. E per i diritti civili ed umani in generale.
La prossima volta potrebbe preparare una bella petizione da consegnare ai regnanti ed agli sceicchi dei nostri "alleati" di Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Kuwait e Bahrein. Petromonarchie fondamentaliste dove, nel caso saudita, i gay vengono perfino condannati a morte (mediante decapitazione in piazza), oppure subiscono frustate ed altre forme di sevizie, per poi finire in galera per decenni. Quelli sarebbero i posti ideali per far finalmente rispettare "Certi Diritti" (il nome dell'associazione di Guaiana).
Vista la passione con cui ha esibito la bandiera israeliana e l'orgoglio di farsi fotografare davanti al Consolato Usa di Milano, potrebbe fare ancora di più. Potrebbe presentare una raccolta di firme per sostenere i 1500 prigionieri palestinesi (alcuni dei quali murati vivi da anni, senza nessuna accusa specifica) in sciopero della fame da settimane, per denunciare le torture e la violazione dei più basilari diritti umani. Oppure una protesta formale contro la quindicina di stati federali Usa in cui l'omosessualità è ancora formalmente un reato.
Un'ultima cosa. Yuri Guaiana è stato liberato dopo nemmeno un paio di ore di fermo nella Russia del "dittatore" Putin. Ma in questo momento molti dei 141 sindacalisti, studenti ed attivisti di sinistra arrestati domenica sera a Parigi sono ancora in carcere, nella Francia dei "democratici" Hollande e Macron.