Conflitto Nucleare: Inganno o Minaccia Reale?

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 Conflitto Nucleare: Inganno o Minaccia Reale?

di Federico Pieraccini
 

Gli eventi in Medio Oriente, in Siria e ad Aleppo sono al
centro dell’attenzione globale. Raramente una battaglia è stata così decisiva per l’esito di una guerra e per il destino di centinaia di milioni di persone sparse per il mondo.

 

Nell’ultimo dibattito presidenziale Hillary Clinton ha invocato ripetutamente la creazione di una No Fly Zone (NFZ) in Siria. Il concetto, ribadito più volte, si scontra con le rivelazione contenute nelle email private dell’ex segretario di Stato, secondo cui tale impegno comporterebbe un’elevate quantità di morti tra i civili Siriani. Non solo. In una recente audizione presso la commissione del Senato sulle forze armate è stato chiesto al generale Breedlove quale sforzo occorrerebbe alle forze armate USA per imporre una NFZ sui cieli Siriani. Con evidente imbarazzo il Generale è stato costretto ad ammettere che tale richiesta implicherebbe di colpire aerei e mezzi Russi e Siriani, aprendo le porte ad un confronto diretto tra Mosca e Washington. Una decisione ben al di fuori delle competenza del generale. I vertici militari, da sempre favorevoli ad interventi bellici, fiutano il pericolo di un conflitto con Mosca.


 

Il Cremlino ha pubblicamente ammesso di aver schierato in Siria sistemi avanzati antiaerei e antimissilistici S-400 ed S-300V4. La presenza annunciata del complesso difensivo ha scopi di deterrenza, ed è una strategia più che prevedibile. Il messaggio per Washington è evidente: ogni oggetto non identificato sui cieli Siriani verrà abbattuto. Gli Stati Uniti basano molta della loro forza militare sulla costante necessità di proiettare potere, illudendo l’avversario di possedere capacità che altri non detengono. E' molto improbabile quindi che il Pentagono decida di mostrare al mondo quanto valgano davvero i suoi sistemi stealth e i ‘leggendari’ missili cruise americani, in un confronto diretto con S-300V4 o S-400. Ancora oggi in Serbia si ricordano del F-117 abbattuto con sistemi sovietici (S-125) risalenti agli anni 60'.


 

Le minacce della Clinton a Mosca non sono state le uniche. Gli strateghi politici presenti a Washington continuano a dimostrare con dichiarazioni aggressive di aver totalmente perso contatto con la realtà.  Nelle ultime settimane reazioni isteriche si sono registrate dal Pentagono al Dipartimento di Stato, in militari di ogni livello e persino nei rappresentanti delle diplomazia americana. A dar manforte all’irrequietezza che regna in alcuni ambienti di Washington, svariati articoli apparsi sui famigerati WaPo e NYTimes invocano scenari basati sull’imposizione di una NFZ degli Stati Uniti in Siria, ignorando le conseguenze evidenziate da Breedlove. Due sono le ipotesi al vaglio: colpire le basi aeree dell’esercito Siriano con missili cruise oppure l’impiego di aerei stealth per bombardare installazioni A2/AD di Damasco.

Alla base delle reazioni scomposte di Washington e di tante veementi proteste vi è una probabile sconfitta militare. Gli Stati Uniti non possiedono alcuna capacità di impedire la liberazione di Aleppo per mano dell’Esercito Arabo Siriano (SAA) e della Federazione Russa (FR).  Negli ultimi quindici giorni, il SAA e la FR hanno ottenuto importanti progressi e questo ha portato ad un’escalation delle tensioni. Alcuni degli episodi più significativi hanno coinvolto i jet della coalizione internazionale mentre colpivano l’esercito Siriano causando 90 morti, funzionari governativi americani invocare l’abbattimento di aerei russi, attentati nelle città russe, morti tra i civili Russi e persino incolpare Mosca per un attacco ad un convoglio umanitario. L’apice sembrava essere stato raggiunto alle Nazioni Unite ove i rappresentanti americani hanno impedito a Mosca una risoluzione di condanna per gli attacchi terroristici all’ambasciata Russa di Damasco. Da notare che quindici anni dopo l’11 Settembre 2001, Washington difende Al Nusra (AKA Al Qaeda) alle Nazioni Unite! Qualcosa che dovrebbe far riflettere profondamente l’opinione pubblica internazionale. A quanto pare però, non esiste un limite alle provocazioni e pochi giorni dopo questo incredibile epilogo al palazzo di vetro di New York, il Pentagono ha tenuto a precisa che è tuttora valida la possibilità di attacco atomico preventivo contro la Federazione Russa.


 

Sembra quindi quasi riduttivo ribadire che per via del successo ottenuto dal SAA, Washington, Ankara, Riad, Doha e Tel Aviv mostrano segni di cedimento e nervosismo senza precedenti. Il loro impegno a rovesciare il governo legittimo di Assad è fallito. L’azione combinata delle forze di terra, aria ed acqua delle forze Siriane e Russe ha spinto Washington, compresi i media corporativi che fanno da cassa di risonanza, a passare dalle parole di condanna ad espressioni sempre più minacciose.


 

Nell’ultimo mese la situazione nel Nord della Siria è rapidamente cambiata grazie all’azione dell’Esercito Arabo Siriano e dei suoi alleati, contro i terroristi sostenuti dall’occidente. Ad Aleppo, il SAA prosegue quotidianamente con enorme successo l’opera di liberazione della città. Quartieri e vaste aree sono nuovamente sotto controllo governativo. Le avanzate senza sosta delle truppe leali ad Assad modificano il corso della guerra in Siria a favore di Damasco, azzerando i tentativi degli Stati Uniti di rimuovere il legittimo governo Siriano. Una vittoria ad Aleppo significherebbe la quasi certezza di una sconfitta dei terroristi nelle restanti aree del paese. La chiusura del confine con la Turchia taglierebbe le linee di rifornimento con conseguenze e ricadute a catena in tutta la Siria. Rimarrebbero aperti alcuni passaggi a Sud del paese nei pressi del confine con la Giordania, da sempre fonte di rifornimento per i terroristi. Difficile però che questa linea di approvvigionamento possa spostare gli equilibri del conflitto o rimpiazzare adeguatamente quella di Aleppo. E’ soprattutto al nord, grazie alla Turchia, e ad ovest grazie al confine incontrollato con l’Iraq, che i terroristi ottengono rifornimenti continui. La liberazione di Mosul da parte dell’esercito Iracheno, di Aleppo da parte del SAA e di Der-Al Zur in un futuro prossimo, spianeranno la strada per la strategica riconquista di Raqqa, ultimo baluardo di Daesh, vanificando così anche il piano-B di partizionare il paese.


 

Con il cedimento del fronte Nord, i terroristi saranno messi di fronte all’evidenza del probabile collasso completo delle loro operazioni in tutta la nazione. Alcuni continueranno a combattere ma la maggior parte getterà le armi, consapevoli di aver perso la guerra. Raggiunto questo obiettivo, la liberazione del resto della Siria dovrebbe essere questione di pochi mesi. Senza dimenticare che la riconquista di Aleppo garantirebbe una cocente sconfitta ai finanziatori regionali del terrorismo internazionale (Qatar e Arabia Saudita).


 

Eppure, non è solo l’avanzata su Aleppo a preoccupare e agitare i nemici della Siria: Obama e la sua amministrazioni sono ormai ininfluenti anche a causa di una delle più controverse elezioni presidenziali della storia recente. Il futuro incerto della politica estera di Washington ha spinto partner quali Riad, Doha, Ankara e Tel Aviv a non esitare nel incendiare ulteriormente il conflitto Siriano, preoccupati di una futura inattività di Washington e desiderosi di avanzare una propria soluzione militare al conflitto.


 

Nel caso di Ankara, l’invasione in Iraq e Siria rischia seriamente di precipitare la regione in un’ulteriore ondata di caos e distruzione con il primo ministro Iracheno che non ha esitato a definire la mossa Turca, spericolata, rischiando di scatenare una guerra regionale. Nel caso Saudita le problematiche sono ancora maggiori, non avendo la possibilità in termini di mezzi e uomini per intervenire direttamente in Siria per causa del coinvolgimento nella disastrosa guerra in Yemen. La velocità con cui la fiducia nei vertici di Riad si sgretola è senza precedenti, le grandi riserve monetarie di Riad si riducono e la causa sembra essere lo sperpero di decine di miliardi di dollari per finanziare l’azione bellica contro Sana’a. Un altro esempio di azione militare indipendente riguarda Israele. Da 4 anni a questa parte prosegue senza sosta la guerra segreta ad Hezbollah e alle truppe Iraniane, impegnate nelle zone confinanti con Israele a combattere Al Nusra e Daesh. Per Tel Aviv ci sono comunque due soluzioni auspicabili alla crisi Siriani, entrambi in linea con la loro strategia: continuazione del caos e del disordine oppure una balcanizzazione della Siria. In entrambi i casi l’obiettivo mira ad espandere la sfera di influenza ben oltre le alture del Golan occupate illegalmente anni fa.


 

I tentativi infruttuosi di Turchia, Israele e Arabia Saudita di modificare gli eventi in Siria, portano alla luce le sempre crescenti incomprensioni strategiche tra Stati Uniti e partner regionali. Equivoci che spesso obbligano Ankara, Riad e Tel Aviv ad un dialogo riservato con la Federazione Russa, l’unica nazione in grado di regolare i delicati equilibri mediorientali.


 

Nell’immediato futuro, restano ben evidenti i rischi per Mosca e Damasco nonostante una strategia complessivamente ben ponderata. L’accelerazione nella liberazione di Aleppo ha anche uno scopo accessorio: puntare a ridurre al minimo lo spazio di manovra della prossima amministrazione Americana. In un certo senso, è una corsa contro il tempo. Liberare Aleppo per tracciare la strada verso la fine del conflitto prima di Gennaio 2017, mese in cui entrerà in carica la nuova amministrazione. Non è detto che Clinton o Trump abbiano intenzione di andare oltre le vacue minacce di Obama, ma comprensibilmente Damasco e Mosca non hanno alcuna intenzione di farsi prendere alla sprovvista, specie con una probabile presidenza Clinton.


 

Dopo anni di trattative con una diplomazia schizofrenica come quella americana, Mosca e Damasco hanno deciso di tutelarsi contro decisioni improvvise dello ‘stato profondo’ americano. Schierando i sistemi più avanzati esistenti in materia di difesa aerea, Mosca ha chiamato il bluff di Washington come non succedeva da anni. La linea rossa per Mosca è stata superata con i tragici eventi del 17 Settembre a Der al-zur. Ripetutamente è stata ipotizzata la creazione di una No-Fly-Zone Russa sopra i cieli Siriani. Incredibilmente invece, nelle ore immediatamente successive al vile attacco contro le truppe siriane, il dipartimento della difesa americano e il dipartimento di stato a Washington proponevano la creazione di una No-Fly-zone con l’obbligo per gli aerei Siriani e Russi di rimanere a terra. Una proposta provocatoria, diretta a Damasco e a Mosca.

 

Captato il pericolo, Mosca ha agito immediatamente schierando a protezione dei cieli Siriani sistemi in grado di abbattere missili cruise, aerei stealth e persino missili balistici (s-300 e s-400). Per essere sicuri che Washington recepisse pienamente il messaggio, il Ministero della difesa (MoD) Russo ha ribadito pubblicamente quanto già annunciato: qualunque oggetto non identificato verrà abbattuto immediatamente non essendoci i tempi tecnici per verificare traiettoria, lancio d’origine e bersaglio finale. Un chiaro avvertimento alla strategia decennale degli Stati Uniti che impone l’uso di un’elevata quantità di missili cruise per fermare i sistemi anti-aerei, spianando la strada ad una NFZ come in Libia. Il MoD Russo ha persino specificato che anche aerei Stealth USA di quinta generazione potrebbero essere bersagli facili da colpire, con il raggio d’azioni dei sistemi S-200, S-300 ed S-400 (e tutte le varianti) che lascerà basiti molti osservatori internazionali. Questa affermazione pare anche confermare indirettamente un’altra teoria rimasta ad oggi pura speculazione. Il 17 Settembre in occasione dell’attacco USA al SAA a Der Al-Zur, gli aerei coinvolti pare siano stati illuminati dai sistemi di difesa aerea Russi o Siriani (S-200? S-400?), obbligando i jet della coalizione ad interrompere ogni attacco e desistere prima di essere abbattuti.


 

Qualunque sia l’intenzione nascosta dietro le minacce isteriche di Washington, Mosca ha ipotizzato svariati scenari asimmetrici per rispondere ad un’aggressione diretta alle sue truppe in Siria. Oltre ai sistemi S-300 ed S-400, il MoD ha dichiarato apertamente di conoscere l’esatta dislocazione delle forze speciali Americane in Siria. Un chiaro riferimento alla capacità Russe e Siriane di colpire i soldati USA al fianco dei terroristi o ribelli moderati.


 

Tutte le conferenze stampa del Generale Maggiore Igor Konashenkov hanno chiaramente mostrato i nuovi sistemi schierati in Siria per la difesa aerea, una pubblicità più che intenzionale. Nonostante la deterrenza continui ad essere uno strumento preferenziale adottato da Mosca, le parole forti e stranamente dirette ed inequivocabili del MoD Russo fanno comprendere facilmente come la pazienza a Mosca e Damasco sia sfumata definitivamente dopo la sequenza degli ultimi venti giorni e le ripetute minacce.


 

In un contesto tale, agli Stati Uniti non resta che l’unica arma in loro possesso: lamentele, minacce e grida isteriche amplificate dai media dei suoi generali, dei portavoce ufficiali e delle decine di agenzie presenti a Washington. Niente che possa fermare concretamente l’azione liberatrice del SAA e dei suoi alleati.


Gli Stati Uniti non hanno alcuna alternativa per impedire un esito sgradito al conflitto. Qualunque strada scelgano non esiste una soluzione per cambiare gli eventi in Siria. Persino i generali americani hanno dovuto ammettere che una No-Fly-Zone in Siria è fuori discussione. Facile per i vari Kirby lanciare minacce a vuoto, più difficile per i militare passare ai fatti evitando un’apocalisse nucleare. Qualunque sia l’esito delle prossime elezioni, la guerra in Siria per gli Stati Uniti e i suoi partner regionali è irrimediabilmente persa e l’isteria e le provocazioni delle ultime settimane sono una reazione sintomatica del livello di frustrazione e nervosismo che da tempo non vivevano in molti ambienti Americani.

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