Da Roma a Odessa: a proposito di assalti e sindacati

Da Roma a Odessa: a proposito di assalti e sindacati

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Da Roma a Odessa, andata e ritorno.
 
A proposito di assalti, me lo ricordo bene un assalto a una sede sindacale. 2 maggio 2014 Casa dei Sindacati di Odessa, Ucraina. Un assalto vero, mica farlocco e teleguidato a favore di telecamere.
 
Squadracce di paramilitari neonazisti che, durante le rivolte di EuroMaidan, circondano e appiccano il fuoco a colpi di molotov a un intero edificio di quattro piani. Almeno quarantotto morti, tutti civili. La maggior parte donne, alcune incinte. Vigili del fuoco attaccati per impedir loro di intervenire prontamente. Dipendenti che per sfuggire alle fiamme si lanciano giù dai balconi e anziché essere soccorsi vengono finiti a sprangate dalla folla. Gente sparata a bruciapelo mentre prova a scappare dalle uscite laterali. Decine di linciaggi in strada. L’epilogo sarà una lunga fila di corpi carbonizzati.
 
Una mattanza di una brutalità bestiale con pochi precedenti nella storia recente che dalle nostre parti non meritò neanche mezzo commento. Non una manifestazione unitaria dei sindacati confederali, non una nota ufficiale del segretario CGIL, non un presidio. Niente di niente, nemmeno un fetentissimo mazzo di fiori per commemorare le vittime. Anzi peggio.
 
Come se niente fosse, di lì a pochi anni, la stessa sinistra che oggi urla al fascismo e si erge a paladina della democrazia, nelle persone di Pietro Grasso e Laura Boldrini, accolse calorosamente la visita istituzionale del presidente del Parlamento ucraino Andriy Paruby, neonazista ex membro di Svoboda e molto vicino al Pravij Sektor (il gruppetto, tanto caro a +Europa e alla Bonino, che va orgogliosamente in giro sbandierando svastiche). Nonché segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale al tempo della strage, indagato (ma mai condannato) per aver organizzato la rivolta che culminerà nel rogo. Ma d’altronde si sa, gli interessi geopolitici del patto atlantico vengono prima di quattro puzzoni slavi per di più filo-russi. Con buona pace di internazionalismo e “solidarietà di classe”.
 
Sì ma che c’entra tutto questo coi fatti di Roma? C’entra eccome. Perché dimostra plasticamente da che parte sta un pezzo consistente della sinistra e del mondo sindacale italiano. Dalla parte dell’UE e del libero mercato che, fra le altre nefandezze, fanno ponti d’oro al governo ucraino e ai suoi macellai neonazisti.
 
Benaltrismo? Può darsi. Ma pur ribadendo ancora una volta che l’attacco a un sindacato è un atto indegno, gravissimo e assolutamente da condannare e non sottovalutare, proprio non ci riesco a unirmi agli alti lai di sdegno proferiti da quella stessa sinistra che ha contribuito fattivamente a devastare Costituzione e mondo del lavoro buttando nel cesso un secolo di lotte, così carichi di ipocrisia dolciastra che ne basta mezza per farmi venire il diabete.

Antonio Di Siena

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Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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