Il piano dell'Ue per conquistare i Balcani
Mentre la Ue porta avanti il sempre più difficile negoziato per definire i termini della Brexit e realizzare il primo divorzio con uno stato membro, Bruxelles prova a rilanciarsi pensando in grande presentando il piano di espansione più ambizioso dai tempi dell’allargamento del 2004 che portò nell’Unione Europa tutti i paesi dell’Europa dell’est in un colpo solo.
La Commissione europea ha rivelato la strategia che dovrebbe consentire ai sei paesi dei Balcani occidentali (Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Serbia, Kosovo, Albania e Macedonia) di entrare nell’Unione Europea entro il 2025. Il documento presentato dalla Commissione ha lo scopo di delineare la strategia e il percorso di avvicinamento dei sei aspiranti membri all’organismo sovranazionale che li circonda, e punta a rilanciare la politica comunitaria nella regione e “chiudere il cerchio” dell’integrazione europea annettendo quel fastidioso buco nella mappa della Ue
L’allargamento ai Balcani porterebbe la Ue a essere composta da ben 33 stati membri, ma non sono state stabilite scadenze precise per nessuno. Al di la delle chiacchiere infatti, solo la Serbia e il Montenegro hanno iniziato i colloqui formali per aderire alla Ue e sembrano in grado di poter raggiungere l’obiettivo entro il 2025 anche se la lista di cose da risolvere è ancora molto lunga.
Per gli altri, la situazione è molto più complicata. La Macedonia deve risolvere il contenzioso sul suo nome con la Grecia e la Bulgaria, il Kosovo non è riconosciuto da 5 membri della Ue (Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia, Spagna) oltre che dai vicini Serbia e Bosnia-Erzegovina, mentre Albania e Bosnia-Erzegovina sarebbero i primi stati della Ue a maggioranza musulmana, con tutte le polemiche che è facile immaginare.
Inoltre, è difficile che i paesi balcanici riescano a soddisfare tutti i parametri politici ed economici richiesti da Bruxelles in solo 7 anni. La Commissione ha specificato che il supporto che sarà fornito ai potenziali nuovi membri avrà lo scopo di favorirne la trasformazioni in materia di rafforzamento dello Stato di diritto, dell’impegno in materia di sicurezza e immigrazione, dello sviluppo socio-economico, dell’incremento della connettività e del riconciliamento di tutte le dispute con i vicini.
Se questo allargamento dovesse realizzarsi, un’altra questione spinosa su cui sarà molto difficile mettersi d’accordo sarà l’allargamento del budget comunitario. Nel prossimo budget del 2020 gli stati ricchi dell’Unione dovranno coprire il vuoto lasciato dal Regno Unito e gli stati dell’est che beneficiano degli aiuti comunitari ne riceveranno meno, perciò è facile immaginare da parte loro una certa diffidenza nei confronti dell’ingresso di nuovi stati più poveri e più bisognosi che entrerebbero in diretta competizione con loro.
Tuttavia, alla luce di quanto detto sopra, si può dire che finalmente Bruxelles ha provveduto a chiarire le sue intenzioni facendo cadere il velo di ambiguità.
L’idea di rilanciare il progetto europeo con ulteriori allargamenti è quanto di più sbagliato ci sia. Non ha senso mettere insieme paesi come la Finlandia e il Montenegro, non ha senso mettere i paesi dell’est in competizione con quelli balcanici dopo aver messo quelli del sud in competizione con quelli dell’est. Storicamente i Balcani non hanno mai portato bene all’Europa, sarebbe più saggio contribuire allo sviluppo e alla stabilità della regione senza cercare di realizzare sconsiderati scatti in avanti per mettere tutti sotto la bandiera dell’Unione e poi scoprire che non c’è affinità culturale e politica.
Federico Bosco