La verità sulle riserve indiane. Le terre non appartengono ai Nativi Americani

La verità sulle riserve indiane. Le terre non appartengono ai Nativi Americani

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di Raffaella Milandri*

Come su molti argomenti legati ai Nativi Americani e ai Popoli Indigeni, anche sulle riserve indiane c’è molta disinformazione, causata principalmente dal tentativo di occultare le ingiustizie e gli abusi subiti tuttora dagli Indiani d’America e anche da molte popolazioni aborigene.

Dopo un accurato studio legislativo, scopriamo che i territori delle riserve indiane sono dati solo in “affidamento” alle tribù degli Indiani d’America e che ricoprono tra l’1% e il 2% degli Stati Uniti.   

Il concetto di riserva

Il termine “riserva” pare suggerire un concetto positivo di protezione. Definisce l’Enciclopedia Treccani: “In America, Africa e Australia, la riserva è un’ampia zona, istituita a seguito della colonizzazione europea, riservata a comunità etniche indigene, sia per consentire loro di vivere indisturbate e appartate secondo le proprie forme di vita tradizionali, sia per controllare e tenere a freno tribù bellicose e insofferenti della nuova civiltà”. Tribù bellicose?   

Una protesta dei Nativi AMericani per i loro diritti

Una riserva è altresì un’area di territorio dove gli animali selvatici sono protetti, come spiega il Cambridge Dictionary. Quindi la riserva si potrebbe intendere anche come “riserva di caccia” per chi la istituisce. Il concetto di riserva si applica principalmente, perciò, ai Popoli Indigeni e alle specie animali protette, curiosamente e gravemente abbinati.

Nel mondo, i Popoli Indigeni che notoriamente vivono in “riserve” sono i Nativi Americani negli Stati Uniti e in Canada; anche gli Aborigeni Australiani vivono in aree indigene protette, “indigenous protected area”. Ci sono poi le “terras indigenas” in Brasile, la “indígena originaria campesina” in Bolivia, che include la parte amazzonica, i “territorios indígenas” in Costa Rica, e altre ancora, come la “South Gujarat Tribal Belt” in India, dove vivono diverse tribù di Adivasi. Ma questi territori appartengono davvero alle tribù? E servono, anziché per proteggerle, per ghettizzarle e mantenerle in stato di povertà?

Il primo requisito con cui i territori delle riserve sono stati scelti dai Governi è quello di un’area priva o quasi di risorse. Che cosa dire di quello che è successo ai San, o Boscimani, del Kalahari, in Botswana? Dopo essersi visti assegnare una vasta area a loro destinata, la Central Game Kalahari Reserve, negli anni Novanta ne sono stati privati e deportati con la forza dopo la scoperta di giacimenti di diamanti. Scuole e villaggi sono stati dati alle fiamme e distrutti. Un altro esempio diverso e ancor più drammatico lo abbiamo visto, per il petrolio, con la Nazione Osage in Killers of the Flower Moon. Ho visto molte tragedie attuali, soprattutto in Africa e Asia, a causa dello sfruttamento delle risorse del suolo e sottosuolo, voluto perlopiù da multinazionali in combutta con i Governi. Anche il popolo dei Sami, in nord Europa, ha serie difficoltà a vedere riconosciuti i propri diritti e a tutelarli.

L'opinione molto diffusa sulle riserve in Nord America, per i coabitanti statunitensi, è che, in un mondo che si fa sempre più piccolo, povero di risorse, e oneroso per l’Uomo Bianco, i Popoli Indigeni occupino territori troppo vasti e necessitino di assistenza dallo Stato, ovvero siano un “costo troppo elevato”. Pur se ci sono persone e associazioni che sostengono i Popoli Indigeni – gli originari abitanti di Oceania, Americhe, Africa e il resto del mondo, – una grande fetta di cittadini li considera scomodi, se non anche selvaggi. La crudele perdita di valori e di identità della loro cultura, del resto, facilita anche il degrado delle molte comunità indigene dove disoccupazione, depressione, alcolismo e suicidi non aiutano certo a farli salire ai livelli di “civiltà” della privilegiata società bianca.      

Le riserve indiane negli Stati Uniti

I Nativi Americani degli Stati Uniti, in base al Census 2020, sono oltre nove milioni. Le tribù riconosciute a livello federale sono 574 – poi ci sono quelle riconosciute solo a livello statale e quelle non riconosciute. Pensate che incredibile e preziosa varietà di popoli, di tradizioni e di culture. Le riserve indiane sono 326 – “circa”, come riporta il sito governativo del BIA, Bureau of Indian Affairs. In alcune riserve convivono anche diverse tribù, mentre altre non hanno alcuna riserva, come, ad esempio, la Little Shell Tribe of Chippewa Indians of Montana.

Mappa delle riserve indiane degli Stati Uniti. Fonte Bureau of Indian Affairs

La “proprietà” delle riserve indiane

Ritengo importante fare un po’ di chiarezza sul concetto di terre tribali: ecco un estratto dei concetti fondamentali, per comprendere fino in fondo che i terreni di proprietà “vera” di una tribù sono, come mi spiegava Mary del consiglio tribale della Confederated Salish and Kootenai Tribes, solo quelli che riescono ad acquistare in moneta sonante o le fee land, come cercherò di spiegare dopo nella maniera più semplice possibile.

Come sappiamo, all’origine di queste “concessioni” di terre ai Nativi Americani ci sono stati centinaia di trattati – ricordiamo i famosi Trattati di Fort Laramie del 1851 e del 1868. Questi trattati in sostanza erano accordi scritti in inglese e firmati perlopiù con una croce dai capi tribali che non sapevano leggere né scrivere, in cui i capi delle tribù accettavano di ritirarsi in un fazzoletto di terra, spesso un decimo di quello esistente o anche meno, e di lasciare libera la maggior parte del territorio in cambio della promessa a rendite annuali in denaro, in bestiame, in forniture regolari di cibo – sono accordi in molti casi ancora in vigore, pur se lascio immaginare la qualità dell’alimentazione. Ma la domanda è: queste 324 riserve indiane quanto occupano dell’attuale territorio degli Stati Uniti? Ebbene, circa il 2,3%.

E nemmeno per intero, poiché non tutto il terreno delimitato come riserva è di “proprietà” tribale. Le riserve indiane sono un mix complicato e promiscuo di status di proprietà della terra. La storia tra le tribù indiane riconosciute a livello federale e gli Stati Uniti, che risale a secoli fa, continua a influenzare le questioni attuali relative alla terra delle tribù. Tre casi della Corte Suprema dell'inizio del 19° secolo, noti come la Trilogia Marshall, hanno stabilito un quadro di base per la legge federale indiana e le radici della relazione fiduciaria tra federali e tribù. Questi casi hanno riconosciuto che le tribù hanno il diritto di risiedere sulle terre a loro riservate, ma gli Stati Uniti hanno l'ultima parola; le tribù sono “stati nazionali dipendenti”.

Secoli di politiche federali mutevoli hanno profondamente influenzato il trattamento delle terre tribali. Nel 1800, la politica si è concentrata sulla negoziazione dei trattati con le tribù, portando alla formazione di riserve e con il risultato che le tribù hanno ceduto agli Stati Uniti grandi tratti di terra in cambio di piccoli lotti. Alla fine del 1800 e all'inizio del 1900, nel tentativo di assimilare – o meglio, far scomparire – le tribù e i loro membri alla cultura americana tradizionale, il Congresso autorizzò le terre detenute dalle tribù a essere assegnate ai singoli membri della tribù (allotment del Dawes Act), portando milioni di acri a uscire dal trust (che spiegherò fra poco) e riducendo drasticamente i terreni tribali. Negli anni ‘30 e ‘40, il Congresso pose fine alla politica di assegnazione e concesse più controllo amministrativo alle tribù con il passaggio dell'Indian Reorganization Act del 1934 (IRA). Ma, negli anni ‘50 e ‘60, il Congresso passò di nuovo a porre fine alla relazione federale-tribale e con la Termination Era cercò di cancellare lo status di molte tribù nel tentativo di integrare i Nativi Americani nella popolazione generale. Dalla fine degli anni ‘70, finalmente la politica si è concentrata sull'autodeterminazione e l'autogoverno, ristabilendo il rapporto di fiducia federale e tribale e aumentando il processo decisionale tribale.

Oggi, le terre tribali hanno diversi stati di proprietà. Le proprietà terriere comuni includono terre fiduciarie, terre a pagamento limitate e terre a pagamento.

Le terre fiduciarie (trust land) sono terre di proprietà del governo federale e tenute in amministrazione fiduciaria a beneficio della tribù a livello comunitario o dei membri della tribù a livello individuale. I terreni a pagamento limitato (restricted fee land) sono di proprietà di una tribù o di un membro della tribù, ma sono soggetti a una restrizione contro l'alienazione (cioè la vendita o il trasferimento) o l'ingombro (cioè il pegno, le locazioni, ecc.) per effetto della legge. Le terre a titolo oneroso (fee land), a volte definite come terre semplici (fee simple land), sono terre di proprietà di una persona che può liberamente alienare o ingombrare la terra senza l'approvazione federale. Altri tipi di designazione dei terreni, pur non essendo considerati proprietà, possono includere trust, restricted fee e fee land nel loro ambito. Le terre assegnate (allotted land) sono parcelle di terra in trust o restricted fee detenute da un membro della tribù.

Le riserve federali indiane (Federal Indian Reservation) sono aree riservate a una tribù, o a più tribù, come homeland (patrie) permanenti attraverso trattati, ordini esecutivi, atti del Congresso e azioni amministrative. Indian Country è un termine legale che, ai fini della giurisdizione penale, si riferisce generalmente a tutte le terre all'interno di una riserva indiana federale, a tutte le comunità native americane dipendenti e a tutte le “allotted land” dei membri delle tribù. Il Congresso può prendere in considerazione varie questioni riguardanti il processo di trasferimento delle terre in trust, così come i requisiti per gravare le terre fiduciarie e le terre a pagamento limitate e il frazionamento delle terre assegnate.

Ci sarebbe ancora molto da dire e da chiarire, ma le basi sono queste. I terreni delle riserve indiane NON appartengono, in sostanza, ai Nativi Americani tranne che nel caso delle fee land o di quelle terre che vengono acquistate dalla tribù. Basta riflettere un attimo per comprendere quale gigantesco imbroglio sia stato effettuato ai danni degli abitanti originari degli Stati Uniti.

Aggiungerò solo che, anche negli ultimi decenni, molti “bianchi” si sono appropriati di terreni giacenti sulle riserve acquistandoli per pochi soldi, raggirando in diversi modi membri tribali. Perché purtroppo, o per fortuna di alcuni, pochi Nativi hanno cambiato il loro modo di essere e la loro spiritualità per abbracciare l’avidità occidentale.

*Scrittrice e giornalista, Raffaella Milandri, attivista per i diritti umani dei Popoli Indigeni, è esperta e studiosa dei Nativi Americani e laureata in Antropologia.

È membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Ha pubblicato oltre dieci libri, tutti sui Nativi Americani e sui Popoli Indigeni, con particolare attenzione ai diritti umani, in un contesto sia storico che contemporaneo. Si occupa della divulgazione della cultura e letteratura nativa americana in Italia e attualmente si sta dedicando alla cura e traduzione di opere di autori nativi.

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