Le cripto e i burocrati: come l'UE sceglie (ancora) sottosviluppo e dipendenza

Le cripto e i burocrati: come l'UE sceglie (ancora) sottosviluppo e dipendenza

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di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

In più di una circostanza mi sono occupato su questa testata di cryptomoneta, non tanto sotto l'aspetto speculativo ma perché da sempre ritengo che l'innovazione tecnologica sia il motore che spinge l'evoluzione sociale e politica. Quando l'innovazione tecnologica riguarda la moneta e la finanza, a mio avviso, le ripercussioni sono anche di natura geopolitica: questa convinzione mi spinse a scrivere anche all'allora delegato della BCE (e oggi governatore della Banca d'Italia) professor Panetta, oltre che a commentare le varie mosse della Commissione europea in materia e anche altre innovazioni provenienti da oltre Atlantico. Del resto lo sappiamo, l'attuale crisi geopolitica che rischia di trascinare l'intero mondo nell'abisso di una guerra globale è dovuta al tentativo da parte delle potenze euroasiatiche tra loro coalizzate di disarcionare il dollaro come moneta standard per gli scambi internazionali. Allo stesso modo l'emergere della nuova tecnologia che consente scambi finanziari, rapidi, sicuri e a bassissimo costo, soprattutto se correlati a piattaforme che ne facilitano l'utilizzo (pensiamo a Binance o a CoinBase), può sconvolgere sia il mercato finanziario che il mercato monetario, e conseguentemente i rapporti di forza tra diversi Stati.

Ne consegue che si è innescata un po' ovunque la gara sia a progettare l'emissione di monete di stato a corso legale di tipo crittografico, ma anche a regolamentare il settore con l'evidente finalità di attrarre giovani programmatori ed esperti in grado di realizzare progetti finanziari-tecnologici di nuova concezione che siano in grado di aiutare il sistema finanziario di ciascun paese a rimanere al passo con i tempi.

Logiche queste valide in tutto il mondo, tranne che nel vecchio continente dove l'élite dominante ormai da anni cercava stratagemmi con l'intento di imbrigliare il fenomeno e quantomeno orientarlo verso sbocchi non sgraditi all'élite stessa. Una vecchia storia questa, già ampiamente spiegata dal grande economista austriaco Joseph Schumpeter che teorizzava come una élite dominante minacciata dall'emergere di nuove tecnologie, usate da nuovi attori sociali, tende a chiudersi a riccio e ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione al fine di bloccare l'innovazione e le nuove classi sociali emergenti che se ne sono appropriate, così da evitare di essere scalzate dalle posizioni di potere.

A tale proposito vengono alla mente le temerarie dichiarazioni della Presidente della Banca Centrale Europea che ha definito le cryptomonete come una truffa visto che non valgono nulla non essendo agganciate a nessun valore reale, oppure dannose dal punto di vista climatico, oppure ancora attività truffaldine che consentono il riciclaggio del danaro proveniente da attività illecite.  Per carità tutte considerazioni magari corrette, ma che possono essere ugualmente rivolte verso le monete di stato a corso legale: anche queste non essendo agganciate a nessun bene reale possono essere tacciate di non valer nulla, esattamente come le cryptomonete; anche le monete di stato a corso legale per poter essere scambiate nelle banche e nei mercati finanziari consumano energia e comunque se il mining creasse un problema di inquinamento non è chiaro per quale motivo tutte le banche centrali del mondo sgomitano per emettere la propria cryptomoneta di stato; infine è certamente vero che le cryptomonete sono usate per riciclare proventi da attività criminali, ma questo vale anche per le monete di stato a corso legale, visto che il crimine non lo ha inventato Satoshi Nakamoto e in qualche modo anche prima il fenomeno del riciclaggio esisteva.

La verità vera è che a Madame Lagarde le cryptomonete non piacciano perché intaccano l'enorme potere della BCE di cui è a capo. Ed è per questo che si è arrovellata per anni a cercare il pelo nell'uovo su questa innovazione, esattamente con le finalità splendidamente spiegate da Schumpeter un secolo fa.

La cosa singolare è che in Europa, dopo anni di lavorio assiduo degno delle termiti che si mangiano una trave di legno, i burocrati europei sono arrivati a creare un tale reticolo di normative e di pronunce giurisprudenziali volte a generare barriere d'accesso altissime in questo settore e in grado, in definitiva, di scoraggiare l'entrata delle criptomonete nel mercato. Pensiamo a tale proposito al “Regolamento europeo sulle cripto-attività (MiCA)” che rende difficilissima la progettazione di una blockchain con relativa cryptomoneta cosiddetta “nativa”, così come di una DApp (Applicazione Decentralizzata), o addirittura di un semplice Smart Contract, dato che prevede l'emissione di un token supportato da un wallet con standard Erc20; elementi, questi, rispetto ai quali sono previste autorizzazioni burocratiche “dalle autorità competenti” e dunque la necessità di rivolgersi ad avvocati e di sobbarcarsi spese di vario tipo. Bontà sua, l'élite europea ha concesso al popolino (magari con laurea in ingegneria informatica, ma senza entrature e magari senza grosse disponibilità finanziarie) di baloccarsi con gli NFT (non fungible tokens).

Come se non bastasse il colpo di grazia ai sogni di tanti ragazzi che magari faticano in una facoltà di informatica con l'intento di realizzare qualcosa nel mondo della finanzia decentralizzata è arrivato dal governo italiano che ha introdotto - a supporto della già di suo vessatoria normativa europea – una normativa che può essere definita ferocemente repressiva che prevede multe fino a 5 milioni di euro e addirittura il carcere a chi non rispetta le norme europee MiCA (sempre che si riesca a interpretarle correttamente). E' chiaro che siamo di fronte ad un tentativo di ricondurre il fenomeno all'interno del sistema: solo chi ha alle spalle enormi risorse finanziarie (come per esempio le banche tradizionali) può investire nel settore anche perché può parare il colpo nel caso di disavventure legali, viste le norme draconiane. La sostanza è stata creata una barriera all'entrata formidabile che gioca a vantaggio delle élites dominanti che ora potranno scegliere di calarsi indisturbate nel settore e di orientare l'offerta senza paura di essere sbaragliate sia sul piano dei costi che in conseguenza dell'innovazione di prodotto da qualche outsider.

Peccato che il resto del mondo stia andando verso la direzione opposta a partire dalla Svizzera e dagli USA, per arrivare alla Cina. Dunque la questione Finanza Decentralizzata e cryptomonete finirà come è finita con le piattaforme di e-commerce, con i motori di ricerca e come finirà anche con le AI, ovvero con i cittadini europei che useranno strumenti nati fuori dall'Europa, esattamente come accadrà agli africani, ai sudamericani e ai cittadini dei paesi centroasiatici. Il futuro che le nostre élites ci stanno costruendo è quello del sottosviluppo (nella migliore delle ipotesi) e della subordinazione geopolitica permanente alle potenze che detengono la tecnologia.

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