L’"emendamento Massie" e il mistero (doloroso) del numero delle vittime ucraine

L’"emendamento Massie" e il mistero (doloroso) del numero delle vittime ucraine

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PICCOLE NOTE


Il presidente della Repubblica Ceca Petr Pavel ha affermato che la vittoria sulla Russia “a costo di uccidere metà della popolazione ucraina non è una vittoria”. Lo riporta il media Ceske Noviny, di Praga, lo rilancia Strana e suona come una sonora bocciatura del piano per la “vittoria” dell’Ucraina che Zelensky sta ostentando ai suoi sponsor nel corso della sua visita americana a margine dell’Assemblea generale dell’Onu.

La vittoria sulla Russia a costo di distruggere metà della popolazione ucraina non è una vittoria - Presidente ceco

Pavel, ex generale Nato, ha messo il dito sulla piaga, dal momento che uno dei misteri più oscuri della guerra ucraina riguarda appunto il numero dei morti e dei feriti ucraini. Numeri che sono tenuti sotto stretto segreto sia da Kiev che dai suoi sponsor occidentali per evitare di rispondere alle tante domande che potrebbero suscitare, anzitutto quella sulla necessità di far proseguire ad libitum questa guerra per procura contro la Russia fino all’ultimo ucraino.


L’emendamento Massie

Su questo tema il botta e risposta tra un cronista di Responsible Statecraft e Thomas Massie, esponente del partito repubblicano alla Camera degli Stati Uniti, il quale questa estate ha proposto un emendamento al disegno di legge annuale sulla politica della difesa, la National Defense Authorization Act (NDAA), nel quale si “chiede un rapporto sulle perdite di uomini e di equipaggiamento di entrambe le parti coinvolte nel conflitto ucraino”. Approvato alla Camera, l’emendamento non è ancora passato al vaglio del Senato.

Tom Massie: Washington purposely blacking out Ukraine casualty data Tom Massie: Washington purposely blacking out Ukraine casualty data

RS, al tempo, aveva chiesto il motivo per cui aveva inserito tale richiesta nella NDAA. “Il fatto è che in un briefing riservato – aveva risposto Massie – ho chiesto quante vittime ci fossero state tra le fila dell’Ucraina in una riunione nella quale, come mi sembra di ricordare, alcuni esponenti della comunità dell’intelligence dovevano informarci [sulla guerra], prodigandosi nel riferire quante vittime russe erano state registrate, ma evitando di rispondere alla mia domanda su quante fossero le vittime ucraine”.

“Il briefing si teneva al Congresso in un contesto classificato [cioè segreto ndr]. Non avevano davvero nessuna scusa, a meno che non fossero molto sicuri [sul numero richiesto], cosa che sembra una incredibile bugia. Quindi, qualche mese dopo, mi trovavo nell’ufficio del Presidente [della Camera] e gli ho chiesto se era a conoscenza del numero delle vittime ucraine. Ha iniziato a parlarmi delle vittime russe. Ho ripetuto: sai quante vittime ucraine ci sono state? E lui ha detto: no. Allora gli ho chiesto: te l’hanno mai detto? E lui ha risposto: no. Così gli ho detto: te lo sei mai chiesto? Ha risposto: dovrei chiedere. Quindi, anche il presidente della Camera è tenuto all’oscuro. Non sapeva, all’epoca, quante vittime ci fossero state. E se chiedi, ad esempio, a una AI quante siano le vittime ucraine, persino le AI del nostro paese non riescono a dirtelo. Quando ho posto questa domanda, le AI hanno risposto con numeri totalmente diversi perché si basano su quanto è stato pubblicato. E non è stato pubblicato praticamente nulla di affidabile”.

Kursk: l’attacco deciso da Zelensky in solitaria

Per la cronaca, i russi continuano ad avanzare nel Donbass, villaggio dopo villaggio, cittadina dopo cittadina, triturando le “esauste” forze ucraine (la stanchezza degli ucraini è stata confidata a Le Monde da un ministro degli esteri europeo non identificato a margine dell’assise dell’Onu).

Ukraine and Russia negotiations: A long road riddled with pitfalls

Allo stesso tempo, continua la mattanza di Kursk, dove le forze più esperte dell’Ucraina, dotate dei sistemi d’arma più avanzati, vengono martellate dai russi che, superata la sorpresa dello sfondamento, sono riusciti a ribaltare la situazione a loro favore, cogliendo l’occasione per chiudere in trappola e distruggere il fior fiore dell’esercito avversario mandato incautamente allo sbaraglio.

Così, un altro asserito successo ucraino, fatto della sostanza dei sogni, è svaporato. D’altronde, l‘offensiva di Kursk era segnata fin dall’inizio, tanto è vero che, già dopo le prime facili vittorie, enfatizzate dalla propaganda, si era delimitato il suo successo alla sola sfera ideale, con i media che ripetevano che l’invasione aveva risollevato d’incanto il morale dei soldati ucraini dopo tanto avvilimento (Reuters).

Ora che tutto è precipitato, anche la scossa adrenalinica ha cessato il suo effetto lasciando il posto a uno sconforto ancora maggiore. D’altronde, al solito, Zelensky ha fatto tutto da solo, prendendo la decisione improvvida di invadere la Russia solo per compiacere i suoi sponsor occidentali, nulla importando delle conseguenze sui suoi uomini e dei pareri contrari dei suoi generali, primo fra tutti l’ex comandante in Capo delle forze armate Valery Fedorovich Zaluzhny, che aveva fortemente avversato la decisione.

Zaluzhny come Grant?

Il contrasto è riferito da Politico, ed è anche un modo per rilanciare il più realista Zaluzhny in alternativa a Zelensky, al fine di porre fine alla guerra. Ipotesi rafforzata dalla recente pubblicazione di una biografia di stampo agiografico dell’ex generale – oggi ambasciatore a Londra – curata da una sua stretta collaboratrice. Certo, Zaluzhny non dichiara apertamente la sua aspirazione presidenziale, ma nel rilanciare il volume in questione, Strana, che dà tale interpretazione all’iniziativa editoriale, riporta un significativo passaggio del volume, che riportiamo.

Zelenskyy was urged not to invade Kursk. He did it anyway.

“Uno dei più famosi generali americani in pensione iniziò una conversazione con il comandante in capo [Zaluzhny ndr] raccontando un aneddoto sul generale Ulysses Grant, comandante popolare e di successo della guerra civile americana, su un suo antagonista che gli chiese se avesse intenzione di competere con lui alle prossime elezioni [presidenziali]. Grant interpretò la parte dello guerriero stupido e alcolizzato, stemperando la tensione”.

“Ma pochi anni dopo diventò presidente degli Stati Uniti, incarico nel quale Grant non ha avuto meno successo di quanto ne ebbe come comandante dell’esercito. È stato eletto due volte alla carica più alta degli Stati Uniti, non ricandidandosi per la terza volta solo perché la Costituzione lo proibiva. Valery Fedorovich rise sinceramente a questo racconto”…

Figli del generale Grant. Come un libro su Zaluzhny ha intensificato la discussione sulle sue prospettive politiche

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