L’intesa tra Mosca e Pechino Spaventa un Occidente Diviso

Il 4 luglio 2017, Xi Jinping è stato accolto a Mosca da Putin nel loro ventunesimo incontro ufficiale, utile per coordinare le prossime mosse di un G20 che si preannuncia delicato per i temi internazionali sul tavolo.

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L’intesa tra Mosca e Pechino Spaventa un Occidente Diviso


 

di Federico Pieraccini

 
I più di venti accordi firmati tra Russia e Cina ammontano ad oltre dodici miliardi di dollari di investimenti, cifre importanti per due nazioni che definiscono le proprie relazioni bilaterali come le più equilibrate e fondamentali al mondo oltre ad aver raggiunto livelli di cooperazione senza precedenti. La facilità con cui vengono siglati accordi complicati e di ampio spettro sottolinea il livello di fiducia reciproca tra Putin e Xi Jinping. Nel loro terzo incontro annuale sono state anche affrontate le tematiche più spinose sul tavolo internazionale in vista del G20 di Amburgo. L’intento è coordinare i prossimi passi sulla scena mondiale per esprimere un punto di vista comune su molte tematiche, rafforzando così reciprocamente le proprie posizioni. È il caso di vicende come Siria e Corea del Nord.

 



A proposito di tensioni internazionali, il G20 di Amburgo vedrà finalmente materializzarsi l’incontro più atteso dell’anno, tra Donald Trump e Vladimir Putin. I temi discussi non sono stati notificati dalla Casa Bianca o dal Cremlino ma è probabile che Siria e Corea del Nord saranno al centro degli scambi tra i due leader. In tal senso, l’incontro tra Putin e Xi Jinping assume un valore simbolico molto potente: Trump e il resto del mondo sono consapevoli che parlare con Mosca delle vicende in Corea del Nord significa tenere in considerazione le ambizioni Cinesi mentre discussioni con Pechino sulla Siria devono necessariamente tenere nell’equazione l’influenza Russa. Mosca e Pechino intendono supportarsi a vicenda nelle negoziazioni con Washington per rafforzare la strategia comune di giungere ad accordi complessivamente vantaggiose per tutte le parti coinvolte. Un esempio lampante è l’allineamento delle posizioni Sino-Russe in merito ad un’indagine internazionale sul presunto incidente chimico in Siria ad aprile. Un altro esempio riguarda la ferma opposizione a qualunque tentativo militare di influenzare gli eventi in Corea del Nord.
 

Difficile immaginare un clima disteso tra Putin e Trump con quest’ultimo bersagliato da più di un anno per presunti legami con Mosca. Naturalmente si tratta di menzogne e propaganda create appositamente per evitare un dialogo di qualsivoglia genere tra Mosca e Washington. Una parte importante del ‘deep state’ USA continua ad avere a cuore un modello di decisioni unilaterale imposto al resto del mondo. Questa posizione contrasta apertamente con un’amministrazione che, almeno nelle intenzioni elettorali, proponeva di instaurare un dialogo civile tra superpotenze sulle tematiche internazionali più delicate.

 
Il massimo che si possa sperare di ottenere dal G20 di Amburgo e dall’incontro tra Trump e Putin è un appuntamento a Mosca o Washington dove approfondire le proprie conoscenze reciproche. Putin e Xi Jinping sono consapevoli che Trump si trova in una posizione molto scomoda con attacchi quotidiani alla presidenza che lasciano poco spazio di manovra. Al contempo però sanno di trovarsi di fronte ad un presidente con nessuna esperienza nelle relazioni internazionali e che tende a delegare ogni decisioni ai propri generali o alla cerchia più intima.
 

L’esempio Siriano è emblematico. Recentemente il Dipartimento di Stato USA ha tenuto una conferenza stampa in cui ha rivelato più di quanto avrebbe voluto. La portavoce, in un tipico lapsus freudiano, ha ammesso che Raqqa, una volta terminata l’offensiva e scacciato daesh dal territorio, verrebbe occupata dai “propri” cittadini Siriani. Ciò che avrebbe dovuto o voluto dire Heather Nauert è che le SDF, una volta conquistata la città, avrebbero ritirato le proprie truppe lasciando la città in mano ai cittadini Siriani, liberi di rientrare in città. L’emozione o forse l’inesperienza hanno avuto la meglio e la Nauert si è ritrovata a rivelare le intuibili ambizioni americane. La ricollocazione di circa 150 combattenti da Al Tanf in una località sotto controllo delle SDF a nord di Der Azzur lascia aperta la speranza per Washington e i suoi alleati nella regione di riuscire a controllare i confini con l’Iraq, prendere controllo di Raqqa, de Azzur e i vicini campi petroliferi. Persa Aleppo e sigillate le zone nei pressi di Idlib e Homs con l’accordo di Astana (da cui Washington è esclusa), agli alleati dei terroristi non resta che tentare di balcanizzare la Siria ponendo due grosse città sotto il proprio controllo (indirettamente) e controllando i confini con l’Iraq. Naturalmente è una strategia disperata che non tiene in considerazione una serie di fattori come la volontà di Iraq, Iran e Siria di ristabilire i precedenti collegamenti terrestri, senza dimenticare l’influenza e il sostegno Russo all’esercito Arabo Siriano che certamente non si tirerà indietro nella corsa a Der Azzur e verso i confini Iracheni.

 
L’incontro tra Trump e Putin servirà anche per sottolineare ancora una volta l’importanza delle comunicazioni militare tra Washington e Mosca in questo contesto così fluido come in Siria. Dopo l’abbattimento del SU-22 Siriano da parte della USAF, i rapporti tra le due potenze sono precipitate. In un conflitto che vede decine di fazioni contrapposte e supportate da nazioni diverse, è importante che Putin e Trump possano almeno discutere personalmente quali siano le linee rosse da non varcare.
 

La vicenda in Corea del Nord si è arricchita di un nuovo capitolo con Pyongyang capace di lanciare un ICBM (inizialmente derubricato dall’occidente come un missile a medio raggio, salvo poi dover ammettere trattarsi di un missile intercontinentale) nel mare del Giappone. È l’ultimo atto di forza di un paese da decenni sotto la minaccia militare degli Stati Uniti e dei suoi alleati nella regione (Corea del Sud e Giappone). Con l’ultimo test, la DPRK (Corea del Nord) dimostra di avere le capacità per colpire gli Stati Uniti e i propri solidali nel caso di un’aggressione preventiva, come più volte minacciato da Trump. L’unica alternativa ad un’azione bellica che va ormai derubricata a fantasia è una forte trattativa diplomatica. Sembra che Pyongyang, Mosca e Pechino stiano coordinando un’azione comune dopo il lancio del vettore. Putin e Xi Jinping hanno condannato il lancio nordcoreano ma al contempo hanno rilanciato la proposta di Kim Jong-Un di attivare una moratoria sui test nucleari in cambio di una rinuncia alle esercitazioni militari di Corea e Stati Uniti a
ridosso delle coste nordcoreane.

 
Putin e Xi Jinping avranno il compito importante di tentare di avvicinare Trump alla loro visione strategica su questi temi così delicati. La speranza è di influenzare il processo decisionale americano, pur essendo consapevoli delle forti divisioni interne agli Stati Uniti e la poca capacità personale di Trump di prendere decisioni autonome in politica internazionale, preferendo delegare ai suoi sottoposti.

 
Divisioni, rancori, tensioni tra il blocco occidentale e nazioni vassallo in medio oriente sembrano essere ormai all’ordine del giorno. Gli Stati Uniti risultano divisi al loro interno con una battaglia eterna tra le diverse anime del deep state, da quella interventista sul modello Bush a quello dei diritti umani sullo stile di Obama. Tali divisioni si riverberano persino sul funzionamento del consiglio di cooperazione del Golfo. Dopo la visita del presidente americano, UAE e Arabia Saudita hanno scatenato una violenta offensiva politico-diplomatica contro il Qatar. In Europa il continuo flusso di migranti, unito alle vicende legate a Brexit e sommato con l'astio di alcuni leader europei verso Trump ha finito per produrre una serie di schieramenti contrapposti e poco disposti al dialogo.


 


Non stupisce affatto che in uno scenario del genere, il faro delle relazioni internazionali sia rappresentato dalle relazioni fluide e limpide tra Mosca e Pechino. Un esempio di come lo scenario internazionale stia mutando è rappresentato dalla Turchia che risulta intrattenere posizioni comuni con il Qatar e l’Arabia Saudita in Siria, ma stia apertamente appoggiando Doha nelle dispute recenti con Riyadh. Ankara intrattiene pessimi rapporti con Berlino, personalmente tra Erdogan e Merkel non corre buon sangue, ma l’intenzione della Turchia grazie al Turkish Stream è diventare un hub energetico per l’Europa. In un mix di sentimenti e relazioni, Londra e Washington sembrano essere allineate sulle priorità più imminenti come la necessità di aumentare la spesa militare dei paesi membri della NATO, creando forti divisioni tra i paesi dell’Unione Europea, già alle prese con bilanci difficili da far quadrare, figuriamoci con decine di miliardi da sottrarre per armamenti militari.

 
Il prossimo G20 difficilmente vedrà giungere ad accordi sensazionali o di ampio respiro. Sarà il primo confronto aperto, allo stesso tavolo, tra le molteplici fazioni divise sulle tante tematiche in ballo. La speranza di Russia e Cina è di raccogliere l’eredità Euro-Americana di guidare il mondo (spesso avvantaggiando i propri interessi a discapito della collettività) e poter così avanzare i propositi per risolvere le vicende in Corea del Nord ed in Siria.
 
 

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