Michelangelo Severgnini - "Il mio voto per dire al mondo: chiedo l'uscita immediata del mio paese da Nato e UE"

Michelangelo Severgnini - "Il mio voto per dire al mondo: chiedo l'uscita immediata del mio paese da Nato e UE"

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Come l'AntiDiplomatico abbiamo deciso di pubblicare le dichiarazioni di voto delle persone a noi più vicine. Dopo il professor D'Orsi e Domenico Moro per Unione Popolare, sommiamo le diverse per Italia Sovrana e Popolare con questa molto bella di Michelangelo Severgnini. 
 

DICHIARAZIONE DI VOTO

Sono qui per esprimere la mia dichiarazione di voto.

A meno di crampi improvvisi lungo la strada verso il seggio, metterò la mia croce sul simbolo di Italia Sovrana e Popolare.
Ma voglio subito chiarire che i crampi non rischia di procurarmeli il programma di ISP (striminzito ma necessario), né la lista dei suoi candidati (quelli che conosco personalmente sono o sembrano brave persone, che non è la stessa cosa, ma in questo momento non fa differenza).

Il mio lavoro quotidiano e lo stesso libro “L’Urlo” appena pubblicato esprimono una visione del mondo sostanzialmente in accordo con questa lista, se non altro perché la frattura di faglia fa sì che da Unione Popolare inclusa in poi si apra il deserto morale del servilismo europeista e atlantista.

Al contrario, se mi venissero i crampi sarebbe per una mia ancestrale avversione al metodo della democrazia rappresentativa, erroneamente chiamata ”democrazia” in occidente, per metonimia.

Confesso di aver votato alle politiche l'ultima volta nel lontano 1996. Avevo allora 22 anni.

Votai Rifondazione Comunista. Tra quelle elezioni e le successive del 2001 maturai tutta una serie di esperienze che mi convinsero che la democrazia occidentale fosse, nella migliore delle ipotesi, una dittatura a tempo.

I bombardamenti nel 1999 sulla Jugoslavia che avevo frequentato fino a qualche giorno prima e l'esperienza in Algeria nel 2001 a contatto con la democrazia diretta degli Aarch, mi facevano apparire il voto tutt'al più un attestato di fedeltà al sistema, che del mio voto si sarebbe servito per giustificare scelte prese a prescindere.

Non nascondo che rimasi scioccato, in tenera età, dal fatto che un pezzo del partito cui avevo dato il mio voto aveva reso possibili i bombardamenti della terra da cui mi ero appena messo in salvo.

E, per contrappasso, ora uno di quegli onorevoli che permisero che il mio voto fosse usato per votare i bombardamenti, è tra i leader di ISP e candidato, il caro Marco Rizzo.

Come a dire che il destino viene oggi a ripormi la questione senza giri di parole, a distanza di 23 anni.

Quell’evento scioccante per la mia generazione mi aiutò a pensare che, se la democrazia rappresentativa significa cedere per 5 anni il potere decisionale, conferitoci dall’essere cittadini sovrani, ad una persona che per 5 anni ne potrà disporre in totale libertà, questa è circonvenzione d'incapace, non democrazia.

Pertanto, nel 2001, nel 2006, nel 2008, nel 2013 e nel 2018 non mi sono più posto il problema.

Al contrario ho sviluppato e radicato questo pensiero in scritti che non è necessario evocare qui.

Senza nessun rimorso da lì in poi ho osservato i processi del disfacimento del meccanismo di rappresentanza nei paesi uniti nella sventura europea e più in generale nel mondo occidentale. In Italia, pur avendo apprezzato le lusinghe di molti politici nei 10 anni trascorsi all’estero, tali le ho considerate e non ho votato.

Ho votato tuttavia per alcuni referendum, nel momento in cui la scelta è diretta nel merito delle questioni e il mio voto non dovrebbe lasciar margini ad interpretazione.

Questa volta però è diverso. Da un po' di settimane c'è una voce insistente che risale dall'angolo dei pensieri sconvenienti.

Mi sta dicendo che questa volta non c'entra l'analisi sul potere decisionale.

Non è l'illusione che qualche candidato di ISP entri in Parlamento il motore di questo pensiero.

Nemmeno l'illusione che tutti i candidati eventualmente eletti rimarranno sul pezzo fino alla fine e non si faranno ammaliare dalle sirene del Transatlantico.

Se proprio lo devo dire, do per scontato che questo accada, in una certa misura. È fisiologico. E’ il prodotto naturale di scarto della scelta elettorale.

Continuo a pensarla così e continuo a pensare per questo che sarebbe anche questa volta un'ottima occasione per non votare.

Perché da cittadino preferisco incidere con il mio agire quotidiano, lavorare sulle coscienze più che sulle crocette.

Ma questa volta è diverso, torna a ripetere la vocina.

E io inizialmente non le ho dato peso, perché sono una persona ferocemente fedele ai miei principi.

Ma questa volta è diverso, mi sentivo ancora ripetere.

E’ vero, ho pensato ad un certo punto: questa volta sento odore di referendum.

Non mi importa se i candidati eletti di ISP si faranno gli affari loro (e questo lo vedremo), non mi importa se invece nonostante la loro strenua resistenza in parlamento nulla cambierà (e anche questo è da vedere), non mi importa infine se ISP non raggiungerà nemmeno la soglia del 3%.

Oggi, grazie a ISP ho un'occasione storica che di questi tempi, settembre 2022, non va sprecata.

Quella di dire in modo inequivocabile al mondo: "io, cittadino italiano sovrano, chiedo l'uscita immediata del mio Paese dalla NATO e dall’UE". E, francamente, tutto il resto viene di conseguenza.

Al di là dell'esito quindi che questa mia azione possa produrre, io oggi ho la possibilità di dichiarare questo. E mi sembra qualcosa.

So che tanti altri sostenitori dell’uscita dell’Italia da NATO e UE al contrario non andranno a votare.

Ma, per quanto mi riguarda, questa volta voglio che un pezzo di carta da me scarabocchiata vada ad accumularsi su un mucchio di schede anziché altre. Perché non è un partito anziché un altro, ma una visione della storia futura da una parte e una lenta agonia dall'altra.

Non c’è alcuna speranza cui mi stia aggrappando, resto avverso alla democrazia rappresentativa. Pertanto sarà un capriccio, un piccolo gesto di sabotaggio e di auto-sabotaggio, per restare auto-ironici.

Ma altrettanto non c'è alcuna paura. Perché da lunedì si parte. Ci sono dinamiche sociali da far detonare, macerie da raccogliere, pezzi di società da riconquistare metro per metro, verità con cui tagliare i fili del teatrino.

Ci sono pezzi di cose che l’accelerata elettorale ha lasciato indietro e che se non sono servite ora, serviranno poi. E vanno recuperate.
E dunque lo dichiaro, crampi permettendo: alle politiche del 2022 voterò Italia Sovrana e Popolare.


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