Prof. Jeffrey Sachs a l'AD: "Nei prossimi 10 anni vivremo una dedollarizzazione sostanziale"

Prof. Jeffrey Sachs a l'AD: "Nei prossimi 10 anni vivremo una dedollarizzazione sostanziale"

"Egemonia" (19) - Escalation in Medio Oriente, sicurezza in Europa, dedollarizzazione e il ruolo dei necon. L'Intervista al Professore della Columbia University Jeffrey Sachs

I nostri articoli saranno gratuiti per sempre. Il tuo contributo fa la differenza: preserva la libera informazione. L'ANTIDIPLOMATICO SEI ANCHE TU!

 

di Alessandro Bianchi


E’ con profonda emozione, non lo nascondiamo, che abbiamo avuto l’onore di incontrare nella sua presenza romana di questi giorni per una serie di conferenze, il direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University e presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite, il Professore Jeffrey Sachs.

Su l’AntiDiplomatico traduciamo in modo compulsivo i suoi scritti e le sue dichiarazioni, perché consideriamo con fermezza il Professor Sachs la bussola più importante da seguire nelle acque tempestose in cui navighiamo in questo periodo. Come si è arrivati all’abisso della potenziale conflagrazione totale? E’ la prima di una serie di domande che fluiscono come un fiume in piena nella nostra intervista per "Egemonia”. "Abbiamo avuto cinque presidenti di fila (Clinton, Bush, Obama, Trump, Biden) che ci hanno portato ciascuno più vicino alla guerra nucleare". Le origini del male sono da individuare nella scellerata politica neoconn che dagli anni ’90 è divenuta legge negli Stati Uniti e, attraverso la Nato, in Europa. Nessuno più del Professor Sachs riesce a spiegarlo nel dettaglio. "L'Europa ha rinunciato alla propria sicurezza, alla propria autonomia e al proprio benessere economico assecondando gli Stati Uniti", sostiene il Professore. Il conflitto in Ucraina dopo il golpe di Maidan è servito a rendere i paesi del continente europeo protettorati a tutti gli effetti di Washington, staccando ogni legame economico e commerciale con Mosca, la fonte più importante di possibile indipendenza e autodeterminazione. Gli atti terroristici ai gasdotti Nord Stream, il più grande attacco contro le infrastrutture logistiche dell’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale, hanno determinato un punto di non ritorno.

Ma la sete dei neoconn, non è sazia e per mantenere in piedi il potere unilaterale dinanzi ad un mondo che per entropia diventerà multipolare sta portando all’escalation finale, come stiamo assistendo non solo in Ucraina, ma in Medio Oriente e nel nuovo attacco alla sovranità del Venezuela. "Il cambiamento non avverrà dagli Stati Uniti. Il cambiamento deve avvenire dall'Europa", ci ripete spesso Sachs nelle sue risposte a cui ci affidiamo, anzi ci aggrappiamo letteralmente, nell'urgenza del momento e nella convinzione che ad ognuno di noi è richiesto uno sforzo in più per impedire che le barbarie neoconn abbiano completo e definitivo compimento.


L’INTERVISTA



Professore, non si può non partire dalla crisi in Medio Oriente. In meno di 24 ore, oltre al solito barbaro sterminio a Gaza e nei Territori occupati, Israele ha colpito Beirut, uccidendo il comandante degli Hezbollah, Fouad Shukr, e poi Teheran, dove ha assassinato Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas, presente nella capitale iraniana per presenziare l’inaugurazione del nuovo presidente. Che ruolo ha avuto secondo lei Washington nelle operazioni? E siamo ad un passo dalla temuta escalation?

Anche se non conosciamo i dettagli interni, ci sono pochi dubbi sul fatto che la CIA e il Mossad siano in costante contatto e in stretto coordinamento. Subito dopo l'assassinio di Haniyeh da parte di Israele, il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha dichiarato che gli Stati Uniti "aiuteranno a difendere Israele". Questo lascia intendere un coordinamento stretto. Netanyahu vuole una guerra più ampia e gli Stati Uniti sembrano incapaci di fermarla.  Biden è fondamentalmente fuori dal campo visivo e forse non pienamente operativo; la Lobby di Israele nel paese predomina; e ci sono pochi, se non proprio nessuno, freni possibili al comportamento estremista di Israele o al sostegno americano all'estremismo di Israele. Naturalmente, una guerra più ampia è uno scenario che potrebbe rivelarsi assolutamente devastante per Israele, se non per il mondo intero. Ma una escalation è del tutto possibile. Sono momenti molto pericolosi.    

La settimana scorsa Pechino aveva riunito le fazioni palestinesi che avevano firmato un memorandum di intesa politica. Questi due attacchi sono una sfida anche al ruolo diplomatico della Cina nella vicenda?  

La Cina sta riuscendo a giocare una partita lunga, basata sulla costruzione di profondi legami diplomatici nel mondo, piuttosto che sull'impegno diretto nei conflitti militari. La diplomazia cinese è impressionante da osservare e può dare un importante contributo alla pace e al multilateralismo nei prossimi anni.  


Professore, nei suoi articoli recenti ci ricorda spesso come non siamo mai stati così vicini alla mezzanotte secondo il Doomsday Clock del Bulletin of Atomic Scientists. Quanto si sente preoccupato e cosa potrà cambiare da questo punto di vista con le prossime elezioni negli Stati Uniti ?

Abbiamo avuto cinque presidenti di fila (Clinton, Bush, Obama, Trump, Biden) che ci hanno portato ciascuno più vicino alla guerra nucleare. Gli Stati Uniti hanno minato profondamente l'architettura del controllo degli armamenti nucleari in molti modi: abbandonando il Trattato ABM; posizionando i sistemi missilistici Aegis in Polonia e Romania; espandendo la NATO inesorabilmente verso est, con mire verso l'Ucraina e la Georgia; abbandonando il Trattato INF; abbandonando il JCPOA; impegnandosi a costruire nuovi missili a raggio intermedio in Germania, alcuni dei quali con un carico utile almeno potenziale di tipo nucleare; armando Taiwan nonostante le obiezioni della Cina; e molte guerre per procura e operazioni di cambio di regime statunitensi.  Tutto questo ci ha portato a "90 secondi alla mezzanotte".  Le elezioni di novembre non cambieranno la situazione. Ciò che è necessario è una revisione più radicale della visione del mondo degli Stati Uniti, da una visione basata sull'illusoria ricerca dell'egemonia americana (unipolarismo) a una basata sulla coesistenza pacifica tra le principali potenze.  


Nei suoi scritti recenti Professore lei evidenzia bene come la politica estera degli Stati Uniti sia ostaggio delle mire bellicose dei neocon che hanno preso in mano, attraverso la Nato, anche l’Europa. Il colpo di stato in Ucraina e l’attacco contro la Russia è servito a legare in forma di protettorati i paesi europei agli Stati Uniti rompendo ogni legame con Mosca. Quali sono le prossime mosse che hanno in mente?

L'Europa ha rinunciato alla propria sicurezza, alla propria autonomia e al proprio benessere economico assecondando gli Stati Uniti nell'allargamento della NATO all'Ucraina e alla Georgia (nonostante le forti riserve dei leader europei al vertice NATO di Bucarest del 2008); abbandonando gli accordi Minsk II nonostante il cosiddetto Processo di Normandia (in base al quale Francia e Germania avrebbero dovuto essere i garanti proprio del Minsk II); assecondando il rovesciamento del Presidente ucraino Viktor Yanukovych, sostenuto dagli Stati Uniti, nel febbraio 2014 (nonostante avesse raggiunto un accordo con lui per indire elezioni anticipate in Ucraina nel 2014); e non sostenendo una fine negoziata del conflitto ucraino nell'aprile 2022, quando era in discussione una bozza di accordo tra Russia e Ucraina (osteggiata da Stati Uniti e Regno Unito). In breve, l'Europa ha rinunciato alla propria politica estera, consentendo persino la distruzione del Nord Stream 2 voluta dagli Stati Uniti senza proferire parola. Tutto questo ha lasciato l'Europa indebolita, vulnerabile e paralizzata, con Bruxelles e le principali capitali europee che hanno semplicemente eseguito gli ordini di Washington. Il cambiamento non avverrà dagli Stati Uniti. Il cambiamento deve avvenire dall'Europa. L'interesse del continente europeo risiede nella fine negoziata della guerra in Ucraina, nel ripristino dei legami economici con la Russia, nella fine della paura estremista e della russofobia e in una relazione indipendente e sana con la Cina. Tutto questo è possibile, ma ripeto non avverrà dagli Stati Uniti. Deve partire dalla stessa Europa.


Esiste, secondo lei, un evento o una circostanza che potrebbe convincere gli Stati Uniti a rinunciare alle mire imperialistiche unilaterali e accettare di partecipare alle nuove condizioni multipolari che si stanno irreversibilmente formando?

La realtà dei fatti. I 30 anni di ricerca dell'unipolarismo da parte dei neocon sono stati un disastro per gli Stati Uniti dal punto di vista militare, diplomatico, economico, finanziario, sociale e della sicurezza nazionale. Più che di un singolo evento politico, gli Stati Uniti hanno bisogno di un ripensamento basato sulle lezioni degli ultimi 30 anni e sulle realtà odierne all'interno degli Stati Uniti e a livello globale.   


Professore ultimamente ha visitato molto la Cina, conosce bene le dinamiche del paese ed è consulente per il grande progetto della Nuova via della Seta. L’Italia era stato l’unico paese del G7 ad aderirne, ma su ordine di Washington l’attuale governo non ha rinnovato il memorandum. Il premier Meloni con una visita di 4 giorni appena conclusasi ha cercato di ricucire e rilanciare le relazioni. Che cosa significherebbe in termini economici per l’Italia (in generale per l’Europa) incrinare le relazioni economiche con Pechino come auspicherebbero gli Stati Uniti?

L'Europa e la Cina sono partner economici naturali, nel commercio, nella tecnologia e nella costruzione delle infrastrutture dell'Eurasia. La Via della Seta, dopo tutto, è una invenzione romano-cinese di 2.000 anni, come è stato ripetutamente sottolineato nella recente visita del premier Meloni. Questi 2.000 anni di storia non sono solo retorica e nostalgia di Marco Polo, ma una realtà di vita comune di due grandi civiltà sulla più grande terraferma contigua del mondo.

Professore, da anni si parla della imminente fine del dollaro come unica moneta dominante nella finanza internazionale. Nel Vertice di Kazan del prossimo ottobre, i 10 paesi Brics potrebbero gettare una road map operativa per bypassare la moneta statunitense negli scambi bilaterali, mentre la Cina sta intensificando gli esperimenti intorno allo yuan digitali. Quali sono le sue previsioni sulla cosiddetta de-dollarizzazione?

A mio avviso, una de-dollarizzazione sostanziale avverrà rapidamente, cioè nei prossimi 10 anni. E questo per tre motivi.  In primo luogo, i cambiamenti tecnologici porteranno a nuovi sistemi di pagamento (ad esempio, le valute digitali delle banche centrali) che ridurranno il ruolo delle banche basate sul dollaro (incentrate sui sistemi di pagamento SWIFT).  In secondo luogo, la quota degli Stati Uniti nell'economia mondiale continuerà a diminuire.  In terzo luogo, l'incessante abuso delle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti (e dell'Europa) spingerà i BRICS e altri Paesi al di fuori dell'alleanza statunitense a utilizzare meccanismi di pagamento non basati sul dollaro. La confisca da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europea dei beni della Russia (e le analoghe confische da parte degli Stati Uniti dei beni del Venezuela, dell'Afghanistan, dell'Iraq, dell'Iran, della Libia e della Corea del Nord) accelererà drasticamente e comprensibilmente lo sviluppo di meccanismi di pagamento non in dollari.  L'Europa è profondamente sciocca a partecipare alla confisca dei beni della Russia, un'azione che è palesemente contraria al diritto internazionale e al funzionamento dei sistemi monetari e finanziari mondiali.  


Professore, un’ultimissima domanda, se fosse in questo momento consulente del governo italiano, quale sarebbe il primo consiglio che darebbe?

Lavorate per la pace, per il commercio, siate all'altezza della tradizione e della reputazione di una delle più grandi culture e di uno dei luoghi più belli e creativi del mondo. Tutte le strade portano a Roma, tranne che in guerra. L'Italia è un luogo da assaporare in pace.  

Loretta Napoleoni - Gli Usa, le "guerre crittografiche" e la censura di Loretta Napoleoni Loretta Napoleoni - Gli Usa, le "guerre crittografiche" e la censura

Loretta Napoleoni - Gli Usa, le "guerre crittografiche" e la censura

Il massacro in Georgia e la retorica (insopportabile) dei neoliberisti di Francesco Erspamer  Il massacro in Georgia e la retorica (insopportabile) dei neoliberisti

Il massacro in Georgia e la retorica (insopportabile) dei neoliberisti

Hasta el final: fino in fondo, ossia fino... a Madrid di Geraldina Colotti Hasta el final: fino in fondo, ossia fino... a Madrid

Hasta el final: fino in fondo, ossia fino... a Madrid

La sinistra radicale, la Palestina e l'"esempio" Vietnam di Leonardo Sinigaglia La sinistra radicale, la Palestina e l'"esempio" Vietnam

La sinistra radicale, la Palestina e l'"esempio" Vietnam

Il gran finale di Repubblica su Hvaldimir, il beluga "spia di Putin" di Francesco Santoianni Il gran finale di Repubblica su Hvaldimir, il beluga "spia di Putin"

Il gran finale di Repubblica su Hvaldimir, il beluga "spia di Putin"

La volontà popolare come mito da sfatare di Giuseppe Giannini La volontà popolare come mito da sfatare

La volontà popolare come mito da sfatare

Germania est: l'inganno di chi mostra stupore e indignazione di Antonio Di Siena Germania est: l'inganno di chi mostra stupore e indignazione

Germania est: l'inganno di chi mostra stupore e indignazione

Le principali tappe del declino italiano  di Gilberto Trombetta Le principali tappe del declino italiano

Le principali tappe del declino italiano

RITORNO A BERLINO SULLA FRONTIERA ORIENTALE di Michelangelo Severgnini RITORNO A BERLINO SULLA FRONTIERA ORIENTALE

RITORNO A BERLINO SULLA FRONTIERA ORIENTALE

Se nemmeno l'estate ha portato consiglio.... di Giuseppe Masala Se nemmeno l'estate ha portato consiglio....

Se nemmeno l'estate ha portato consiglio....

Cisgiordania, l’altra “faccia” della Palestina di Paolo Arigotti Cisgiordania, l’altra “faccia” della Palestina

Cisgiordania, l’altra “faccia” della Palestina

La foglia di Fico di  Leo Essen La foglia di Fico

La foglia di Fico

Se questa è democrazia di Michele Blanco Se questa è democrazia

Se questa è democrazia

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti