Nella guerra di Stati Uniti e Unione Europea contro la Russia, Jackson Diehl, editorialista del Washington Post, scrive come tre paesi europei membri della Nato come Ungheria, Slovachia e Repubblica ceca hanno apertamente assunto un atteggiamento ostile. Con il premier ungherese Orban che ha addirittura definito il primo ministro Putin un modello politico da emulare. Considerando anche i sentimenti filorussi molto forti in Serbia, prossima all'ingresso nell'Ue, Jackson Diehl conclude come paesi membri Nato stanno tacitamente passando dalla parte di Mosca.
La decisione americana di sanzionare alcuni politici, dirigenti fiscali e uomini d'affari ungheresi è l'emblema di questa situazione e ha suscitato una grande reazione di sdegno a Budapest. Anche la Commissione europea non ha osato seguire questo esempio, nonostante accusi costantemente il premier Orban di violare sistematicamente il diritto europeo. In gioco, scrive su Strategic Culture Pyotr Iskenderov, c'è la posta in gioco più importante dalla seconda guerra mondiale. L'obiettivo è di utilizzare le sanzioni e altri mezzi per soggiocare la Russia e renderla servile agli interessi vitali dell'occidente. L'Unheria è “l'anello debole” nei ranghi europei e si è posta alla guida di un gruppo di paesi che sfida apertamente la politica di Bruxelles e Washington.
Gli Stati Uniti chiaramente non possono apertamente dire che il bandire cittadini ungheresi dal proprio territorio è un atto per punire Budapest di disobbedienza in politica estera e come segnale per gli altri stati europei. La giustificazione ufficiale della black list è una serie di irregolarità fiscali applicate alle aziende americane. Si tratta di una questione in agenda da molti mesi, ma il fatto che l'amministrazione americana abbia deciso di agire oggi è indicativo. “Gli Stati Uniti dichiarano di essere preoccupati del sistema di tassazione ungherese. Ma allora perché colpire il presidente di un think tank come Századvég Gazdaságkutató? Il think tank è legato al Fidesz di Orban. Alcuni uomini d'affari sono stati anche messi nella black list. Secondo Hungarian Voice, un blog, la ragione delle sanzioni non sono le dichiarazioni dei leader ungheresi, ma il generale “riavvicinamento tra Russia e Ungheria”, conclude Iskenderov.
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