Giappone: il modello da seguire
L'Abenomics l'antidoto al vittimismo economico che sta distruggendo l'occidente
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Dopo esser stato un modello economico temuto, il Giappone era caduto in una stagnazione senza fine, presagio di quello che sta accadendo oggi in occidente. In Japan the Model, Paul Krugman sottolinea come l'esperimento in Giappone intrapreso dal governo Abe ha fatto tornare al centro del dibattito le politiche di Tokyo come punto di riferimento possibile per il resto del mondo.
L'“Abenomics” — lo stimolo fiscale e monetario adottato dal governo del primo ministro Shinzo Abe — rappresenta in termini economici tutto ciò che l'occidente ignora, preferendo arrendersi al vittimismo ed al disfattismo economico. In America, ci sono oggi quattro volte i disoccupati di lungo periodo rispetto all'inizio della crisi, ma i Repubblicani si preoccupano solo di scandali falsi ed è passato diverso tempo da quando il presidente Obama ha parlato in modo combattivo sul rilancio dell'occupazione. Ma almeno, gli Stati Uniti hanno ripreso parzialmente il sentiero della crescita. L'economia europea è entrata invece in recessione, scegliendo una politica simile a quella del periodo tra il 1929 ed il 1935. Nonostante questo, non c'è nessun accenno ad un cambiamento significativo di politica economica: nella migliore delle ipotesi ci si può aspettare solo un rilassamento dei programmi “selvaggi” che Bruxelles e Berlino stanno imponendo sulle nazioni debitrici.
Sarebbe facile, prosegue il premio Nobel per l'economia, per il Giappone usare le stesse scuse utilizzate in occidente – invecchiamento della popolazione, i problemi strutturali dell'economia; il debito immenso (molto maggiore di quello in Grecia) – ma il governo Abe ha presente che questi pretesti, utilizzate in passato da Tokyo, hanno portato solo alla stagnazione perenne. Uno stimolo di breve termine non curerà certo tutti i problemi economici del Giappone, ma, se portato a compimento, può essere il primo passo di un futuro più roseo.
Ma sta funzionando l'Abenomics? La risposta di Krugman è che troppo presto per dirlo: ma i primi segnali sono buoni ed il crollo del Nikkei di giovedì non cambia il giudizio.
La prima buona notizia è l'importante crescita economica nel primo quarto dell'anno – molto superiore rispetto agli Stati Uniti, mentre quella europea continua a crollare. Nel frattempo, le azioni sono aumentate consistentemente e lo Yen si è svalutato, una notizia eccellente per un paese export-led come il Giappone. Alcuni economisti hanno espresso allarmi sui tassi d'interesse a lungo termine, anche se sono oggi sotto l'1%. Ma la combinazione di un aumento dei tassi d'interesse e quello dei mercati azionisti sono segnali di ottimismo, non motivi di preoccupazione sulla solvenza giapponese.
Il crollo del Nikkei è solo un piccolo arresto in questo quadro di ottimismo. Del resto, le azioni sono ancora superiori al livello dello scorso anno ed in riferimento al Black Monday del 1987, quando le azioni americane sono crollate di oltre il 20% per nessuna ragione e la ripresa economica non ne ha sofferto affatto.
Per tutte queste ragioni, conclude Krugman, il verdetto sugli sforzi del Giappone è positivo e rappresenta un antidoto alla letargia attuale dell'occidente, perso nel suo inutile vittimismo.