Le scuse del Fmi sulla Grecia
Il rapporto indica due fallimenti di strategia. Ma chi ripaga le sofferenze imposte al popolo?
2008
Prendendo a riferimento il recente paper di dura autocritica del Fondo Monetario internazionale sulle politiche scelte per la Grecia, Paul Krugman nel suo ultimo post per il suo blog The conscience of a liberal, Greek regrets, sottolinea come il rapporto sembra indicare due fallimenti in particolare: non aver riconosciuto subito che Atene non avrebbe mai potuto ripagare l'interezza del suo debito e, soprattutto, aver sottostimato il danno economico che l'austerità avrebbe inflitto alle possibilità di ripresa del paese.
Entrambi questi errori sono ormai palesi, accertati e resi evidenti dalla tragica situazione del paese. Il piano della troika non era chiaramente realistico – come avevano avvisato Krugman e tutti gli economisti keynesiani all'inizio della sua stesura – e le sue misure erano troppo dure da sopportare perfino per un paese in espansione, figuriamoci per uno che nel 2014 registrerà il settimo anno consecutivo di recessione. Tutto quello che si può dire oggi, prosegue il premio Nobel per l'economia, alla luce della presa di posizione da parte del Fondo, è che il Fmi rappresenta oggi l'elemento più lucido della troika nel prospettare il futuro della Grecia, con la Bce in particolare impantanata in una fantasiosa politica monetaria espansiva.
Cosa sarebbe potuto essere fatto in modo differente?, si domanda poi Krugman. Il rapporto riconosce che le sofferenze sarebbero state minori con un atteggiamento più flessibile da parte dei creditori, ma non ha abbracciato l'idea di un annullamento graduale da parte dei debiti. Ma se chiediamo alla troika di ammettere che nel 2010 la maggior parte dei debiti dovevano essere resi nulli, perché non affermare con la stessa forza che la Bce avrebbe dovuto iniziare da subito l'acquisto dei titoli maggiormente indebitati ed evitare il collasso. Il programma di aiuto che Krugman avrebbe ideato prevedeva tre elementi - l'annullamento di gran parte del debito, nessuna misura d'austerità ed un ruolo accomandante della BCE - che avrebbe permesso alla Grecia di tornare ad accedere al mercato obbligazionario nel 2010.
Ma il tutto non è accaduto per una scelta politica, anche se ha poi prodotto un disastro sociale. E forse per il governo greco di allora la migliore soluzione, conclude Krugman, sarebbe stata l'uscita dall'euro. La “Grexit” avrebbe sicuramente prodotto una situazione difficile e complessa, le cui conseguenze si sarebbero protratte fino ad oggi. Ma sarebbero state comparabili a quelle a cui il popolo greco è oggi costretto a vivere?