Illuminante lettera dal Venezuela: la scarsità di beni serve a rovesciare il governo Maduro
Una lettera dell’educatrice venezuelana Jacquelyn Jiménez porta alla luce quanto occultato dai media che coprono in maniera vergognosa la situazione in Venezuela: «Viene messa in discussione la gestione di Maduro ma non la dittatura finanziaria che quotidianamente sottomette i venezuelani alla minaccia della fame»
di Fabrizio Verde
«Viviamo in una dittatura finanziaria, un golpe industriale dove non si produce a sufficienza volutamente», questo afferma Jacquelyn Jiménez, educatrice venezuelana delle ‘Hermanas del Sagrado Corazón’ in una lettera – pubblicata da RT - dove racconta la situazione nel paese latinomericano.
«Negli ultimi giorni, diversi colleghi latinoamericani mi hanno chiamato per conoscere la nostra situazione, preoccupati per le informazioni che arrivano circa la mancanza di cibo nel paese. Finanche il coordinamento generale di questa piccola Società internazionale alla quale appartengo ha effettuato una telefonata da Roma. Segno che le notizie devono essere allarmanti!».
Inizia così la lettera scritta da Jacquelyn Jiménez, che poi spiega: «Manca la farina di mais nei negozi, ma non sono diminuite le vendite di arepas ed empanadas nelle strade. Manca la farina di grano, per questo non vi è pane nelle panetterie, ma nessuna panetteria ha chiuso o smesso di vendere pan dulce, torte e biscotti a prezzi molto alti, perché quello che manca è il pane salato il cui prezzo è regolato a 50 bolívares e quando si trova viene venduto a 150, 200 o 350bs. E la regolamentazione dei prezzi? Non c’è farina di grano!».
Insomma, già questo prima passaggio risulta emblematico per descrivere la situazione di speculazione e guerra economica venutasi a creare in Venezuela. Poi l’educatrice venezuelana tocca un punto cruciale della questione: «Un dollaro un anno fa aveva il prezzo ufficiale di 10bs, oggi 420. E la vendita parallela che aumenta i nostri livelli di costo di qualsiasi prodotto è 1000bs. Per intuire la complessità di ciò che sta accadendo in questo nostro grande paese, è necessario conoscere questi dati minimi di mercato.
Il sistema finanziario ha cercato in ogni modo di far saltare il sistema di controllo cambiario che abbiamo avuto per 15 anni, e la regolazione dei prezzi dei prodotti alimentari di base. L'industria ha trovato le crepe di questa regolamentazione attraverso la quale tutti i venezuelani hanno potuto accedere ai prodotti alimentari con prezzi regolamentati, e naturalmente, poter avere la gioia di mantenere una famiglia e investire le entrate in divertimenti, arte e vacanze».
Potrebbero bastare queste ultime righe per comprendere appieno la situazione, la reale portata e l’obiettivo dell’attacco condotto contro il Venezuela bolivariano, ma la lettera dell’educatrice venezuelana contiene altri spunti importanti. «Tutto ciò che oggi manca in questo meraviglioso paese non è imputabile (...). Si tratta del prodotto di un’industria capitalista, borghese, manipolatrice di prezzi e profitti, decisa a rovesciare questo governo legittimamente eletto, con metodi elettorali riconosciuti a livello mondiale».
«Viene messa in discussione la gestione di Maduro – spiega Jacquelyn Jiménez – ma non la manipolazione dell’industria, l’accaparramento di alimenti nei grandi magazzini di proprietà dell’industria stessa, la diminuzione della produzione volta ad istigare quel popolo che ha sostenuto la dignità di questo governo.
Non viene messa in discussione la dittatura finanziaria che quotidianamente sottomette i venezuelani alla minaccia della fame, all’incertezza delle medicine tutte le settimane, all’irrequietezza che arrivi il giorno in cui la sicurezza salariale che ci ha lasciato il presidente Chávez non sia più sufficiente per affrontare il mostro imprenditoriale.
Perché è una dittatura finanziaria quella in cui viviamo, un golpe industriale dove non si produce a sufficienza volutamente, perché l’obiettivo desiderato è quello di vedere sconfitti i chavisti che hanno osato creare delle persone con un futuro, perché soffrono il fatto che il governo abbia prodotto educazione, autostima, sentimento patriottico, sistemi sanitari gratuiti, diritti lavorativi, salariali e sociali: questo governo ha prodotto dignità e senso della vita per la maggioranza povera di questo paese, e non si dimentica facilmente. Sarà per questo che vi sono più per acquistare a buon mercato, piuttosto che per protestare?».
Ancora un passaggio è dedicato al ruolo giocato dalle imprese: «Imprese e negozi hanno preferito giocare con noi, producono la metà per istigarci (…). In una fila con 300 persone si vende dentifricio obbligatoriamente in confezioni da 6 unità, e quando mancano 50 persone alla fine dicono che il prodotto è terminato. Se si fosse venduto un solo tubetto per persona, più dei 300 lo avrebbero ottenuto. Ma no, è obbligatorio vendere la confezione da 6… ci istigano alla protesta!
Cercano di uccidere il sentimento di solidarietà, la speranza nel futuro, e la costruzione collettiva che stava sbocciando in questa nostra Matria-patria».
«Il poco che viene prodotto dalle aziende statali – spiega l’educatrice – è venduto a basso costo con prezzi regolati, e la maggioranza delle persone si sobbarca file interminabili per accedervi, per una forma di giustizia, un’ostinata difesa dei prezzi bassi, come una forma per sostenere questo governo; al contempo acquistiamo a prezzi molto alti le carni, i prodotti per la pulizia, e le verdure che magicamente aumentano di prezzo ogni giorno».
Intanto il pericolo di un golpe si fa sempre più minaccioso: «Non poterono rovesciare il presidente Chávez entrambe le volte che fermarono l’industria nel 2002 e 2003, perché il momento storico fatto di relazioni politiche e governi alternativi era diverso, il miglior tempo di solidarietà e integrazione.
Dodici anni di strette relazioni commerciali, di unione delle forze per dimostrare che altre forme di commercio e scambi commerciali erano possibili, oltre gli ambiti mercantili e il pagamento degli interessi. Queste relazioni ci salvarono da un colpo di stato in quel momento (…) Ma adesso le relazioni in America Latina sono diverse e il colpo di stato potrebbe avvenire.
Il governo nordamericano predice che Maduro non arriverà a dicembre. Il governo nordamericano ci considera una minaccia, come se il nostro governo gli avesse arrecato danni, oppure mostrato l’intenzione di invadere altri paesi come fanno loro. In questi 17 anni di splendore latinoamericano, le eterne élite che hanno governato la nostra terra per arricchirsi (…) non ci perdonano di aver lavorato per avere le nostre proprie forme di governo, di decidere e di fare, nostre dell’America Latina e non della Banca Mondiale o dell’Europa colonialista».
Il golpe si avvicina anche perché «le dinastie di famiglie educati nei collegi e nelle università cattoliche per governare (non si dice opprimere), hanno passato molto tempo senza farlo. Ed è questa casta politica che oggi destituisce Dilma Rousseff accusandola di una corruzione non provata, ma è la sua parola di donna dirigente di un partito di lavoratori contro la potente parola di imprenditori coperti dall’immunità parlamentare.
Non sono i fatti a parlare per i nostri governi di sinistra: sicurezza sociale, stabilità lavorativa, educazione dei nostri popoli non contano, pesano le origini di classe, etnia e genere di presidenti come Dilma, Evo, Chávez o Maduro. Queste origini non sono affidabili per le famiglie borghesi e la democrazia classica ereditata dai conquistatori. Questa casta, questo gruppo abituato al potere non è mai riuscito a vincere le elezioni contro il Partito dei Lavoratori del Brasile e il Partito Socialista Unito del Venezuela, solo la stanchezza legittima di una parte del chavismo di fronte alla nostra situazione, ha consegnato il parlamento all’opposizione in Venezuela.
Questi gruppi di potere, queste aziende, gli interessi finanziari hanno approfittato della crisi globale dell'economia, degli errori delle dirigenze di governo della sinistra, dell’astio che produce la manipolazione mediatica nelle popolazioni, per distruggere governi legittimi.
Dopo gli eventi in Brasile, maggio sono le probabilità di un golpe in Venezuela o della rimozione di Maduro con qualsiasi mezzo, fino al meccanismo democratico del referendum, dopo aver portato allo stremo le persone con la mancanza di cibo».
Jacquelyn Jiménez inoltre invita a guardare a quanto sta accadendo in Argentina e Brasile per vedere quale sarebbe il destino del Venezuela in caso il governo Maduro venisse in qualsiasi modo rovesciato: «Come davanti a uno specchio possiamo vedere il nostro futuro nei licenziamenti di massa attuati dal governo argentino, nell’eliminazione del Ministero della Cultura deciso dal nuovo governo brasiliano che è provvisorio ma già governa come totalitario».
La lettera si conclude con queste parole: «Ogni giorno è necessario rinnovare quelle speranze che tutelano la memoria di quanto conquistato in materia di giustizia e dignità, per evitare la tentazione di guardare indietro e diventare statue di sale.
Dobbiamo ripristinare la fiducia nella propria umanità, e in altre forme di potere costruito collettivamente e al nostro ritmo. Dobbiamo continuare a reinventare la politica e le sue diverse forme di politiche pubbliche a favore dei dimenticati dalla storia e oggi sconfitti dalle industrie belliche e mediatiche, affinché non soccombano nella ricerca di un altro mondo più giusto e fraterno».
Jacquelin Jiménez. Donna, educatrice, Hermana del Sagrado Corazón in Venezuela. Caracas, 17 maggio 2016.
Questo scritto, di cui vi abbiamo proprosto la traduzione di ampi stralci, non ha bisogno di alcun commento. Rende giustizia a un grande paese come il Venezuela dove tramite una tremenda guerra economica e mediatica si vuole rovesciare un governo legittimo per far tornare indietro la ruota della storia, come magistralmente spiegato dall’educatrice venezuelana Jacquelyn Jiménez. Dopo questa lettura gli operatori dell’informazione che spargono calunnie e menzogne quotidianamente sul Venezuela bolivariano, occultando la verità in modo indegno, dovrebbero solo vergognarsi.