Lettera aperta a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sulle violazioni dei diritti umani di Leopoldo López

In risposta all'accusa grave alla Repubblica bolivariana del Venezuela lanciata da Erika Guevara-Rosas, Direttrice per le Americhe di Amnesty International

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Lettera aperta a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sulle violazioni dei diritti umani di Leopoldo López


Signor Riccardo Noury,
Portavoce e responsabile della comunicazione di Amnesty International Italia


Abbiamo appreso con sconcerto la presa di posizione della sua organizzazione nei riguardi della vicenda che ha portato alla reclusione del politico venezuelano Leopoldo López. Nel documento diffuso il 10 settembre scorso da Erika Guevara-Rosas, Direttrice per le Americhe di Amnesty International, denunciate la mancanza d'indipendenza del potere giudiziario della Repubblica Bolivariana del Venezuela; accusa grave accompagnata da queste forti dichiarazioni di Guevara-Rosas: «Le accuse nei confronti di López non sono mai state completamente provate e la sua condanna è chiaramente basata su motivi politici. Il suo unico 'reato' è stato quello di essere il leader di un partito di opposizione. López non avrebbe mai dovuto essere arrestato. Lo consideriamo un prigioniero di coscienza e chiediamo li suo rilascio immediato e incondizionato».
 
Riteniamo questa posizione assunta dalla sua organizzazione inaccettabile, perché mistificatoria e fortemente ingiusta nei confronti dei familiari delle vittime delle 'guarimbas' che pretendono verità e giustizia. Persone a cui hanno strappato per sempre l'affetto dei propri cari, determinate nel chiedere - insieme a chi è rimasto menomato - che i responsabili dei fatti violenti che hanno insanguinato il Venezuela nel 2014, vengano condannati e paghino per i delitti commessi.
 
A lei e alla sua organizzazione rammentiamo le parole pronunciate dai rappresentanti del 'Comitato Vittime delle Guarimabas e del Golpe Continuado' in audizione lo scorso giugno davanti al Parlamento Europeo: «Il tema dei diritti umani non può essere utilizzato per giustificare e legittimare azioni che costituiscono veri e propri atti di violenza e delitti. La comunità internazionale non può essere tratta in inganno sulle vere intenzioni che hanno mosso i dirigenti e i partiti politici quando organizzarono le manifestazioni violente da febbraio a giugno del 2014». Parole chiare, che provengono da chi ha avuto la vita stravolta da quei tragici eventi.
 
Visto che definite Leopoldo López «prigioniero di coscienza», desideriamo altresì ricordarvi che il fondatore del partito Voluntad Popular è stato condannato a 13 anni e 9 mesi di reclusione in quanto responsabile di crimini quali l'incendio doloso (art. 343 del Codice Penale), l'istigazione alla violenza (art. 285 del Codice Penale), danneggiamenti alla proprietà pubblica (art. 83, 473 e 474 del Codice Penale), e associazione a delinquere (art. 37 del Codice Penale), con l'aggravante di aver infranto la Legge Organica contro il Crimine Organizzato e il Finanziamento al Terrorismo quando con la destabilizzazione delle piazze l'opposizione cercò di provocare il rovesciamento del legittimo Presidente Maduro, nell'ambito di un piano apertamente golpista denominato 'La Salida'.
 
La richiesta proveniente dalla sua organizzazione di rilascio immediato e incondizionato per Leopoldo López, oltre a violare la sovranità della Repubblica Bolivariana del Venezuela, rappresenta un insulto per le vittime degli atti violenti organizzati dall'opposizione venezuelana, come spiegato dalla portavoce del 'Comitato Vittime delle Guarimabas e del Golpe Continuado' Desiree Cabrera: «Quando viene richiesta la liberazione di Leopoldo López, Daniel Ceballos e altre persone detenute per i crimini commessi negli atti violenti, classificati come ‘prigionieri politici’, viene violato il nostro diritto alla giustizia».
 
Ci chiediamo, e chiediamo a voi: è possibile definire un «prigioniero di coscienza» chi ha convocato, appoggiato e guidato le azioni violente che hanno lasciato sul selciato 43 morti e 878 feriti, oltre ad aver provocato perdite incalcolabili derivanti dalla distruzione di infrastrutture destinate alla garanzia dei diritti umani su tutto il territorio nazionale?
 
Si può ritenere «prigioniero di coscienza» chi ha appoggiato e permesso che un gruppo di militari della Forza Armata Nazionale prendesse Piazza Altamira a Caracas per trasformarla in 'territorio liberato' e farla fungere come piattaforma mediatica da cui lanciare gli appelli alla disobbedienza istituzionale e a un Colpo di Stato?
 
Noi la risposta la conosciamo e per questo di fronte a una ignobile campagna di diffamazione internazionale a cui voi prestate il fianco, non abbiamo alcun dubbio e ci schieriamo dalla parte della Repubblica Bolivariana del Venezuela e del 'Comitato Vittime delle Guarimabas e del Golpe Continuado'. Al golpista Leopoldo López, aspirante Pinochet in salsa venezuelana, preferiamo Elvis Durán, giovane lavoratore morto nell’impatto con una delle guayas, lasciando orfana una bambina di 7 anni, e così, altri uomini e donne che hanno pagato a caro prezzo le conseguenze delle azioni violente verificatesi in Venezuela.
 
Se lei ha veramente intenzione di onorare fino in fondo la sua missione a tutela dei diritti umani che dice di perseguire, la invitiamo a non lasciare inascoltate le richieste di quelle persone che si sono riunite nel 'Comitato Vittime delle Guarimabas e del Golpe Continuado' per chiedere giustizia rispetto ai crimini commessi da Leopoldo López.

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