Un compromesso tampone
Il piano bis in atto a Cipro per evitare il contagio nella zona euro
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di Alessandro Bianchi
L'accordo raggiunto nelle prime ore di lunedì 25 marzo ha parzialmente restituito credibilità all'azione dell'Unione europea nell'azione di salvataggio di Cipro e tamponato l'effetto domino possibile su tutta la zona euro.
L'accordo raggiunto nelle prime ore di lunedì 25 marzo ha parzialmente restituito credibilità all'azione dell'Unione europea nell'azione di salvataggio di Cipro e tamponato l'effetto domino possibile su tutta la zona euro.
L'Eurogruppo ha sbloccato i 10 miliardi di euro necessari ad evitare il collasso finanziario delle banche cipriote, attraverso un piano che conserva Nicosia nella zona euro e restaura la promessa di proteggere i depositi bancari al di sotto dei 100 mila euro. Si tratta del miglior compromesso possibile nella situazione di stallo creatosi dopo la pessima gestione precedente. Ma come sempre, quando si parla delle iniziative delle istituzioni di Bruxelles, si tratta solo di una situazione tampone. Paradossale ed emblematica a tal proposito è stato il dietrofront clamoroso cui è stato costretto il presidente dell'Eurogruppo, Jeren Dijsselbloem, ieri: dopo aver dichiarato al Financial Times e a Reuters in un'intervista celebrativa dei risultati raggiunti che il piano di salvataggio di Cipro poteva essere considerato un modello per tutta l'Eurozona, ha dovuto auto-smentirsi in serata per il panico nel settore bancario borsistico.
Una situazione disperata. Dopo Grecia, Irlanda, Portogallo e, se si considera anche quello parziale delle banche spagnole, Cipro è il quinto paese ad usufruire di un piano di salvataggio della cosiddetta troika – Commissione europea, Bce e Fmi. A differenza dei precedenti, tuttavia, il caso di Nicosia presenta differenze interessanti ed alcuni aspetti molto innovativi: il nuovo pacchetto di misure prevede infatti che i fondi vengano ottenuti per la maggior parte dal settore bancario stesso e dalla partecipazione coatta contro gli investitori esteri, in particolare russi.
Il 16 marzo scorso, il presidente di Cipro Nicos Anastasiades - in una ricostruzione della vicenda non ancora del tutto chiarita per lo scaricabarile delle responsabilità successive all'approvazione - aveva deciso di salvare le due principali banche, imponendo un prelievo forzoso a tutti i correntisti con un tasso del 9.9% per quelli superiori ai €100,000 ed uno del 6.75% per quelli sotto quella soglia. Questo tentativo disperato ed ultimo di proteggere il suo status di paradiso fiscale per la Russia è stato unanimemente bocciato dal Parlamento di Nicosia.
Un buon compromesso. Dopo una settimana di tensioni – con la chiusura protratta delle banche a rischio collasso, il tentativo fallito di un nuovo prestito russo, un ultimatum della Banca Centrale Europea a lasciare la zona euro — la decisione presa da Nicosia è stata diversa. Anche perché a corto di alternative percorribili nel breve periodo.
Nell'accordo di lunedì mattina a prevalere è stata l'impostazione che il Fondo Monetario Internazionale aveva tenuto sin dall'inizio delle trattative: prelievo solo sui depositi bancari oltre i 100 mila euro e la ristrutturazione delle due principali banche. Secondo il nuovo accordo, la Laiki Bank, la banca in maggiore difficoltà di liquidità, verrà chiusa ed i suoi titoli suddivisi in una 'good bank' ed in una 'bad bank', sul modello di quanto accaduto già in Irlanda. Per i depositi sotto i 100mila euro scatterà la garanzia europea, per quelli superiori non ci sarà alcuna tassa o prelievo, ma verranno congelati e convertiti con obbligazioni dello Stato. La “good bank” che emergerà da Laiki sarà fusa con Bank of Cyprus, che invece sopravviverà ma con una forte ristrutturazione interna. Ancora non è chiaro la mole del prelievo forzoso che verrà applicato ai correntisti oltre i 100 mila euro di tutti gli istituti di credito ciprioti. Martedì il ministro delle finanze Micheal Sarris ha lasciato presagire addirittura una tassa del 40%.
Il piano protegge comunque i depositi garantiti più piccoli, stabilisce una gerarchia sensibile dei creditori quando le banche devono essere ristrutturate e permette a Cipro di restare nella zona euro.
I problemi che restano non sono pochi. Tre sono gli ostacoli principali al piano di salvataggio della troika verso Cipro.
La prima preoccupazione riguarda la capacità del governo di Nicosia di far passare in Parlamento le nuove misure approvate, dopo il 36-0 nella votazione dello scorso martedì di bocciatura del precedente programma.
La seconda preoccupazione riguarda le banche cipriote di reggere sul mercato quando le restrizioni temporanee sul movimento dei capitali – una novità assoluta dall'inizio della crisi dell'euro – saranno tolti. I grandi depositi a Bank of Cyprus verranno inizialmente congelati, ma il perdurare di tale decisione sarebbe una fonte di grave instabilità interna.
Infine, la terza grande preoccupazione riguarda la reazione che avrà la Russia: la zona euro continua a sperare che Mosca possa rinnovare il prestito da 2,5 miliardi di dollari erogato nel 2011 a Cipro e partecipare nella ristrutturazione del sistema bancario. Ipotesi sempre più improbabile, tuttavia, dopo i prelevi forzosi sui fondi russi. E c'è chi teme che addirittura i lCremlino possa agire in ritorsione con tale decisione, utilizzando in modo destabilizzante le immense riserve in euro in suo possesso.
L'austerità: l'errore è alla base. Sulla vicenda di Cipro al momento vi è una sola certezza per gli analisti: il programma di aiuti imporrà una recessione drammatica nel breve periodo, secondo alcune stime di fonti interne alla troika il crollo del Pil arriverà a toccare la cifra record del 10%. La questione nevralgica per il futuro di Cipro, ma di tutta l'euro zona è semplice e riguarda la capacità di Nicosia e degli altri paesi sotto azione di salvataggio dell'Ue di saper riprendere il sentiero della crescita, una volta ristrutturato il settore bancario e finanziario. Al momento, le misure d'austerità hanno imposto un circolo vizioso sul lato della crescita - che impedisce la riduzione del debito ed impone nuovi tagli - che non lascia margini di speranza sotto questo punto di vista.