La tirannia invisibile dell'euro e come non divenire il "giardino di casa" di Bruxelles, Berlino e Francoforte
E. Galeano: “La carità è umiliante perché viene esercitata in senso verticale e dove capita; la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco.”
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Alcune riflessioni a margine della Conferenza di oggi l'”Alba di una nuova Europa” che si è tenuta alla Camera dei Deputati. Qui il link
"Una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole [...] Abbiamo creato nuovi idoli. L'adorazione dell'antico vitello d'oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell'economia senza volto, né scopo realmente umano". Sono parole di Jorge Mario Bergoglio, divenuto Papa Francesco esattamente due anni fa (13 marzo 2013).
Una tirannia invisibile a cui si possono dare tanti nomi: Troika, TTIP, euro, Washington Consensus... Una tirannia contro cui vi dicono non abbiamo strumenti, a cui dobbiamo inevitabilmente arrenderci. Dobbiamo arrenderci al Jobs Act, alle “riforme strutturali” della Bce, alle “rigorose condizionalità” della Commissione europea e del Fondo Monetario Internazionale. Arrenderci all'inevitabile fine dei diritti e della dignità delle singoli popolazioni dell'Europa del sud. Perché, vi dicono, non c'è alternativa al modello di sviluppo fallito e fallimentare dell'attuale globalizzazione.
Ecco, anche se nessuno ve lo dice - con l'eccezione di Gianni Minà presente oggi a questa Conferenza e non a caso dimenticato da quella che in Italia si autodefinisce “informazione” - l'America Latina oggi sta offrendo un'alternativa credibile e vincente alla globalizzazione dei profitti a scapito dei diritti e alla globalizzazione del dominio dei capitali finanziari sulle esigenze dei singoli esseri umani.
Un modello che pone di nuovo al centro l'uomo e che ha detto no a quel feticismo del denaro e alla “dittatura dell'economia senza volto né scopo”. Un continente, non solo i paesi dell'ALBA-TCP ma anche il governo argentino, quello cileno, del Brasile, quinta potenza economica al mondo, che ha saputo, nel rispetto della sovranità dei singoli paesi, emanciparsi dai Diktat di Stati Uniti, Fondo Monetario Internaizonale e Banca mondiale (la loro Troika).
Ma di tutto questo in Italia non arriva nulla, se non in modo distorto. Due esempi su tutti per comprenderlo. La «Ley Organica de Comunicacion» in vigore in Ecuador dal 2013. Con questa nuova normativa in Ecuador l’informazione è divenuto un bene pubblico di prima necessità, al pari dell’acqua. Per farvi capire la portata rivoluzionaria: nel 2006 anno della prima elezione di Correa i privati detenevano il 97% delle frequenze radiotelevisive. La Legge Fondamentale ecuadoriana prescrive ora che accanto ai settori pubblico e privato, cresca un terzo polo no profit, definito «comunitario». Con le frequenze che vengono così ripartite: 34% ai media comunitari, 33% media pubblici, 33% media privati. Nessuna persona fisica o giuridica può accumulare o concentrare concessioni di frequenze. Un gioello assoluto di libertà, democrazia e partecipazione soprattutto se paragonato al paese degli oligarchi alla De Benedetti e Berlusconi. Ma sapete che cosa hanno detto e scritto i media italiani? Per Repubblica, testuale: “Ecuador, la legge bavaglio di Correa è una minaccia per la democrazia”. Repubblica, Gruppo l'Espresso, De Benedetti...
Un altro esempio. Proprio in questo momento, il Venezuela deve rispondere all'ennesimo tentativo di copo di stato, ma nessuno lo sa in Italia. Nessuno ve lo racconta e le notizie che arrivano sono solo distorte. Il grande giornalista australiano John Pilger, una delle poche voci libere nell'informazione occidentale, ha scritto recentemente: “Gli Stati Uniti sono da due secoli i nemici non dichiarati del progresso sociale in America Latina. Non importa chi ci sia stato alla Casa Bianca: Barack Obama o Teddy Roosevelt; gli Usa non sopporteranno paesi con governi e culture che mettono al primo posto le necessità del loro popolo e che si rifiutano di promuovere o di soccombere alle richieste e alle pressioni degli Stati Uniti. Una democrazia riformista sociale con una base capitalista – come il Venezuela – non è perdonata dai dominatori del mondo”. E ancora: “In Venezuela vogliono un golpe in modo che possano far ritirare le più importanti riforme sociali del mondo – come quelle fatte in Bolivia e in Ecuador. Hanno già distrutto le speranze della gente comune in Honduras. La ‘sopravvivenza’ del Venezuela chavista è una testimonianza dell’appoggio dei venezuelani comuni al loro governo eletto – questo mi è stato chiaro quando sono stato di recente in quella nazione. La debolezza del Venezuela è che la ‘opposizione’ politica – quelli che chiamerei la ‘Mafia di Caracas Est – rappresentano potenti interessi a cui è stato permesso di conservare un potere economico fondamentale. Soltanto quando quel potere diminuirà, il Venezuela si scrollerà di dosso la costante minaccia della sovversione appoggiata dall'estero. Nessuna società dovrebbe avere a che fare con questa situazione ogni anno”. Leggete qualcosa di tutto questo in Italia? Le uniche notizie sono quelle che arrivano da El Pais e dal New York Times, attraverso Repubblica.
Nell'Europa del debito privato delle banche che diviene pubblico, nell'Europa della sopraffazione continua, nell'Europa dei 120 milioni di poveri, nell'Europa delle migliaia di sfratti al giorno, non si sa quindi nulla dell'esistenza di un continente che si sta emancipando e offre un modello alternativo possibile.
Si possono spezzare le catene del debito, le catene dell'euro, le catene della Troika? Si può uscire da questa trappola? Da soli è difficile. Il primo round perso con la Troika da parte di Alexis Tsipras divenuto premier con un mandato elettorale preciso dimostra in modo inequivocabile come per Berlino, Bruxelles e Francoforte non esista alcuna alternativa all'Europa dell'austerità, all'Europa del taglio permanente del Welfare State e all'Europa che tiene conto dei soli interessi delle multinazionali e delle oligarchie finanziarie, mai quelli democratici dei popoli.
Pur nelle differenze di un modello tipico di quelle terre, l'esperienza dell'America Latina da questo punto di vista è emblematica: una serie di movimenti autocreatesi per la protezione di diritti, le diverse comunità a difesa dei loro territori e singoli cittadini stanchi di subire le ennesime sopraffazioni hanno saputo trovare una sintesi politica che si è rilevata vincente. Pur nelle loro differenze hanno saputo convergere e permettere alle loro popolazioni di tornare ad essere padroni del loro destino e del loro futuro.
Quella solidarietà e condivisione di intenti che ha permesso in molti paesi dell'America Latina di emanciparsi, purtroppo, nell'Europa del sud ancora non c'è. Ma esistono movimenti e partiti non delegittimati da anni di potere e di compromessi con le lobby corporativo-finanziarie che possono, anzi devono, iniziare a pensare ad una nuova Comunità solidale in grado di spezzare le catene dei Diktat della Troika.
Eduardo Galeano una volta ha detto che “La carità è umiliante perché viene esercitata in senso verticale e dove capita; la solidarietà è orizzontale e comporta il rispetto reciproco.” A Grecia, Spagna, Portogallo e Italia, i PIIGS, i famosi maiali, si offre la carità per trasfomare l'Europa del sud nel “giardino di casa” di Bruxelles, Berlino e Francoforte. Per ribellarci a questo sentiero della storia già tracciata si può prendere spunto da chi, dopo anni di lotte, non è più il “giardino di casa” degli Stati Uniti. Solo allora, solo insieme e nel rispetto reciproco dei singoli paesi, potrà sorgere l'Alba di una nuova Europa in grado di ridare libertà, civiltà, sovranità e democrazia alle singole popolazioni.