La bolla gas di scisto sta per esplodere e avrà conseguenze sulla zona euro. Jacques Sapir

La bolla gas di scisto sta per esplodere e avrà conseguenze sulla zona euro. Jacques Sapir

Per la zona euro una perdita complessiva stimabile in un meno 0,3% o 0,5% del Pil aggregato a fine 2015

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Nel suo ultimo articolo, l'economista francese Jacques Sapir affronta la questione del gas di scisto  e la bolla speculativa che nei prossimi mesi si abbatterà in particolare sugli Stati Uniti, ma che avrà ripercussioni anche sulla zona euro.
 
La produzione del gas di scisto obbedisce a regole particolari. Una delle caratteristiche peculiari di questa produzione è la forma particolare della curva di produzione. Il picco di produzione è ottenuto tra il primo e il secondo mese della messa in opera delle trivellazioni. Il volume della produzione diminuisce poi molto rapidamente: s'ottiene oltre il 25% della produzione del picco di sfruttamento tra i 19 mesi (2010) e i 15 mesi (2013).

 
Il livello di produzione è molto migliorato dal 2010 al 2014, ma conserva le stesse caratteristiche. Questo esaurimento rapido delle trivellazioni impone un rinnovamento rapido di quest'ultime e quindi degli investimenti costanti. L'industria del gas di scisto è composta essenzialmente di piccole aziende, ma le condizioni di redditività di queste piccole aziende – che sfruttano circa l'85% delle trivellazioni – sono molto differenti da quelle delle grandi aziende (come Exxon) che hanno allo stesso modo investito nel settore. Se per alcune trivellazioni realizzate da Exxon la perdita di redditività è di 45 dollari al barile, il dato è molto maggiore per le piccole aziende, stimato tra i 70 ed i 75 dollari. 
 
Queste ultime, prosegue Sapir, realizzano i loro investimenti con un effetto molto forte di leva bancaria. Quello che ottengono è una concessione attraverso un credito alla banca, credito che può coprire tra il 90 e il 95% dell'investimento necessario: il rimborso è assicurato dalla produzione del primo anno di vita attiva delle trivelle, che è quello più produttivo. Ma, questo implica un grande prezzo nel futuro: includendo gli interessi, una compagnia guadagnava fino a quando il petrolio era venduto al di sopra degli 80 dollari. Le assicurazioni e le coperture non coprono che sei mesi della produzione e non sono rinnovati a partire dall'ottobre del 2014 a causa del crollo dei prezzi petroliferi. Questo significa che non saranno più protetti a partire dalla fine del mese di marzo, quando solo le grandi compagnie potranno vendere ai prezzi del barile (indice WTI sull'America del Nord) tra i 43 e i 45 dollari al barile. Questo implica un crollo degli investimenti, quindi delle nuove trivellazioni e la fine della produzione di petrolio negli Stati Uniti. 
 
Il crollo degli investimenti si sta per realizzare. Il numero delle trivellazioni diminuisce assai rapidamente. Si registravano 430 trivellazioni in Canada nell'ottobre 2010 e circa 200 nel marzo 2015. In confronto a metà agosto 2014,  nel momento in cui la caduta dei prezzi si è ampliata, la contrazione delle trivelle ha raggiunto addirittura il 41% negli Stati Uniti. I “bacini” più colpiti sono quelli del Texas, ma anche del Dakota. 
 
Siamo prosegue Sapir alla vigilia di una contrazione enorme e che si realizzerà nei mesi avvenire. Da questo punto di vista, si può effettivamente dire: “there will be blood”. Le conseguenze finanziarie di questa evoluzione: diverse piccole società saranno nell'incapacità di servire i loro debiti e saranno costretti al fallimento. Le banche saranno obbligate a riclassificare in « non-performing loans » o di cancellare tra i 250 e i 400 miliardi di dollari di debiti. Questo choc è gestibile per il sistema bancario americano, ma è importante. Il dollaro dovrebbe risentirne e diminuire tra giugno e settembre 2015.  
 
L'industria del gas di scisto entra in una crisi profonda e i prezzi del petrolio cominciano a salire, bisogna attendersi ad una diminuzione importante dell'economia degli Usa e del Canada nel secondo semestre 2015.  Inoltre, questo comporterà una ristrutturazione del settore del gas di scisto, con un peso ancora più importante per le grandi aziende rispetto ai piccoli produttori. Questa ristrutturazione potrebbe condurre quindi a un cambiamento delle regole economiche alla produzione di petrolio, dato che le grandi aziende hanno i mezzi d'apportare delle tecnologie molto più performanti in altri settori. 
 
Quali conseguenze per la zona euro? La zona euro è particolarmente legata all'economia degli Usa, se non altro perché quest'ultimi rappresentano oggi un importante merato d'esportazione per paesi come la Germania o l'Italia. Da questo punto di vista, la probabilità di una decellerazione dell'attività degli Usa è una cattiva notizia. Inoltre, è chiaro che la situazione di metà marzo, con la zona euro avvantaggiata dal deprezzamento dell'euro e da bassi prezzi petroliferi, potrebbe cambiare nel secondo semestre 2015.
 
Questi diversi fattori lasciano pensare, conclue Sapir, a un rallentamento verso la fine dell'anno, ma non è ancora impossibile quantificarlo. Non è impossibile che la crisi dell'industria del gas di scisto comporti per la zona euro una perdita complessiva stimabile in un meno 0,3% o 0,5% del Pil aggregato. Questo rallentamento colpirà in particolare la Germania, ma anche paesi come Italia e Spagna che sono molto dipendenti dalle importazioni di idrocarburi. 

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