L'opposizione “democratica” russa a braccetto con l'opposizione “moderata” siriana

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L'opposizione “democratica” russa a braccetto con l'opposizione “moderata” siriana


di Fabrizio Poggi (Contropiano)*

Forse per sentirsi più protetti dalle telecamere e dai microfoni dei giornalisti, i rappresentanti del liberalismo russo hanno scelto di autoesiliarsi in Lituania per il loro forum su “La Russia dopo Putin”. Non per nulla a Klaipėda, sulla costa lituana, avevano preso il via due giorni fa le manovre su larga scala “Colpo di saetta 2016”, cui prendono parte quattromila uomini, che compongono quella forza di reazione rapida da schierare contro eventuali “aggressioni” russe e cui è assicurata la presenza permanente di consiglieri Nato. I vari reparti lituani si esercitano a contrapporsi a una eventuale “guerra ibrida” e ad azioni terroristiche, con l'ausilio di mezzi blindati e corazzati, elicotteri e unità navali.
 
E forse è stato considerato proprio come un attacco “ibrido”, da respingere con ogni mezzo, quello portato dai telecronisti della rete statale russa VGTRK (la stessa di cui facevano parte i giornalisti Igor Korneljuk e Anton Vološin, per la cui uccisione nei pressi di Lugansk nel giugno 2014 è sotto processo l'aviatrice ucraina Nadežda Savčenko) che ardivano intervistare alcuni dei leader dell'opposizione liberale, a partire dall'ex campione di scacchi Garri Kasparov e dalla notista di cronache rosa Božena Rynska. Questa volta, invece dei colpi di mortaio della guardia nazionale ucraina, i telecronisti se la sono cavata con qualche pugno e pedata; in compenso, hanno rimediato l'espulsione dalla Lituania (con divieto di ingresso nel paese per un anno) in quanto “provocatori” e “minaccia alla sicurezza nazionale”. Con ironia, il canale NTV nota che sono passati i tempi allorché era l'opposizione a cercare i riflettori: ora se ne vanno a Vilnius a parlare del futuro della Russia. La portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova, ha dichiarato che la Lituania “continua sulla linea della censura. Purtroppo Bruxelles e altre organizzazioni internazionali mostrano assoluta indifferenza per quanto accade in uno stato dell'Unione Europea”.
 
Al forum di Vilnius, cui ha partecipato anche il Ministro degli esteri lituano, Linas Linkevičius, pare che l'opposizione russa abbia dissertato su come abbattere l'attuale leadership del Cremlino e come dividersi poi i posti di comando. Vale a dire: come assicurare “le minori perdite nel periodo dell'abbattimento della dittatura di Putin e della creazione di un normale stato democratico”, come ha esordito Kasparov, citato da (chi altri?) Golos Ameriki. Gli ha fatto eco l'ex vice primo ministro Alfred Kokh “sulle chances della Russia di entrare pienamente nella comunità degli stati democratici civilizzati” - che non ha perso l'occasione di predicare le sacre parole della “civiltà, libertà e democrazia” - che potrebbero richiedere “la trasmissione di alcune funzioni agli organi internazionali”, dato che, a suo parere, “alcune cose noi non siamo capaci di farle”. E così, si dovrebbero affidare al Consiglio d'Europa le funzioni oggi della Commissione elettorale; al Tribunale de L'Aja quelle della Corte Costituzionale e così via.
 
Ha rincarato la dose ancora Kasparov: “Oggi il regime si regge sull'immagine dell'uomo forte, che si permette di ignorare Obama e Merkel e bombardare Aleppo senza pietà” ed è stato ancora più diretto il miliardario Konstantin Borovoj, secondo il quale “la società russa è piena delle idee di revanche e restaurazione dell'Impero. E' perciò impossibile fare a meno di una forza esterna”, come fu per la Germania e il Giappone dopo la guerra. E non poteva mancare, tra gli slogan banderisti di memoria filoSS, quali “Gloria all'Ucraina” e “gloria agli eroi ucraini”, anche l'appello ai “leader democratici” europei e del mondo intero in difesa “della salute e della vita” di Nadežda Savčenko, di cui “sono responsabili le autorità russe, che stanno cinicamente calpestando i principi del diritto, della giustizia e della morale”.
Sul tema dei rapporti coi paesi occidentali “nel contesto della sicurezza internazionale”, sembra siano risuonati appelli (il condizionale è dovuto ai commenti ripresi da Kokh su twitter) a “dotare l'opposizione siriana di sistemi missilistici mobili in grado di abbattere l'aviazione russa”. Borovoj, nel suo “progetto di risoluzione” del forum, per “la salvezza della vita in terra” ha inserito l'appello ai “leader della comunità democratica perché presentino a Putin “il seguente ultimatum. Se in tempi brevi non verrà iniziata 1, la liberazione dei territori occupati di Georgia, Moldavia e Ucraina; 2, la liberazione di tutti gli ostaggi trattenuti illegalmente; 3, il ritiro delle truppe russe dalla Siria; 4, la fine della propaganda antiumanitaria russa in tutto il mondo; 5, il ristabilimento delle basi costituzionali democratiche in Russia; allora verrà decretato il blocco totale (politico, economico, informativo) nei confronti della Russia”.
Tale spreco di efflati su “democrazia, civiltà e libertà” non poteva che aversi in un paese in cui, nei giorni scorsi, la frazione parlamentare della Unione Patriottica ha presentato un disegno di legge che va oltre la “democratica” decomunistizzazione alla maniera ucraina: in Lituania anche il drappo nero-arancio russo, simbolo della vittoria sovietica sulla Germania nazista, verrà parificato alla simbologia comunista e nazista e, quindi, proibito. Appare solo strano che i “liberali” russi, a conclusione del loro forum, abbiano mancato di fare appello, per il “ristabilimento della civiltà democratica” in Russia, alle ex SS lituane che, a Vilnius, godono della “civile libertà” di organizzare sfilate e raduni sotto l'occhio benevolo della “democratica comunità” UE.
Se ci sono pochi dubbi che la Russia di Vladimir Putin non sia la società dell'uguaglianza sociale e prosegua invece sulla strada del capitalismo oligarchico aperta trent'anni fa, è certo d'altronde che l'opposizione “democratica” russa non si fermerebbe di fronte ai metodi degli ex filonazisti Povilas Plečavičius, Valdas Adamkus o Stepan Bandera, pur di salvaguardare i propri averi “democraticamente” privatizzati e sottratti ai popoli sovietici.

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