"L'euro è una creazione politica contro la scienza economica". Joseph Stiglitz
“Avrei bocciato gli studenti che mi avessero sottoposto analisi come quelle presentate dalla troika”
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“Quando è stato creato l’euro tutti si rendevano conto che non erano state soddisfatte le condizioni per una moneta condivisa, ma è stata una iniziativa politica e non economica. Con l’euro si è dato vita a un sistema inefficiente e intrinsecamente instabile, ma i suoi creatori non hanno compreso la natura profonda delle distorsioni nell’economia”. Il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz ieri a Roma per partecipare ad un convegno organizzato dalla Luiss ha elevato il dibattito sulla moneta unica e sulla "luce in fondo al tunnel" per i paesi dell'Europa meridionale. Un intervento memorabile
Dal Fatto quotidiano di oggi:
L’Unione europea “ha fatto un unico grande errore, l’euro, che non ha funzionato”. E ha continuato sparando alzo zero: “Quando è stato creato l’euro tutti si rendevano conto che non erano state soddisfatte le condizioni per una moneta condivisa, ma è stata una iniziativa politica e non economica”. Con l’euro “si è dato vita a un sistema inefficiente e intrinsecamente instabile, ma i suoi creatori non hanno compreso la natura profonda delle distorsioni nell’economia”. Che fare, dunque? “Oggi l’Europa deve effettuare una scelta, ma ci sono solo due strade: una, quella che io mi auguro, è che ci sia una riforma della struttura dell’eurozona, l’altra è quella di andare avanti, facendo il minimo indispensabile, introducendo un minimo di riforme per far sopravvivere l’euro”. L’auspicio del docente della Columbia University “è che ci sia un cambiamento, ma questo non succederà spontaneamente o se si continuano ad incolpare le vittime, i Paesi in crisi. Se i cambiamenti non vengono introdotti, restare nell’euro costerà tantissimo, e gran parte dell’Europa resterà in recessione, ma uscire dall’euro sarà ugualmente molto costoso. Se proprio ci deve essere una rottura dell’unione monetaria allora la via più facile sarebbe che la Germania fosse la prima a dire addio. Questo aumenterebbe la competitività degli altri Paesi”.
Lo studioso americano ha messo in guardia anche contro i facili entusiasmi per l’inizio della ripresa: “Oggi in molte parti dell’Europa si celebra la fine della recessione e secondo alcuni questo dimostrerebbe che l’austerità funziona, ma ciò non significa che ci sia una ripresa solida”. “Quando ero capo economista alla Banca Mondiale – ha ricordato – ci era stato detto di non utilizzare i termini recessione e depressione perché erano ‘deprimenti’. Ma oggi l’Europa deve rendersi conto che alcuni paesi sono in ‘depressione’: solo la Germania ha un pil pro capite superiore a quello pre-crisi, mentre in Grecia la riduzione è stata del 25%”. Per lo studioso “si tratta di un verofallimento dell’economia di mercato, persino negli Usa il reddito mediano oggi è più basso che 25 anni fa”. Infine, affonda il colpo Stiglitz, “in qualsiasi altro contesto la crescita tedesca sarebbe considerata ‘ridicola’: appena +0,63% in media negli ultimi 5 anni. Peraltro la performance della Germania è scadente se consideriamo che la sua crescita è basata sull’avanzo dei conti e quindi non può essere emulata a livello mondiale”. E ancora: “Avrei bocciato gli studenti che mi avessero sottoposto analisi come quelle presentate dalla troika” nei paesi europei in crisi, perché l’organismo in cui siedono Fondo monetario, Commissione Ue e Bce “anziché riconoscere gli errori ha incolpato le vittime”. “Eppure – ha concluso – erano i loro modelli a essere sbagliati: la loro idea di contrazione espansionistica è un errore”.