Intervenendo ieri al Convegno
la sinistra e la trappola dell'euro, Emiliano Brancaccio ha sostenuto che il fatto che l'euro fosse insostenibile lo avevano dichiarato tanti premi nobel e grandi economisti dagli anni'80. In particolare uno, italiano, che non ricorda nessuno, Augusto Graziani, il quale aveva segnalato molto lucidamente come il processo d'integrazione europea basato su un'integrazione monetaria fosse non praticabile.
Nel 1992, in particolare, Graziani sottolineò un aspetto: quell'uscita dallo Sme fu un'uscita “di destra”, vale a dire la decisione di non sostenere più la parità avvenne solo dopo l'accordo sul costo del lavoro”.
“Esistono metodi d'uscita alternativi ai regimi di cambio e chi lo nega è un gattopardo”, ha proseguito Brancaccio. Esiste una tendenza oggettiva, che non dipende dalle nostre istanze, del capitale che determina l'insostenibilità della zona euro. Prendiamo un dato, l'insolvenza delle imprese: tra il 2008 e il 2013 è più 254% in Spagna, più 134% in Irlanda, e più 120% in Italia. E, nello stesso periodo, si registra una diminuzione, nonostante la crisi, dell'11% in Germania: è una forbice che non ha equivalenti in tempi di pace. In questo contesto, nuove crisi bancarie sono inevitabili e l'Unione bancaria che si è creata nulla potrà. E' una tendenza oggettiva.
La palla ora passa in mano ai politici, ai quali non resterà la scelta cruciale tra modalità diverse e alternative di gestione dell'uscita dall'euro, ognuna delle quali avrebbe ripercussioni diverse per le differenti classi sociali coinvolte. Quelli che Brancaccio definisce i gattopardi saranno disposti a cambiare l'euro per non cambiare nulla. L'altra chiave di lettura egemonica che sta emergendo è il pensiero neofascista. Il rischio più grande è che possa esservi nei prossimi mesi una sintesi dialettica tra queste due istanze politiche: di fronte alla rottura dell'attuale regime monetario è possibile che esca la scelta di affidarsi al libero gioco del mercato di cambio flessibile, con il trionfo per i speculatori e non della classe lavoratrice. Emergeranno poi delle istanze favorevoli alle acquisizioni dei capitali esteri dei gioielli interni.
Dato il quadro delle logiche di potenza, è difficile essere di sinistra non contro l'euro. “Temo che sarà sempre più facile essere contro l'euro e ho paura che sarà sempre più difficile essere di sinistra”, ha proseguito Brancaccio.
Come si può cercare di affrontare la crisi non solo dell'unificazione europea, ma della globalizzazione dei mercati da un punto di vista di sinistra? La Commissione europea per il periodo compreso tra il 2008 e il 2013 registra 700 nuove misure protezionistiche adottate a livello mondiale (India, Russia, Cina, Stati Uniti d'America) – è una tendenza oggettiva di una crisi del processo di globalizzazione. Questo ci fa capire come i sostenitori dell'uscita della zona euro, ma senza toccare l'Unione Europea, abbiano una posizione gattopardesca, comica e comoda. Una delle questioni importanti è comprendere come la sinistra possa inserirsi in una fase in cui il dibattito è stato egemonizzato da altri.
Come entrare in partita? Fin dai tempi di Giorgio Napolitano, la sinistra ha acriticamente scelto un ruolo subalterno ad un processo di integrazione dei mercati nell'unificazione europea e della globalizzazione: “un libero-scambismo di sinistra acritico”. L'internazionalismo dei lavoratori, si è pensato, si poteva convertire nella globalizzazione capitalista: “ma sono in antitetesi. Un'internazionalista del lavoro deve automaticamente avere un confronto critico con l'internazionalismo del capitale”.
Il tentativo di ingresso della battaglia della sinistra può avvenireaffrontando la crisi dell'Ue in modo speculare – uguale e contrario – alla destra xenofoba e gattopardesca (che propongono cambi flessibili e acquisizioni estere). La sinistra deve proporre un controllo di capitale nel breve e medio. Le destre propongono di bloccare i flussi e Schengen per sfruttare il lavoro clandestino, le sinistre dovrebbero proporre di bloccare i movimenti indiscriminati di capitale a bassi profitti. Ed ancora, loro proporranno misure protezionistici a difesa degli interessi nazionali, la sinistra dovrà condizionare l'afflusso di capitali e merci a determinati standard di lavoro e sociali dal paese importatore. Gli scambi vanno fatti solo con quei paesi dove il lavoro è pagato adeguatamente: non è una limitazione degli scambi, ma una scelta in base. La proposta non è la farneticazione di un marxista, ma l'interpretazione che da l'ILO del commercio internazionale e che prende spunto da un articolo del lo Statuto del Fmi, in vigore anche se nessuno lo prende mai in considerazione, che sancisce come “i paesi che attuano deflazione interna per aumentare esportazioni possono essere sottoposti a limitazioni da parte degli altri paesi”. Questa visione permetterebbe alle sinistre europee di avere un proprio punto di vista, alternativo alle destre xenofobe e gattopardesche.