di Francesca Morandi
Le banche centrali diano soldi direttamente ai cittadini. La proposta viene da due economisti americani, Mark Blyth, professore della Brown University, e Eric Lonergan, studioso e gestore di hedge fund, che sostengono i benefici di una politica monetaria mai messa in atto dalle banche centrali: accreditare denaro direttamente sui conti corrente della gente comune.
Mentre la Banca centrale europea (BCE) annuncia l’acquisto di titoli di Stato entro dicembre, si rafforza la fattibilità di un approccio alternativo alle leve “tradizionali” usate finora dalle banche centrali, ovvero la regolazione dei tassi d’interesse e il Quantitative easying, che, secondo Blyth e Lonergan, produrrebbero « un ciclo di boom e crisi », senza portare a una solida ripresa economica.
« Un’iniezione di denaro equivalente al 2% del Pil porterebbe con probabilità a una crescita dell’economia attorno al 2.6% », scrivono i due economisti sull’ultima edizione della rivista Foreign Affairs in un articolo intitolato “Stampare meno, ma trasferire di più”. « L’impatto generale dipenderebbe dal cosiddetto moltiplicatore fiscale », evidenziano, ma « sono pochi i dubbi che i trasferimenti diretti possano funzionare. L’unica vera questione è perché nessun governo abbia mai tentato di realizzarli »
I “trasferimenti diretti” aumenterebbero rapidamente la spesa, « porterebbero, nel lungo periodo, a ridurre la dipendenza dal sistema bancario come unico motore della crescita e contribuirebbero a invertire il trend delle diseguaglianze in aumento », senza « spennare i ricchi ». « Invece di cercare di trascinare (le risorse) dall’alto verso il basso - sottolineano gli economisti - i governi dovrebbero rilanciarle dal basso ».
Una strada è che « le banche centrali emettano debito e investano i proventi in un indice legato a fondi azionari globali, un portafoglio diversificato, con investimenti che performano in linea con il mercato, il tipo di fondo che anche i fondi sovrani possono detenere. La Banca di Inghilterra, la BCE e la FED detengono asset per un valore superiore al 20% del PIL dei loro Paesi, pertanto non c’è alcuna ragione per cui non possano investire queste risorse in fondi azionari globali per conto dei propri cittadini. Dopo circa 15 anni i fondi potrebbero distribuire i rendimenti all’80% dei contribuenti con il reddito più basso. Il pagamento sarebbe esentasse e verrebbe accreditato direttamente sui conti corrente dei privati, e i governi potrebbero porre semplici vincoli su come i denari possano essere utilizzati ».
« Accreditando soldi direttamente sui conti correnti privati di milioni di cittadini, la spesa verrebbe immediatamente incentivata – scrivono ancora Blyth e Lonergan –, e i banchieri centrali non avrebbero il bisogno di stampare quantità eccesiva di moneta equivalente al 20% del Pil ». Inoltre, si eviterebbero « gli effetti collaterali legati a bassi tassi di interesse » che « riducono il costo dei prestiti e fanno salire i prezzi delle azioni, dei titoli obbligazionari e delle case, ma stimolare in questo modo l’economia è costoso e inefficiente e può creare pericolose bolle, nel settore immobiliare, ad esempio, e incoraggiano aziende e cittadini a indebitarsi a livelli elevati ».
« A meno che non si sostenga la visione che le recessioni siano terapeutiche o meritate – concludono Blyth e Lonergan -, non c’è ragione per cui i governi non tentino di fermarle in tutti i modi, e i trasferimenti diretti di denaro sono l’unico modo efficace per farlo ».
ATTENZIONE!
Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.
oppure effettua una donazione