Bolivia, lo 'show politico-mediatico' dell'ex presidente Jeanine Áñez

Bolivia, lo 'show politico-mediatico' dell'ex presidente Jeanine Áñez

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Sulla Bolivia nelle ultime due settimane di agosto sono state pubblicate varie notizie, ma riguardo soprattutto la ex Presidente ad interim Jeanine Áñez, che si trova detenuta nel carcere di Miraflores a La Paz. In una di queste, sul suo account Twitter, si leggeva «Non voglio più vivere. I miei figli hanno bisogno di fare la loro vita. Non voglio più farmaci che non so quali siano. Chiedo ai miei carcerieri di dirmi cosa sto prendendo».
I famigliari hanno anche affermato che è ''molto debole'' e ''soffre in modo permanente'' poiché ''vive in allerta, angosciata e senza riposo perché non sa cosa le faranno: se la sedano, la avvelenano o la trasferiscono in un posto sconosciuto''.

Jeanine Áñez è agli arresti dal passato marzo, quando la notte del 12 di quel mese, alzando il materasso di un letto 'sommier', l'hanno vista tutta rannicchiata dentro il contenitore sottostante; e, come riportato il passato 25 agosto dall'Agenzia boliviana di informazione (ABI), “Jeanine Áñez aveva preparato tutto per fuggire verso il vicino Brasile”, dove ad accoglierla ci sarebbe stato l'ex militare di estrema destra Jair Bolsonaro.   

Le parole di forte malessere pubblicate nel tweet sarebbero il seguito delle dure condizioni carcerarie che la ex presidente a interim denuncia, tanto è che
due giorni prima si era anche autolesionata un braccio con una graffetta a causa del suo debole stato psicologico. Per i media latinoamericani di destra, quel suo gesto è stato addirittura “un tentativo di suicidio” ma, secondo il Ministro Eduardo del Castillo, la salute di Áñez è “completamente stabile” e la donna riporta solo “qualche piccolo graffio su una delle sue braccia. Qualunque familiare lo richieda può consultare tutti i referti medici sullo stato di salute della signora Jeanine Áñez”.
Nonostante questo il direttore del carcere boliviano le ha permesso la visita di uno psicologo privato e di passare la notte nella sua cella in compagnia di una sua parente.

Queste sue denunce sul duro regime carcerario risultano in evidente contrasto con le proteste avvenute nel carcere femminile di Miraflores, dove lei stessa è detenuta.
Le proteste sono nate a seguito di un sit-in all'esterno del penitenziario, organizzato due giorni dopo che Jeanine Áñez si era autolesionata il braccio. Il gruppo di persone gridavano slogan a sostegno della ex presidente chiedendone anche la scarcerazione.

Ascoltando quegli slogan le altre detenute non sono riuscite a fermare la loro rabbia, iniziando a gridare cori e sbattendo arnesi sulle grate.
Da loro dichiarazioni la rabbia scaturiva dal fatto che erano ben coscienti della falsità delle denunce fatte dalla Áñez perché, sin da quando fu arrestata, si erano rese conto del trattamento privilegiato che le veniva riservato, a differenza di tutte le altre che dovevano sottostare alle rigide norme stabilite dal regolamento del penitenziario.
Uno dei cori più ripetuti dalle donne è stato: ''Jeanine, no mientas, vives como reina!'' (Jeanine, non mentire, tu vivi come una regina!).

In Bolivia sono molto polarizzate le posizioni sulle condizioni detentive di Jeanine Áñez e, il 25 agosto, l'Assemblea Permanente dei Diritti Umani di Bolivia (APDHB) ha organizzato una manifestazione per la sua scarcerazione, in modo che si possa difendere in libertà dal processo che deve affrontare.
La manifestazione si è spinta fino alle porte del carcere e lì si è scontrata con un'altra che era stata organizzata da chi chiedeva giustizia per i massacri compiuti nelle due località boliviane di Sacaba e Senkata, dove ci furono molti morti, con centinaia di feriti e arresti.

Questi drammatici eventi sono avvenuti durante i primi giorni della della presidenza di Jeanine Áñez, la quale, a seguito di quei massacri, “Il 15 novembre 2019, con il suo governo ha promulgato il decreto 4078 che, tra le altre disposizioni, ha esentato dalla responsabilità penale i membri delle Forze Armate boliviane che hanno agito in risposta alle proteste”. 

Per questi massacri l'agenzia francese 'AFP' ha riportato che il passato 17 agosto «Un gruppo di indagine convocato dalla Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR), ha rivelato che durante gli sconvolgimenti sociali alla fine del 2019 in Bolivia, le forze militari e di polizia hanno commesso massacri contro i civili, comprese ''esecuzioni sommarie'' […] e che "almeno 37 persone hanno perso la vita in varie parti del Paese e centinaia hanno riportato ferite gravi, sia fisiche che psicologiche".»


I manifestanti davanti al carcere chiedevano giustizia per i massacri compiuti, e allo stesso tempo denunciavano lo “show politico-mediatico” che da mesi sta mettendo in atto Jeanine Añez, facendosi passare per vittima e mostrando una condizione di privazioni che, secondo loro, non è affatto vera.

Uno dei manifestanti smentisce che su di lei c'è un sentimento di vendetta, come invece la ex presidente ad interim denuncia, e al microfono di chi lo stava intervistando dice:
«Nei suoi confronti non abbiamo un sentimento di vendetta ma di giustizia, altrimenti non avrebbe un medico personale privato nel carcere, come invece è a sua disposizione; come non avrebbe le visite dei suoi figli, che invece non possono avere le altre detenute [causa restrizioni per le norme anti Covid].
Tutto questo show mediatico lo sta facendo per far dimenticare che lei è stata una degli artefici dei massacri; perché fu lei che firmò il decreto per autorizzare le 'Forze Armate' a intervenire e sparare impunemente contro la gente di Sacaba e di Senkata.
Se avessimo un sentimento di vendetta nei confronti della signora Añez già le avremmo tagliato i capelli e glieli avremmo pitturati di rosso [come anche il viso e il corpo] e l'avremmo fatta camminare per tutte le vie del centro di La Paz, come loro hanno fatto con la Sindaca del Municipio di Cochabamba[1], quando fecero il colpo di Stato.

Se la nostra fosse vendetta, alla signora Añez, l'avremmo chiusa a chiave nella sua cella e le avremmo fatto perdere il proprio bambino, se fosse stata incinta; come loro hanno fatto con la signora Patricia Hermosa [ex capo di gabinetto e procuratore dell'ex Presidente Morales, chiusa in cella con una emorragia durata 10 giorni, senza nessuna assistenza medica, facendole perde il suo bambino]. 
Per tutto questo gridiamo che la nostra non è vendetta, ma giustizia».

Dopo che gli esperti della Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) hanno consegnato al nuovo presidente boliviano, Luis Arce, il loro 'Rapporto' sui crimini di Sacaba e di Senkata, il passato 20 agosto “il Pubblico Ministero della Bolivia ha inviato alla Corte Suprema una richiesta accusatoria per avviare un processo di responsabilità contro l'ex presidente ad interim Jeanine Añez. L'accusa si basa su eventi classificati "provvisoriamente come genocidio, lesioni gravi e lievi e lesioni seguite da morte".

La parabola di Jeanine Añez è stata così veloce che sembra si siano dimenticati di lei anche quelli che l'avevano portata alla “presidenza” della Bolivia per mezzo di quello che ormai, anche agli occhi dei più ingenui, è stato un 'Colpo di Stato' malamente mascherato.
 
Sicuramente Jeanine Añez è stata 'usata' nel momento opportuno e investita di un ruolo che lei stessa non avrebbe mai immaginato di ricoprire, facendole credere che la sua presidenza era più che legittima, cosa che, come riporta l'agenzia 'Sputnik' «essendo senatrice di minoranza, Áñez non aveva diritto ne alla presidenza del Senato e ne alla presidenza provvisoria del Paese, come si è proclamata successivamente nelle sessioni parlamentari senza il regolare quorum.»

Fanno gola a tanti – sicuramente a troppi – gli interessi che si trovano nel suo sottosuolo della Bolivia, e il litio, per il vertiginoso sviluppo delle batterie per auto elettriche, è ora il principale di questi.
Un approfondito articolo pubblicato su «Bloomberg»[2], già tre anni fa spiegava quanti interessi sul cosiddetto “oro bianco” ci siano in Bolivia e, tra le tante cose, scriveva: «Morales ha nazionalizzato gli idrocarburi, la principale fonte di reddito della Bolivia, così come la rete elettrica e le telecomunicazioni. Ha promesso di "industrializzarsi con dignità e sovranità", dichiarando che il litio grezzo non sarebbe stato sfruttato da società straniere ma invece elaborato da entità controllate in Bolivia dallo Stato.»
“Nel febbraio 2019, il governo di Evo Morales aveva scelto un consorzio cinese come partner strategico per un nuovo progetto sul litio, da 2,3 miliardi di dollari.”  

Segnalo un video del 2010 dove l'ex presidente boliviano, dopo i primi quattro anni di suo governo, parla del ruolo degli Stati Uniti e del Fondo Monetario in America latina. Il titolo dice tutto: “Si governa meglio senza il FMI e senza gli Stati Uniti”[3]

Tutto questo, per chi in Bolivia aveva sempre fatto 'il buono e cattivo tempo', sotto la presidenza Morales non l'ha potuto più fare. Ed è per questo che, con la complicità della 'OSA' (Organizzazione Stati Americani), ormai delegittimata da molti e presieduta dal discutibilissimo Luis Almagro, hanno deciso di inventarsi la frode elettorale e, obbligato dalle Forze Armate, a far dimettere Evo Morales, attuando così un vero e proprio “Golpe de Estado”, concluso con la  nomina di Jeanine Añez alla presidenza provvisoria del Paese.
Lo stesso Morales dichiarò subito che: "Sono assolutamente convinto che questo sia un colpo di stato per gli interessi sul litio".

Che gli Usa abbiano sempre deciso le sorti del Continente latinoamericano lo sanno anche i bambini ma, secondo quello che è stato pubblicato il passato 8 marzo da «Declassified UK» in questo caso sembra che ci sia stato anche il coinvolgimento del Regno Unito.

'Declassified UK' fa giornalismo investigativo e si dichiara un “sito web leader per analisi approfondite e notizie esclusive sulla politica estera del Regno Unito, e indaga sull'esercito britannico, sulle sue agenzie di intelligence e sulle più potenti società del 'UK'”.
Il titolo dell'articolo è “Il Regno Unito ha sostenuto il colpo di stato in Bolivia per ottenere l'accesso al suo "oro bianco”[4].

Penso che, senza alcun dubbio, la “povera” signora Jeanine Añez si sia trovata in un gioco molto più grande di lei, e ora ne sta pagando le conseguenze.

 

[1] Sindaca di Cochabamba oltraggiata e pitturata di rosso dai sostenitori golpisti: https://www.youtube.com/watch?v=asGCagwbDHA

 

[2] «Bloomberg» approfondisce quanti interessi sul litio ci siano in Bolivia

https://www.bloomberg.com/news/features/2018-12-03/bolivia-s-almost-impossible-lithium-dream

 

[3] Evo Morales, video: Si governa meglio senza il FMI e senza gli Stati Uniti

https://www.youtube.com/watch?v=Qi-fmDFTAdM&t=43s

 

[4] «Declassified UK»: “Il Regno Unito ha sostenuto il colpo di stato in Bolivia per ottenere l'accesso al suo "oro bianco”

https://www.dailymaverick.co.za/article/2021-03-08-revealed-the-uk-supported-the-coup-in-bolivia-to-gain-access-to-its-white-gold/

Roberto Cursi

Roberto Cursi

Sono nato a Roma nel 1965, passando la mia infanzia in un grande cortile di un quartiere popolare. Sin da adolescente mi sono avvicinato alla politica, ma lontano dai partiti. A vent'anni il mio primo viaggio intercontinentale in Messico; a ventitré apro in società uno studio di grafica; a ventiquattro decido di andare a vivere da solo. Affascinato dall'esperienza messicana seguiranno altri viaggi in solitaria in terre lontane: Vietnam, Guatemala, deserto del Sahara, Belize, Laos... fino a Cuba.

Il rapporto consolidato negli anni con l'isola caraibica mi induce maggiormente a interessarmi della complessa realtà cubana.

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