Come cambierà la sanità italiana con l'Intelligenza Artificiale (IA)

Come cambierà la sanità italiana con l'Intelligenza Artificiale (IA)

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In un articolo del Sole24Ore di domenica, Luca Foresti, AD del Centro Medico Sant’Agostino, spiega come rivoluzionare la Sanità italiana in 4 mosse.

La gestione efficiente di processi che coinvolgono milioni di utenti non può essere affidata alla mano e alla mente umana. Provate a immaginare un WhatsApp gestito da uomini in carne e ossa, intenti a smistare le centinaia di messaggini che ogni giorno un italiano invia. Provate a moltiplicare questi messaggini per 40 o 50 milioni, e provate a moltiplicare questo numero per 365. Immaginate che questi messaggini siano telegrammi, scritti su carta e inviati a un ufficio postale, consegnati a un portalettere e infilati nelle buche di ogni palazzo. Ecco, avete immaginato il delirio più totale. Avete immaginato il sistema sanitario italiano quando ha provato a gestire i numeri della pandemia, affidandosi a carta, penna e mente umana. 

Ora, è evidente che ci sono cose che devono essere fatte in modo tradizionale. Non si può fare un prelievo venoso con WhatsApp – per adesso. Ma tutto ciò che può essere fatto con l’intelligenza artificiale (IA) deve essere fatto con l'IA, con le macchine. Anche se per qualcuno il contatto a pelle col postino può rappresentare un’opportunità, per le persone più povere le macchine sono (e sono state) un'occasione eccezionale di miglioramento delle condizioni di vita.

L’IA, dice Foresti, funziona attraverso un linguaggio. È essa stessa linguaggio. Pertanto, è necessario standardizzare il linguaggio sanitario, sia il linguaggio amministrativo, sia quello clinico. E renderlo comprensibile alle macchine, utilizzando appropriate API, ma su base nazionale. La gestione di questo processo, dice Foresti, deve essere nazionale, di esclusivo controllo statale. 

Non si tratta di un processo banale. 

Il governo fa una legge che stabilisce un nuovo tributo, la legge entra in vigore e la scadenza è fissata. Ma manca il codice tributo per pagare con il modello f24. Non si tratta di un esempio inventato ad hoc. Si tratta di casi reali capitati più volte nel processo più che decennale di meccanizzazione della riscossione delle tasse. 

Il legislatore e i tecnici del ministero non sono in grado di programmare cose stupide come l'attribuzione di un codice ad un pagamento, e non sono in grado di farlo per due ragioni, anche concomitanti: 1) non hanno competenze digitali, 2) contrastano l’introduzione del digitale perché lo considerano un pericolo per il loro posto di lavoro. 

La standardizzazione delle procedure, ovvero l'attribuzione di codici che permettano alle macchine di comunicare tra di loro - senza intervento umano - è il primo passo. 

Se non ho un codice tributo, non posso ordinare al computer della mia banca di accreditare di una somma determinata il conto dell’erario, e il conto dell’erario non può comunicare alla macchina che gestisce il bilancio dello Stato che c’è un’entrata di denaro, e questo computer non può comunicare al mio cassetto fiscale presso l’agenzia delle entrate che la somma è stata pagata, e questo computer non può impedire al computer dell’agenzia di riscossione di emettere una cartella esattoriale, eccetera. 

La standardizzazione delle procedure, dice Foresti, è il primo passo. Una volta standardizzato il processo, il medico di base, il centro di analisi, l’ospedale, dovunque essi si trovino, possono comunicare alla stessa banca dati i referti e le informazioni riguardanti il paziente. Si tratta di un primo passo. Il passo successivo è il trattamento dei dati aggregati, tale da produrre intelligenza clinica che metta in grado le macchine di fornire quadri epidemiologici in tempo reale, di incrociare dati alimentari, assunzione di farmaci, disturbi, interventi, ricorrenza di malattie, infezioni, tumori, abitudini sociali, sport, tempo libero, sonno-veglia, battiti cariaci, movimento, passi, camminata, ore dei pasti, eccetera, per definire piani di prevenzione mirati. Dati che possono essere incrociatati con analisi ecologiche e ambientali, climatiche, stress da lavoro, congestione stradale, viaggi, vacanze, inquinamento, polveri sottili, rumore, esposizione a UV, pernottamenti in alberghi, lista della spesa dell’Esselunga, eccetera. 

Si tratta di un livello di trattamento medico-sanitario impensabile con la carta e con la penna, o con un esercito di medici e infermieri. 

L’IA e la digitalizzazione, dice Foresti, hanno fenomenali economia di scala. Aggiungono precisione al processo produttivo e dunque qualità al prodotto. I benefici saranno molteplici. Le strutture sanitarie saranno in grado di aumentare la qualità e la quantità dell’offerta. 

Prendiamo le centraliniste al banco di accettazione delle ASL (ASST). A cosa servono? Posso prenotare e pagare la visita interagendo con una macchina. Prendiamo il medico di base, quando ci prescrive una visita specialistica. A cose serve il suo intervento? Posso prenotare la visita in autonomia. Se ho voglia di sfoggiare la mia ipocondria, posso anche recarmi dal medico, ma nella maggioranza dei casi il compito deve essere assolto dall’IA, ovvero da una macchina. Lo stesso medico specialista, è esperienza comune, perde più tempo nella trascrizione del referto che nella visita. Nella maggior parte dei casi, si tratta di scrivere la medesima pappardella. 

Non si possono standardizzare i referti, anche, e soprattutto, per renderli, come dice Foresti, Machine-readable, leggibili da una macchina? È così difficile? A cosa servono milioni e milioni di referti stilati e memorizzati su computer ogni giorno se non c’è nessuno che possa leggerli? Oppure, davvero crediamo che la soluzione sia assumere più infermieri e dottori? Non è possibile. A questo livello di quantità di dati, solo l’IA è in grado di leggerli in un tempo ragionevole e produrre un’analisi utile per la cura delle popolazioni. Non ci sono altre soluzioni, non ci sono scorciatoie. Per le malattie che affliggono le popolazioni, e non qualche soggetto ogni tanto, dunque infarto, cancro, infezione, asma, pandemia, eccetera, bisogna avvalersi dell’IA. 

L’IA permetterà alle stesse risorse umane, o a risorse minori (medici, infermieri e impiegati), di fornire gli stessi servizi e di qualità superiore. Il risparmio di risorse umane si trasformerà in una maggiore competitività, e nella capacità di erogare servizi a maggior valore aggiunto. 

Nel complesso la società ci guadagnerà, sia economicamente, sia in quanto a benessere e salute. Avrà gli stessi servizi di prima, ma di qualità superiore, e ottenuti con meno lavoro umano. L’IA risparmia lavoro.  

Dall'altra parte, nel complesso, la società ci perderà, perché si avranno meno posti di lavoro e più disoccupati, sia avrà più capacità produttiva di quella che effettivamente serve, e più capitale in cerca di valorizzazione, dunque più fallimenti, più distruzione creatrice, più trappole di liquidità, eccetera. 

Qualsiasi cosa si faccia, sia che si plaudi all’innovazione e all’investimento e all’Intelligenza Artificiale, sia che la si contasti, e si tenga il mondo ancorato alle tradizioni, ci si perde. Si tratta di un double bind. Qualsiasi cosa si faccia si sbaglia. Il capitalismo è questo double bind. No se ne esce, se non uscendo dal capitalismo. Non c’è MMT che tenga, non c’è keynesismo, non c’è rimedio al capitalismo.

Leo Essen

Leo Essen

Ha studiato all’università di Bologna con Gianfranco Bonola e Manlio Iofrida. È autore di Come si ruba una tesi di laurea (K Inc, 1997) e Quattro racconti al dottor Cacciatutto (Emir, 2000). È tra i fondatori delle riviste Il Gigio e Da Panico. Scrive su Contropiano e L’Antidiplomatico.

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