Cuba, dalla Florida attacco ad artisti cubani, lanciata petizione per censurarli su Spotify

Cuba, dalla Florida attacco ad artisti cubani, lanciata petizione per censurarli su Spotify

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Nel mio ultimo articolo, in cui parlavo delle contestazioni per il concerto del celebre cantautore cubano Silvio Rodríguez, avevo iniziato con queste parole: «Ogni giorno ci sarebbe da scrivere delle 'nuove' sugli attacchi che riceve Cuba. Se non sono contro il suo governo sono contro qualsiasi cubano si manifesti pubblicamente a favore della Rivoluzione […] e alcuni sono talmente surreali che si fa fatica a prenderli sul serio per parlarne».

Quest'ultima frase non era affatto un'iperbole, lo dimostra la notizia che riporto  in questo articolo.

Una notifica sul mio smartphone mi segnala che dalla Florida è stata lanciata una petizione su “Canche.org” indirizzata al 'CEO' di Spotify, Daniel Ek.

La petizione è per far rimuovere dalla piattaforma musicale tutti i brani del duo 'Buena Fe' (Israel Rojas e Yoel Martínez) e quelli di Raúl Torres. I tre sono artisti cubani residenti nell'Isola.

La leggo, e mi rendo subito conto che il suo contenuto conferma le frasi che prima ho citato, in particolar modo una parola: “surreale”.

La lettera indirizzata al 'Ceo' di Spotify inizia così:

«Grazie per aver dedicato del tempo ad ascoltare la richiesta di migliaia di cubani».

Da quando è stata lanciata la petizione, tutte le testate “indipendenti” cubane (ognuna di queste finanziate da “agenzie” Usa), hanno dato ampio spazio a questa campagna di discredito e totale censura contro Buona Fe e Raúl Torres.

Dopo il grande battage mediatico, sembra che “la richiesta di migliaia di cubani” non sia stata presa in considerazione nemmeno da tutti loro, visto che, al momento che sto scrivendo, l'hanno firmata solo 1.895 persone, e sono anche passate più di due settimane dalla sua pubblicazione,

I cubani residenti nell'Isola sono circa 11.500.000, mentre più di 1.650.000 risiedono all'estero (fonte ONU 2019), se si pensa che l'hanno firmata anche persone non cubane, da qualsiasi altro paese al mondo, la cifra raggiunta è veramente irrisoria.

Anche se col tempo si arrivasse a numeri più elevati, sarebbe bello sapere quanti cubani residenti nell'Isola l'hanno firmata, perché è questa l'unica cifra importante che alla fine pesa sul piatto della bilancia.

Basterebbero solo i numeri citati per far capire quanti pochi cubani seguono queste campagne di diffamazione contro il proprio Paese o chi lo difende, a differenza della propaganda mediatica occidentale, che continua a narrare la menzogna che la grande maggioranza di loro è contro il proprio governo e vorrebbe sovvertire il suo sistema costituzionale (socialista).

Seguono altri passaggi della lettera:

«L'11 luglio il popolo cubano è sceso in piazza per la prima volta in più di 60 anni, in massa, in tutto il Paese, chiedendo la libertà e la fine del comunismo»

Il “popolo cubano” sceso in piazza “in massa”, andava da qualche decina di persone, nelle piccole cittadine di provincia, a centinaia, e non migliaia, in quelle più grandi. A meno che non si prendano per buone le foto di manifestazioni svolte in altri paesi, come quelle in Egitto e in Argentina, dove c'erano folle immense nelle strade e – senza un minimo di pudore – molti media internazionali hanno fatto credere che fossero le proteste avvenute a Cuba.

«Alcuni artisti cubani, solo pochi, sostengono e difendono ancora le azioni repressive della Dittatura, due nello specifico sono molto attivi nel diffondere l'ideologia e la propaganda di un sistema che non dà spazio al dissenso o alle divergenze di opinioni, Buena Fe e Raúl Torres.»

Non è affatto vero, perché sono tanti gli artisti cubani che dopo le proteste dell'11 luglio, e gli attacchi mediatici subiti da Cuba, si sono schierati pubblicamente in difesa del loro Paese, condannando in modo forte e chiaro la strumentalizzazione e la manipolazione che pochi altri artisti, soprattutto residenti all'estero, ne stavano facendo.

«Buena Fe e Raúl Torres, attraverso la loro arte, sono andati ben oltre le loro iniziative artistiche e sociali a beneficio della società, e sono diventati strumento fondamentale per attaccare altri artisti che sono attualmente in prigione, come Luis Manuel Otero Alcántara, recentemente nominato dalla rivista Time tra i 100 personaggi più influenti al mondo, così come Maykel Osorbo, uno degli autori della canzone di successo Patria y Vida.»

Quello che nella lettera descrivono come “attacchi” ad altri artisti (da parte del duo Buena Fe e di Raúl Torres) non sono altro che opinioni personali su come alcuni loro colleghi cubani si sono lasciati strumentalizzare da chi, a novanta miglia dall'Isola, da più di 60 anni, sta tirando le fila per portare al fallimento la rivoluzione cubana.

È incredibile come gli Stati Uniti, per convincerli a partecipare alla loro propaganda contro Cuba, gli diano visibilità nei propri media e promuovano i loro brani, altrimenti, se questi artisti si rifiutassero di parteciparvi, come inizialmente alcuni avevano fatto, le loro carriere in territorio Usa verrebbero interrotte al momento. Potrei fare vari esempi, ma già ho scritto un intero articolo su questo argomento, nel quale parlo anche di Luis Manuel Otero Alcántara e Maykel Castillo “Osorbo”[1].

Per quanto riguarda la nomina di Luis Manuel Otero Alcántara tra i 100 personaggi più influenti al mondo, mi rifiuto di commentarla, sia per il livello del personaggio che per il fatto che questa nomina rientra in quella strategia che recentemente, e ironicamente, ho chiamato “copione scritto a 'Hollywood'”, della quale ho parlato in un articolo sul russo Alexei Nalvaly[2], anche lui inserito dalla rivista 'Time' nella lista dei 100, come precedentemente avevano inserito Yoani Sánchez, famosa blogger cubana. Come vedete, il copione si ripete.

Nella lettera inviata a Spotify, viene anche citata una dichiarazione di Israel Rojas, lider del duo Buena Fe. L'intenzione di chi l'ha scritta è di portare le parole di Israel Rojas come un aggravante a suo carico, in modo da poter legittimare l'accusa di essere uno “strumento fondamentale [del governo cubano, n.d.t.] per attaccare altri artisti”. Ma da quello che si legge, la dichiarazione di Israel Rojas è solo una legittima costatazione che rispecchia la realtà dei fatti, e a mio avviso è un'analisi perfetta:

«Il consumo culturale non si sta decidendo nelle nostre istituzioni culturali. Lo stanno decidendo da fuori, con una “architettura” tecnologica, per mezzo di strategie digitali, con montature mediatiche... i musicisti più vicini alle Hit Parade degli ultimi anni li hanno tenuti al guinzaglio, e per questo hanno parlato contro la rivoluzione, confondendo [le idee] alla metà dei giovani»

La lettera che accompagna la petizione, con lo scopo di censurare gli artisti cubani, si conclude con queste parole:

«Come clienti di Spotify chiediamo umilmente di rimuovere Buena Fe e Raúl Torres dalla vostra piattaforma, in modo che smettano di monetizzare la sofferenza e la prigionia di altri artisti e del popolo cubano in generale. Crediamo fermamente che questo sia immorale e non debba continuare per molto.»

Come si può leggere si continua a usare frasi ad effetto, come “la sofferenza e prigionia di altri artisti e del popolo cubano”.

Si corre anche il rischio che chi conosce Cuba solo attraverso le notizie in Tv o i giornali nazionali, possa prendere sul serio questa petizione, credendo in buona fede al suo contenuto, e alla fine la firmi pure.

Purtroppo, se non si conosce il “reale”, non si capisce cos'è surreale.

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[1] Perché alcuni artisti cubani cedono al ricatto Usa: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-quello_che_i_media_non_dicono_su_cuba_e_il_rap_anticomunista_patria_y_vida/5694_42275/

[2] La lista del 'Time' sui 100 personaggi è un “copione scritto a Hollywood”: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-alexei_navalny_la_dittatura_degli_algoritmi_il_copione_di_hollywood_e_un_video_di_un_italiano_a_mosca/42370_43329/

 

 

Roberto Cursi

Roberto Cursi

Sono nato a Roma nel 1965, passando la mia infanzia in un grande cortile di un quartiere popolare. Sin da adolescente mi sono avvicinato alla politica, ma lontano dai partiti. A vent'anni il mio primo viaggio intercontinentale in Messico; a ventitré apro in società uno studio di grafica; a ventiquattro decido di andare a vivere da solo. Affascinato dall'esperienza messicana seguiranno altri viaggi in solitaria in terre lontane: Vietnam, Guatemala, deserto del Sahara, Belize, Laos... fino a Cuba.

Il rapporto consolidato negli anni con l'isola caraibica mi induce maggiormente a interessarmi della complessa realtà cubana.

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