Donbass, il regime ucraino intensifica l'aggressione dopo la proclamazione di Biden

Donbass, il regime ucraino intensifica l'aggressione dopo la proclamazione di Biden

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di Fabrizio Poggi 


Come ci si poteva purtroppo attendere, alcuni accadimenti in occidente hanno ridato slancio all’aggressione ucraina contro il Donbass: è così sin dall’inizio della guerra, accesa e condotta da USA, UE e NATO per mano ucraina, ormai da oltre sei anni.


Uno di tali accadimenti è, ovviamente, la proclamazione di Joe Biden vincitore delle elezioni yankee: quel Joe Biden che, sotto il “regno” di Petro Porošenko, diceva di trascorrere “più tempo a Kiev che con la propria famiglia”.


E, infatti, ancora nuovi morti in Donbass per i bombardamenti ucraini, con un evidente inasprimento della situazione al fronte. Nei giorni scorsi, è rimasto ucciso anche il leggendario comandante del “Vostok”, Andrej “Marik” Pan’kin.


Secondo le dichiarazioni di Eduard Basurin, vice direttore delle milizie della DNR, “Marik” sarebbe stato ucciso da un colpo esploso da un cecchino ucraino, mentre evacuava un altro miliziano, colpito dal fuoco di mortai e lanciagranate ucraini sui villaggi di Kaštanovoe e Mineral’noe, nell’area di Jasinovataja.


Questo, mentre Vladimir Zelenskij ordina addirittura alle truppe di tenersi pronte a occupare “per intero” i confini delle regioni di Donetsk e di Lugansk: dunque, anche le frontiere che oggi collegano DNR e LNR alla Russia.


L’obiettivo, secondo Kiev, rientrerebbe nel “Piano di passi congiunti” per la cessazione del conflitto a inizio 2021 e la smilitarizzazione di “alcune aree delle regioni di Donetsk e Lugansk”, per creare le condizioni per le elezioni locali il 31 marzo 2021: elezioni sotto controllo ucraino, dunque, cui Kiev si prepara anche con gli istruttori USA che insegnano ai militari ucraini l’impiego dei lanciarazzi anticarro “Javelin”.


La sintesi di tutto questo sono le dichiarazioni rilasciate alla Tass dal capo della delegazione ucraina al gruppo di contatto, l’ex presidente Leonid Kravchuk, il quale ha ribadito che la Rada non inserirà alcuno status speciale del Donbass nella Costituzione ucraina, come invece previsto dagli accordi di Minsk.


Ora, resta a vedere se tali piani rientrino tra gli obiettivi di colui che è ritenuto il nuovo inquilino della Casa Bianca e che, a parere del politologo Jurij Dudkin, considera da sempre l’Ucraina un proprio “feudo”, tanto da essere arrivato, solo per ricordarne una, nel marzo 2016, a imporre il licenziamento dell’allora Procuratore generale ucraino Viktor Šokin, azzardatosi a indagare sulle attività di Hunter Biden e i traffici della Burisma Holding.


Se Donald Trump, afferma Dudkin, non considera l’Ucraina un paese, e forse non ha nemmeno fatto in tempo a capire cosa vi stia accadendo, Biden può distruggerla definitivamente.


È in questa situazione, che il Ministero degli esteri della Repubblica popolare di Lugansk chiama ancora una volta Kiev alle proprie responsabilità, denunciando metodi e mezzi di guerra proibiti, cui ricorrono da sei anni, in Donbass, le truppe “regolari” e le squadracce neonaziste ucraine, affiancati dai mercenari stranieri, in particolar modo contro la popolazione civile.


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Ministero degli esteri della LNR: Mezzi e metodi di guerra proibiti

Le regole che stabiliscono i divieti sull’uso di determinati mezzi e metodi di guerra col nemico durante i conflitti armati, sono state via via sancite nel corso dell’intera storia dell’umanità.

Oggi, tali regole sono contemplate da una serie di atti giuridici internazionali: la Dichiarazione del 1868 sull’abolizione dell’uso di proiettili esplosivi e incendiari;

la Dichiarazione del 1899 sul non impiego di proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente nel corpo umano;

le Convenzioni dell’Aia del 1907;

il Protocollo di Ginevra del 1925 sulla proibizione in guerra di gas asfissianti, velenosi o altri simili, e mezzi batteriologici;

la Carta del 1945 del Tribunale militare internazionale;

le Convenzioni di Ginevra del 1949 sulla difesa delle vittime di guerra, con i protocolli aggiuntivi I e II del 1977;

la Convenzione dell’Aia del 1954 sulla difesa dei beni culturali in caso di conflitto armato;

l’Accordo del 1971 sul divieto della posa di armi nucleari e altri tipi di armi di distruzione di massa sul fondo dei mari e degli oceani e nelle loro viscere;

la Convenzione del 1977 sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente a fini militari o ad ogni altro scopo ostile;

la Convenzione del 1980 sui divieti o restrizioni all’uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate eccessivamente deleterie o aventi effetti indiscriminati (coi protocolli: I, sulle schegge non rilevabili; II, su mine e trappole esplosive; III, sulle armi incendiarie; IV, sulle armi laser accecanti);

la Convenzione del 1997 sul divieto di utilizzo, stoccaggio, produzione e traslazione di mine antiuomo e sulla loro distruzione;

lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale del 1998 e altri.

In caso di conflitto, tutte le parti devono osservare rigorosamente e conformarsi alle vigenti norme di diritto internazionale, volte a regolamentare l’uso di mezzi e metodi di guerra, difendere le vittime della guerra e ridurre distruzioni e sofferenze causate dalla guerra.

Con mezzi di guerra, è consuetudine intendere armi, equipaggiamento militare, armamento e altri mezzi usati per danneggiare e sconfiggere il nemico; mentre con metodi di guerra, modalità e le regole di utilizzo e applicazione dei mezzi di guerra.

Esistono princìpi e norme speciali del diritto internazionale relativi a mezzi e metodi di guerra:

1. È vietato utilizzare mezzi (armi, proiettili, sostanze) e metodi di guerra, che mirino a provocare danni eccessivi o sofferenze inutili o rendere inevitabile la morte di una persona.

2. È vietato utilizzare mezzi o metodi di guerra che abbiano l’obiettivo di causare, o si prevede che causino danni gravi, estesi e a lungo termine, all’ambiente naturale.

3. Obbligo per le parti in conflitto di distinguere in ogni momento tra civili o altre categorie protette, da un lato, e combattenti dall’altro, e tra obiettivi civili o protetti, e obiettivi militari.

4. Principio della difesa delle vittime di guerra, compresa la speciale protezione per donne e bambini quali parti più vulnerabili della popolazione.

5. Principio di responsabilità degli stati e degli individui per la violazione delle leggi e degli usi di guerra, relativi a mezzi e metodi di guerra.

Negli atti di diritto internazionale è fissata la proibizione dell’uso dei seguenti mezzi di guerra:

• proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente nel corpo umano, sia appositamente prodotti, che adattati successivamente a tale azione;

• veleni o sostanze tossiche da combattimento;

• gas soffocanti, tossici e altri simili gas;

• mezzi che influiscono sull’ambiente naturale, aventi conseguenze diffuse, a lungo termine o gravi, come metodi di distruzione, danni o lesioni;

• qualsiasi arma la cui azione primaria è quella di infliggere danni con schegge non rilevabili con raggi X nel corpo umano;

• mine, trappole esplosive o altri dispositivi appositamente progettati per essere innescati dalle radiazioni del rilevatore di mine o da altre influenze senza contatto durante la ricognizione (ricerca) di mine;

• qualsiasi mina auto-detonante dotata di dispositivo anti-manipolazione, in grado di entrare in azione quando la mina stessa è posta in stato di non funzionamento;

• mine antiuomo che non vengono individuate da normali rilevatori di mine;

• trappole esplosive poste al di fuori degli obiettivi militari e comunque connessi o associati a emblemi distintivi internazionali (segni o segnali); malati, feriti o cadaveri; luoghi di sepoltura (cremazione), tombe; strutture mediche, attrezzature, proprietà o mezzi di trasporto; giocattoli o oggetti destinati in particolar modo a bambini; cibo o bevande; utensili e accessori da cucina (ad eccezione di quelli delle unità militari); oggetti di natura chiaramente religiosa; monumenti storici, opere d’arte o luoghi di culto; animali o loro cadaveri;

• trappole esplosive artigianali, realizzate sotto forma di oggetti apparentemente innocui;

• mine a distanza che non soddisfano i requisiti tecnici sanciti dal relativo trattato internazionale;

• armi incendiarie utilizzate in qualsiasi circostanza contro popolazione civile e obiettivi civili, nonché per la distruzione di foreste e altri tipi di vegetazione, ad eccezione dei casi in cui tali elementi naturali siano utilizzati dal nemico a scopi militari;

• armi laser appositamente progettate per causare cecità permanente agli organi visivi di una persona che non utilizzi strumenti ottici;

• armi batteriologiche (biologiche) e tossiche;

• armi chimiche, inclusi agenti chimici, nonché proiettili per il loro impiego.

Al fine di prevenire sofferenze inutili e vittime ingiustificate tra la popolazione civile e causare danni estesi, a lungo termine e gravi all’ambiente naturale, dovuti alle ostilità, vengono anche stabiliti divieti e restrizioni per le parti in conflitto, nella scelta dei metodi di conduzione delle ostilità.

Sono vietati i metodi di guerra, quali l’ordine di “non lasciare nessuno in vita“, l’uso illegale degli emblemi distintivi della Croce Rossa, delle Nazioni Unite, nonché delle bandiere, degli emblemi, delle uniformi di paesi neutrali o di stati non partecipanti al conflitto.

È vietato uccidere, ferire o catturare un nemico ricorrendo al tradimento, con il che si intendono azioni volte a ispirare fiducia al nemico, fargli credere che ha diritto alla protezione secondo il diritto internazionale. Al tempo stesso, il diritto internazionale non vieta l’uso dell’astuzia militare per confondere il nemico e spingerlo ad agire in modo sconsiderato.

Procedura di ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo

Il fondamento per l’avvio del procedimento presso la Corte europea per i diritti dell’uomo è la denuncia presentata dal ricorrente nella forma stabilita con l’obbligo di rispettare i requisiti necessari.

1. A partire dal 1 gennaio 2014, la Corte europea per i diritti dell’uomo ha abolito la procedura di azione legale preliminare presso la Corte europea per i diritti dell’uomo. Dal 2014, ogni azione viene accolta, a condizione che venga redatta su modulo ufficiale, da compilarsi nella sua interezza. Si devono allegare alla denuncia copie di tutti i documenti a disposizione del ricorrente.

2. L’azione presentata deve essere eseguita nel rispetto dei requisiti.

Il reclamo presentato deve soddisfare i criteri di ammissibilità. In particolare:

– La Corte esamina solo quelle denunce in cui il ricorrente afferma la violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione o dai protocolli (si intende la Convenzione europea dei diritti dell’uomo adottata a Roma il 4.10.1950, modificata e integrata dai Protocolli n. 11 e n. 14, insieme al Protocollo aggiuntivo e ai Protocolli nn. 4, 6, 7, 12 e 13).

– La Corte considera solo ricorsi diretti contro Stati. Importante: la Corte non prende in esame le azioni dirette contro individui o istituzioni non statali.

– Prima di rivolgersi alla CEDU, il Ricorrente è obbligato ad esaurire tutti i ricorsi interni (vale a dire passare attraverso tutte le istanze giudiziarie nazionali, ricevendo da esse le relative decisioni, che non lo hanno soddisfatto. I tribunali ucraini, o non accettano tali azioni da cittadini lesi, oppure ritardano deliberatamente il loro esame. Ciò viene fatto, allo scopo di privare i cittadini dell’opportunità di rivolgersi alla CEDU per la difesa dei diritti violati). Il Ricorrente ha infatti diritto di presentare istanza alla CEDU entro 6 mesi dalla data della decisione finale sul caso.

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