Epitaffio per la politica

Epitaffio per la politica

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Ieri due eventi hanno catalizzato l'attenzione sui social media: i cent'anni dalla nascita del PCI e l'ineffabile Alan Friedman che dà della escort a Melania Trump.
 
Per quanto possa non apparire a prima vista, questi due eventi sono emblematici della trasformazione avvenuta nel senso della politica.
 
Se pensiamo alla nascita del PCI e alla sua storia, una cosa nessuno può negare, né sostenitori, né avversari: ciò che caratterizza quella storia, e l'ha resa per un certo periodo potente, costruttiva e fondante nella storia d'Italia, è la priorità assegnata alle idee.
 
Non che mancassero personalità importanti, da Gramsci a Togliatti, da Amendola a Berlinguer, ma il partito non esisteva sulla base di questa o quella personalità di spicco, ma su quella di una prospettiva ideale sovrapersonale, storica, intergenerazionale. Che l'ideale comunista e la teoria che vi stava dietro avessero in sé molti punti scarsamente chiari e astratti, oggi lo sappiamo, con quella povera saggezza che è il senno di poi; e quella oscurità ed astrattezza alla fine il PCI l'ha pagata; ma in ogni caso anche gli errori politici, quando hanno questa dimensione prospettica ed ideale sono socialmente costruttivi. Se poi oltre agli errori ci sono molte intuizioni esemplari, il potenziale costruttivo è grande. La storia del comunismo è la storia della profonda concretezza che solo le idee possono avere.
 
Ma cosa c'entra tutto ciò con le squallide offese di cui sopra tra due cittadini americani? Ebbene, le parole di Friedman non sono 'battute infelici', sono l'indice della forma che ha preso da tempo la politica occidentale (a partire dal luminoso esempio statunitense). La politica non è più affatto questione di idee. Le idee non ci sono, e quando ci sono sono pressoché intercambiabili tra i contendenti. No, la politica è questione di personalità, caratteri, individualità, e si svolge tutta sul piano personale, dove vizi e virtù privati diventano il vero terreno del dibattito. Così tutto il punto delle nostre discussioni diventa un enorme gossip globale, in cui offese personali, retroscena indicibili, voci di corridoio su questo o quel vizio, foto rubate, fuorionda, "character assassinations", sono al centro della scena, mentre ad essere fuori scena (oscene) sono le idee, quasi un dettaglio imbarazzante di cui vergognarsi.
 
Si tratta di un arretramento della politica al Pleistocene, travestito da progresso.
 
Da Clinton a Strauss-Kahn il sesso illecito è il più potente argomento per decidere le sorti di un politico. Dal politico ci si aspetta battute pronte e manifestazioni d'energia personale (è per questo che il povero Biden è costretto dallo staff a fare ogni tanto qualche scricchiolante passo di corsa a beneficio delle telecamere). Come un attore hollywoodiano, deve apparire onesto e gentile, spiritoso ed energico, sano e brillante.
 
Questo stesso atteggiamento è, peraltro, quello che porta al centro della scena del dibattito politico non più le idee strutturali o le prospettive storiche, ma le questioni del singolo corpo vivente: genere, orientamento sessuale, etnia o razza, età. Si presume tacitamente che la vera politica, quella 'concreta', si fa dedicandosi a questi temi, e che dunque se hai coperto tutte le aree 'sensibili' il più è fatto (dopo tutto, di che altro si parla sui giornali a livello politico internazionale, se non di come questo ministero o quella carica siano stati assegnati a una donna, o un trans, o una persona di colore, ecc.). Che cosa pensino, cosa sappiano o vogliano fare, che idee abbiano sull'economia e la società è trascurabile e accidentale. (Tanto in quel campo ci si affida al pilota automatico del capitale.)
 
Ecco, lo stridente contrasto tra le speranze collettive nate a Livorno il 21 gennaio 1921, e gli odierni sputtanamenti privati dei VIP politici sta tutto qua: è l'emblema del cambiamento di un'epoca, con la concomitante morte di quella che un tempo si chiamava politica.

Andrea Zhok

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Professore di Filosofia Morale all'Università di Milano

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