High Tech. La Cina si smarca dagli Usa

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di Leo Essen


Il 23 settembre l’azienda cinese Lenovo, leader mondiale nella produzione di computer, ha annunciato un’espansione globale del suo portafoglio Gnu/Linux, estendendo il programma di certificazione annunciato a giugno ad una gamma ampia dei suoi prodotti. 
In precedenza l’offerta di computer (Laptop e Desktop) con preinstallato e certificato il Sistema Operativo Gnu/Linux, era riservata, tramite offerte personalizzate, solo alle aziende. Adesso, direttamente dal sito lenovo.com, gli utenti finali possono scegliere tra 30 dispositivi con Gnu/Linux preinstallato. Tra essi ci sono 13 modelli di ThinkStation e ThinkPad serie P e altri 14 laptop ThinkPad serie T, X, X1 e L. Tutti questi dispositivi, ad eccezione della serie L, avranno preinstallata la versione 20.4 LTS di Ubuntu. L’istallazione sarà certificata da Lenovo. Ciò vuol dire che la compatibilità tra l'hardware e il software sarà garantita al 100%. 
Igor Bergman, Vicepresidente di PCSD Software & Cloud presso Lenovo, ha affermato che «l'intenzione dell’azienda è di rimuovere la complessità e fornire alla comunità Gnu/Linux l'esperienza Premium per la quale i nostri clienti ci conoscono». 
Canonical, l’azienda Sudafricana, registrata nell’Isola di man, con dipendenti in tutto il mondo e senza una sede operativa, se si escludono uffici di rappresentanza a Londra e a Taipei, rilascia la distribuzione di Gnu/Linux più diffusa al mondo. Si tratta di una distribuzione relativamente giovane (2004) basata su Debian.
Debian esiste sin dal 1993 e, inseme a Red Hat (da poco acquistata da IBM), costituisce una delle distribuzione storiche più solide del sistema operativo Gnu/Linux. 
Dean Henrichsmeyer, VP of Engineering di Canonical, ha dichiarato che «la collaborazione con Lenovo consente alle aziende di fornire ai propri dipendenti la garanzia di stabilità a lungo termine, maggiore sicurezza e una gestione IT semplificata».
Non è la prima volta che una Majors prova a lanciare sul mercato un computer con preinstallato Gnu/Linux. Alcuni anni fa ci aveva provato HP, con scarso successo. Qualche anno prima vi si era cimentata anche Ausus (e Acer) con il netbook eeepc, con preinstallato Xandros e Meego, ma anche in questo caso qualcosa non andò per il verso giusto e il prodotto non riscosse l’approvazione del pubblico.
Dopo le tensioni commerciali tra Usa e Cina, che hanno riguardato il Sistema operativo per smartphone Android, e il recente conflitto che ha visto come protagonisti TikTok e WeChat, lo scenario è molto cambiato. 
La stessa Huawei, interessata dal conflitto, il 24 maggio 2019 ha depositato presso l’EUIPO (European Intellectual Proporty Office) la domanda 018070796 per il Trade Mark «Ark OS™», e la domanda 018070797 per il Trade Mark «Huawei Ark OS™». Nel caso il conflitto dovesse degenerare Huawei ha pronto un nuovo sistema Operativo (OS) che si chiamerà «Ark OS™», oppure «Huawei Ark OS™».
Siamo alle schermaglie iniziali di una guerra commerciale che riserverà sicuramente delle sorprese.
Per quanto riguarda il software di base (sistema operativo) i cinesi non sono in grado oggi di fornire una valida alternativa alle soluzioni occidentali. Il problema non riguarda soltanto la scrittura di un sistema autonomo. Impresa che i cinesi potrebbero anche essere in grado di affrontare da soli. 
Un sistema operativo agisce come una valuta o come una lingua franca. Per funzionare deve imporsi come strumento dominante nelle transazioni globali. Non è sufficiente che il sistema funzioni, è necessario che esso diventi il sistema accettato come standard (dollar standard) nelle transazioni globali. È necessario che esso diventi la lingua comune con la quale rammendiamo i  frammenti della nostra quotidianità. E non è detto che i cinesi non riescano a fare con l’inglese ciò che i romani fecero con il greco.
 

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