Il discorso di Putin e il rischio Terza Guerra mondiale

Il discorso di Putin e il rischio Terza Guerra mondiale

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Il discorso alla nazione di Vladimir Putin ha avuto grande eco internazionale, in particolare per la sua dichiarazione: “Spero che nessuno si sia messo in testa l’idea di attraversare la cosiddetta linea rossa della Russia”, perché se ciò accadesse “chi organizzerà una qualsiasi provocazione che minacci gli interessi fondamentali della nostra sicurezza rimpiangerà le proprie azioni più di quanto si sia mai pentito di altro in passato”.

Toni duri, ma forse eviteranno l’escalation

Toni duri, ma forse eviteranno il peggio, dato che chiarisce che, se la Nato dovesse appoggiare un attacco dell’esercito ucraino nel Donbass, sarà la Terza Guerra mondiale, cosa peraltro ovvia ma non chiara a certi ambiti, americani e non, che spingono per un redde rationem in Ucraina.

Semplicemente non si può fare: tutto qui. Tale realismo da tempo ormai latita nella politica internazionale, e sarebbe ora che torni a innervare i rapporti tra potenze. Il rischio di una catastrofe, in caso contrario, è alto.

D’altronde il dispiegamento dell’esercito russo a ridosso del Donbass non lasciava dubbi in proposito.

Al di là delle opposte propagande, con la Russia che la definiva un’esercitazione di routine e i suoi antagonisti che l’accusavano di voler invadere l’Ucraina, non potevano esserci dubbi sul fatto che in caso di un nuovo conflitto in Ucraina, la Russia non si sarebbe limitata, come nel 2014, a un supporto esterno ai ribelli  – che il rafforzamento di Kiev rende perdente -, ma sarebbe intervenuta direttamente.

L’invasione russa?

Quanto agli asseriti progetti di un’invasione russa dell’Ucraina, sono anch’essi un parto propagandistico: Mosca sa bene che in caso di un’invasione ne uscirebbe incenerita.

Ha imparato sulla sua pelle la lezione dell’Afghanistan e sa perfettamente che un conto è vincere una guerra, un conto è controllare un Paese con i suoi nemici ad armare la guerriglia (in Afghanistan erano i mujiaiddin, leggi al Qaeda, qui sarebbero i patrioti ucraini). A Putin può esser accreditato di tutto, ma neanche i suoi più acerrimi nemici lo ritengono tanto stupido.

Gli basta conservare l’influenza di Mosca sul Donbass, anzi gli è necessario, dato che paventa che la Nato piazzi i suoi missili a ridosso della frontiera russo-ucraina o la usi per infiltrarsi in Russia, cose che non può permettere che accadano. Linee rosse, appunto.

Biden è consapevole del pericolo, tanto che la scorsa settimana ha tentato in tutti i modi di rassicurare il suo omologo russo che non ha alcuna intenzione di iniziare una guerra. Ma è debole e gli ambiti che premono per una politica più dura verso Mosca sono potenti.

Kipling, la tigre e gli sciacalli

Detto questo, il discorso di Putin, pur se duro nei toni e nella sostanza, non intendeva essere minaccioso. Alla politica estera ha dedicato poco spazio, essendo concentrato sulle difficoltà della sua nazione, flagellata dal virus come il resto del mondo.

Quando ha virato sulla politica internazionale, ha affermato che la Russia intende avere un rapporto non conflittuale col resto del mondo, anche se ormai, a suo dire, attaccare la Russia è diventato “uno sport”.

“In tali circostanze – ha aggiunto – ci comportiamo in modo molto sobrio, possiamo dire quasi modestamente, spesso non rispondiamo non solo ad azioni ostili, ma anche a una vera e propria maleducazione”.

E ha descritto l’ostilità diffusa in tanti Paesi contro la Russia usando Kipling: attorno a Sher Khan si agitano tanti Tabaquis, lo sciacallo che viveva all’ombra della tigre, “la imitano per assicurarsi il favore del sovrano”.

I russi: “Non stiamo scherzando”

Diretto e duro, come purtroppo diretto e duro è il confronto Est – Ovest, che ha perso la lucidità che abitava la Guerra Fredda, durante la quale le due superpotenze avevano ben presenti le linee rosse altrui ed evitavano non solo di superarle, ma anche di dare all’avversario l’idea che potessero farlo.

E però, forse, potrebbe sortire un effetto calmierante su una situazione sempre più allarmante. Così conclude una nota del New York Times sul discorso del presidente russo:  il messaggio “è stato un forte avvertimento, ha affermato Andrei A. Klimov, vicepresidente della Commissione per gli affari Esteri al Senato russo.

“Non stiamo più scherzando, ha detto Klimov. Non staremo a dire tutti i giorni ai nostri avversari che subiranno conseguenze. Ma quando avverrà, capiranno”.

L’improbabile proposta di Zelensky

Il presidente ucraino Volodimir Zelensky sembra aver compreso la gravità della situazione e ha chiesto di incontrare Putin nel Donbass. Richiesta ovviamente rifiutata perché mancano i “prerequisiti”.

D’altronde la proposta era bizzarra: il Donbass è pieno di armi, armati, infiltrati. Immaginare che Putin si addentrasse in un simile ginepraio, mettendo a rischio la propria incolumità, è fuori dalla realtà.

Il vertice sul clima: un momento di respiro

Detto questo, esistono altri modi per dialogare, oggi che va di moda il digitale… Proprio questo mezzo dovrebbe permettere il primo incontro virtuale tra i leader delle tre potenze, dato che Biden ha invitato al vertice sul clima Putin e Xi Jinping.

Questo il titolo che dedica  al summit il Washington Post: “Il vertice di Biden sul clima offre un raro ‘respiro’ con Putin in mezzo alle crescenti conflittualità”.

Un respiro a due polmoni, ché le tensioni Usa-Cina non sono da meno. Di ieri la nota del generale David Berger, a capo della Marina degli Stati Uniti, nella quale annuncia il nuovo modo di approccio al Dragone, per “prepararsi al conflitto con la Cina” (Washington Times). Si spera che il summit sul clima sia foriero di un momento di lucidità.

 

Ps. Il ministero degli Esteri russo ha sollecitato l’ambasciatore americano a Mosca, John Sullivan, a tornare in patria per “consultazioni“. Richiesta strana. Probabile sia latore di un messaggio personale di Putin a Biden.

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