Il NYT evoca la crisi di Cuba e manda un "pizzino" chiaro a Kiev

Il NYT evoca la crisi di Cuba e manda un "pizzino" chiaro a Kiev

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Sul New York Times Michael Dobbs traccia un parallelo tra la crisi cubana e quella attuale, dal momento che anche la criticità ucraina rischia di debordare, innescando un conflitto nucleare. Nella nota, Dobbs racconta di aver studiato per giorni quella lontana crisi scoprendo che andò fuori controllo per una mancanza di gestione degli avvenimenti.

Sia Kennedy che Krusciov, infatti, erano ignari di alcune operazioni che inasprirono le asperità, rischiando lo scontro diretto tra le due potenze.

Infatti, scrive Dobbs,”ci sono stati momenti in cui entrambi i leader non erano a conoscenza degli sviluppi sul campo di battaglia che assumevano una logica e uno slancio propri”.


Gli errori della crisi cubana

“Krusciov non autorizzò mai l’abbattimento di un aereo spia americano U-2 su Cuba da parte di un missile sovietico il 27 ottobre 1962, il giorno più pericoloso della crisi. E Kennedy non sapeva che un altro U-2 si era smarrito nello spazio aereo russo lo stesso giorno, innescando le difese aeree sovietiche. ‘C’è sempre qualche figlio di puttana che non capisce’, disse più tardi”.

“[…] Sebbene la guerra in Ucraina sia ovviamente diversa dalla crisi dei missili cubani, non è difficile immaginare fallimenti ed errori di calcolo simili. Un proiettile vagante sparato da una delle due parti in conflitto potrebbe causare un incidente in una centrale nucleare, diffondendo ricadute radioattive su gran parte dell’Europa”.

“Un tentativo pasticciato da parte della Russia di intercettare le forniture militari occidentali all’Ucraina potrebbe avvenire in paesi della NATO come la Polonia, innescando una risposta automatica degli Stati Uniti. La decisione russa di utilizzare armi nucleari tattiche contro le truppe ucraine potrebbe degenerare in un vero e proprio scambio nucleare con gli Stati Uniti”.

“Mentre la comunità dell’intelligence statunitense ha ottenuto successi impressionanti in Ucraina […] la crisi del 1962 dovrebbe ricordare i limiti della raccolta di informazioni”.

“Kennedy fu informato tardivamente del dispiegamento di missili sovietici a medio raggio a Cuba e fu lasciato all’oscuro di altre questioni altrettanto importanti. Non era a conoscenza, ad esempio, della presenza di quasi 100 missili nucleari tattici sovietici a Cuba mirati alla base navale di Guantánamo e di una potenziale forza d’invasione americana. La CIA ha sottovalutato la forza delle truppe sovietiche sull’isola e non è stata in grado di tracciare il movimento di nessuna delle testate nucleari”.

“Ciò che sia Kennedy che Krusciov possedevano era una comprensione intuitiva del pericolo che avrebbero dovuto affrontare non solo i loro paesi ma il mondo intero se alla crisi fosse stato permesso di degenerare. Ecco perché hanno mantenuto un canale secondario per comunicare tra loro in privato (tramite il fratello del presidente, il procuratore generale Robert Kennedy, e l’ambasciatore sovietico a Washington, Anatoly Dobrynin) anche se pubblicamente si accusavano aspramente”.

“Ed è anche il motivo per cui hanno agito rapidamente per raggiungere un accordo di compromesso (mantenuto segreto per decenni) che prevedeva lo smantellamento dei missili statunitensi a medio raggio in Turchia in cambio di un ritiro nucleare sovietico da Cuba”.

A complicare la situazione attuale è anche la velocità con la quale viaggiano le informazioni. Infatti, continua Dobbs “le notizie dal campo di battaglia arrivano quasi istantaneamente, facendo pressione sui leader politici affinché prendano decisioni affrettate. Il presidente degli Stati Uniti non ha più il lusso di cui godette Kennedy nell’ottobre 1962 di prendersi sei giorni per considerare la sua risposta alla scoperta dei missili nucleari sovietici a Cuba”.

Il pizzino a Kiev e il messaggio al presidente

“[…] La fase più pericolosa della crisi dei missili cubani – conclude Dobbs – è durata appena 13 giorni; ora siamo già all’ottavo mese di guerra in Ucraina, senza una fine in vista. Più a lungo questa si trascina, maggiore è la minaccia di qualche terribile errore di calcolo”.

L’interesse per questo articolo è duplice. Anzitutto perché riecheggia un altro articolo simile – sempre sulla necessità di sbrogliare l’attuale crisi al modo di quella cubana – pubblicato sul Washington Post alcuni giorni fa a firma di David Ignatius.

Non si tratta dunque, di una delle tante opinioni che circolano intorno alla guerra ucraina. La reiterazione della tematica, infatti, fa presumere che ci sia parte importante dell’establishment Usa che preme per evitare che in Ucraina si prosegua sulla via dell’escalation e anzi, addirittura, a stare a quanto fa balenare implicitamente Dobbs, perché si trovi presto un compromesso con la controparte (i cui frutti, magari, rimarranno celati per un po’ di tempo).

Il secondo motivo di interesse è legato al primo ed è che non appare affatto casuale che questo articolo sia stato pubblicato nel giorno in cui lo stesso giornale ha rivelato che a uccidere Daria Dugina, figlia del più importante ideologo russo, è stata l’Ucraina, contraddicendo di netto la propaganda che addossava ai russi la responsabilità dell’accaduto e mettendo in serio imbarazzo Kiev (vedi nota precedente).

Nello stesso giorno, quindi, il NYT manda un pizzino all’alleato perché si dia una calmata e fa una richiesta urgente all’amministrazione Usa perché si risolva a trovare un modo per gestire il conflitto attraverso un dialogo con Mosca. Ed  eventualmente anche a trovare un compromesso per chiudere questa maledetta guerra.

Se si tiene presente che il NYT è il giornale di riferimento dei democratici, partito che, almeno formalmente, governa l’America, si può intuire l’importanza del duplice messaggio. Vedremo.


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