Intervista all'analista politico Shura Rosero sulle elezioni in Ecuador

Intervista all'analista politico Shura Rosero sulle elezioni in Ecuador

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di Davide Matrone

 

Qual è la tua analisi sul voto dell’11 aprile?

Il risultato è stato davvero contundente. La destra ha vinto in modo spaventoso con 5 punti di differenza. Già venivamo da un governo di destra con Lenin Moreno e con questo risultato ci sarà continuità con il sistema neoliberista

Quali sono i fattori che determinano questa situazione?

In primis, uno spostamento dei voti. I voti di Arauz si concentrano nella costa, nei settori più colpiti durante la pandemia nel periodo 2019-2020 dove risiede una massa votante importante e grande. Nella zona interna, il voto della destra si concentra nella cordigliera centrale, nella capitale Quito ed anche nell’Amazzonia. Questa divisione dei voti si spiega in base a due ragioni storiche.

La prima è il consenso della classe media della capitale che ha un discorso sostanzialmente razzista e strutturalmente anti-progressista basato nel timore ed odio verso Rafael Correa e verso una possibilità di equità tra le classi sociali. L’altro fattore è il voto indirizzato al candidato Yaku Pérez. Quest’ultimo insieme a Lasso hanno provato ad unirsi varie volte nel passato.

Analizziamo il voto nullo?

Il voto nullo ha raggiunto 1.676.000 voti (16%), l’astensione 1.500.000 voti (15%) e 170 mila schede bianche (5%). In sostanza ci sono tre milioni e mezzo di voti “persi” che hanno giocato un ruolo chiave nel risultato finale. Yaku Pérez ha fatto pubblicamente una campagna enorme per il voto nullo chiudendo qualsiasi possibilità di creare un consenso al candidato della sinistra da una prospettiva che io denomino del ‘conservadurismo ancestrale’. Tuttavia, non tutto il voto nullo viene da Yaku Pérez. Se osserviamo le cifre, un importante quantità di questo voto un 15-20% va verso Lasso ed un altro 80% dell’elettorato di Hervas passa alla destra. Nelle condizioni attuali questo dà una grande leggittimità alla destra di poter governare per i prossimi 4 anni e continuare con il progetto neoliberista: tagli alla spesa sociale, riduzione dello Stato, articolazione di un forte apparato di modello estrattivista e soprattutto la possibilità grande di costruire un’egemonia ideologica e culturale in base al clientelismo. Di fronte a questo scenario, i prossimi 4 anni saranno molto difficili per il popolo e per il paese senza possibilità di dialogo.

Fino a qualche giorno prima delle elezioni, la maggior parte dei sondaggi davano Arauz vincitore. Poi ha vinto Lasso. Cosa è successo?

Penso che la vittoria di Lasso si basi su vari fattori certi. Il primo, quello di aver rincorso i giovani. L’altro è stato quello di aver chiuso l’alleanza con Hervas che al primo turno aveva conquistato un 15% che è un risultato enorme per un out-sider della politica. Quest’ultimo articola la votazione in base alla rete sociale, dell’uso di Tik Tok e del voto giovanile che sposta per la maggior parte verso Lasso. Quindi c’è un gran impatto delle alleanze create da Lasso.

A questo si aggiunge la strategia di Duran Barba che è stato intelligente a posizionare dei discorsi come “Andres no mientes otra vez” (Andres non mentire nuovamente) e del pericolo di Correa.





Cosa non ha funzionato nella campagna politica di Andres Arauz?

Secondo me, Arauz, pur avendo molti argomenti per ridimensionare il banchiere, è mancato di convizione nel discorso senza incidere ed approfittarne realmente. Dalla sua aveva una serie di argomenti come: il presunto finanziamento di Lasso a una setta accusata di pedofilia, i paradisi fiscali del banchiere in alcuni paesi del mondo, le imprese fantasma negli USA, la vicinanza con l’OPUS DEI e la visione anti-diritti sociali, la volontà politica di privatizzare ancor di più l’educazione e la salute. Tutti questi argomenti non sono stati trattati nella campagna, anzi è stata una campagna senza unità e molto conservatrice, quella di Arauz. Inoltre, il voto duro del ‘Correismo’ è indirizzato a Correa. Andrés Arauz ha contribuito poco per far aumentare questa percentuale. C’è stata una faglia nella comunicazione politica e nella strategia.

Facciamo una critica alla sinistra. Al nuovo riposizionamento all’interno dello scacchiere politico. Alla nuova strategia politica da adottare. Cosa prevedi?

Innanzitutto la figura e lidership di Andrés Arauz termina qui. Stiamo assistendo a una tragedia della sinistra ecuadoriana. Ho l’esperienza di quanto accadde con il movimento indigeno durante il periodo di Lucio Gutiérrez che si alleò con gli indigeni facendoli indietreggiare di decenni. Ricordiamo che nel decennio ’90 il movimento indigeno dell’Ecuador era il più potente d’America Latina. Penso che, gli indigeni, abbiano commesso lo stesso errore però questa volta facendo un calcolo da una posizione di forza cioé, pensando che avrebbe vinto Arauz e pertanto la loro stategia era quella dell’accumulazione di capitale politico per poi negoziare da una posizione di potere. Tuttavia, con il trionfo di Lasso è cambiato tutto radicalmente. Ora non c’è possibilità di accumulazione politica dei settori popolari per due ragioni fondamentali: per la divisione, per l’ostilità creatasi tra i ‘correisti’ e il movimento indigeno e per alcuni suoi dirigenti come Yaku Pérez che ammicca sempre alla destra e dall’altro lato l’enorme sfiducia e il timore verso Rafael Correa, esagerata a mio avviso, e creata da una struttura comunicativa. Questi elementi non permetteranno di creare spazi di riconciliazione. Di fronte a questo scenario, ci sono due opzioni: una ritirata tattica, cioè attendere che questo si affievolisca da solo o la rincofigurazione di una serie d’alleanze, molto difficili a mio avviso, tra il correismo e una parte della CONAIE e non con Pachakutik che è l’ala più conservatrice del movimento indigeno. Io vedo una totale egemonia della destra anche perché nessuno è disposto a ripetere un altro ottobre, nemmeno gli stessi che dicono di scendere in piazza. C’è una forza politica legittimata in democrazia, c’è un apparato militare e poliziesco impressionante con una chiara ideologia reazionaria e c’è tutto il mondo imprenditoriale unito. Non c’è nessuna possibilità di fare solletico al potere in questa fase di congiuntura.

Siamo solo all’inizio. Penso che quest’egemonia durerà per un decennio. La destra vincerà anche alle prossime elezioni comunali e regionali. Cosa ne pensi?

Sí! Penso che ci sia un’agenda ben costruita ed un discorso egemonico molto bene pianificato che ha infiltrato il movimento indigeno come si fece ai tempi di Lucio Gutiérrez. Il discorso di Pérez è reazionario, si articola di forma clientelare. Io penso che la destra nei prossimi anni avanzerà senza ostacoli soprattutto nelle regioni con maggior incidenza urbana.

Un altro elemento d’analisi è il ridimensionamento del leader indigeno Leonidas Iza che oggi è minoranza all’interno del movimento. Qual è la tua analisi?

Iza ha commesso vari errori. Per me Vargas è stato molto più intelligente perché, nonostante le tensioni con il correismo, ha appoggiato ad Arauz. Il suo appoggio è una prospettiva strategica. Secondo me anche Iza avrebbe potuto farlo portando altri voti alla sinistra e mettendo in difficoltà il discorso di Yaku Pérez. Iza non l’ha fatto, non ha osato con la preoccupazione di proteggere il suo capitale politico che oggi è minimo e non può nemmeno utilizzarlo alle prossime elezioni interne della Conaie nel mese di maggio. Pérez è il grande vincitore, è riuscito a buttare giù il correismo mediante un’alleanza tacita con Lasso e dall’altro lato ha distrutto i due contendenti più efficaci: Iza e Vargas. Con questa situazione Yaku Pérez ha oggi l’egemonia all’interno della CONAIE e quindi potrà negoziare un’alleanza con il governo di Lasso.

Siamo sicuri che la destra oligarchica sia disposta a questa alleanza. In che forma si farà? E cosa succederà con quest’alleanza?

La destra oligarchica non negozia facilmente con il movimento indigeno. Forse concederà qualcosa: il Ministero dell’Ambiente, qualche Segreteria della Mineria e dell’Acqua, ma in realtà non molto. Nel frattempo, il movimento indigeno continuerà con il suo discorso anti-correista che leggitimerà un’allenza con la destra sotto una dinamica clientelare e non ideologica. Quindi Pachakutik fa un doppio gioco: vota nullo però poi patta con la destra di Lasso. Il grande sconfitto è il popolo ecuadoriano e soprattutto i settori popolari con le politiche neoliberiste. Inoltre, con poca capacità organizzativa della sinistra che indietreggia di due decenni, al decennio ’90, non si riuscirà a scalfire il potere. C’è una classe media indebitata che ha puntato su Lasso per il timore esagerato costruito contro Correa che, restando in Belgio, gli consente di esistere nella realtà simbolica ma non in quella reale. Si accellererà un neoliberismo senza ostacoli. Non ci sono possibilità di vittorie contro l’egemonia della destra.

La composizione dell’Assemblea. Come vedi queste alleanze all’interno del Parlamento?

Durante il governo Moreno ha funzionato molto bene l’apparato clientelare che continuerà, a mio avviso, con Lasso e sarà ancor più effettivo soprattutto dai territori per articolare le votazioni nel Parlamento. Pachakutik si allea con la Sinistra Democratica che è centro/destra e che rappresenta la cerniera con Lasso e il Partito Social Cristiano. Pachakutik fa un doppio gioco: allearsi con la presunta sinistra (Sinistra Democratica) per poi dialogare e contrattare politicamente con la destra. In definitiva, c’è una grande egemonia della destra nell’Assemblea. I 49 parlmentari dell’UNES restano soli e isolati di fronte al gioco degli altri partiti che si uniscono. A questo aggiungiamo il timore alla persecuzione che renderà inerte l’opposizione della flotta parlamentare di Arauz.

Le leggi che verranno messe in atto nei prossimi anni saranno: privatizzazione della Banca Centrale, liberalizzazione del capitale e dei tassi d’interesse, uscita libera di capitali e incremento di privatizzazione del campo della salute, dell’educazione, del lavoro che genereranno una crisi strutturale molto grave. È ritornata già da tempo la lunga notte neoliberista in Ecuador.

 

Suhra Rosero è un analista politico dell’Università Centrale dell’Ecuador

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