L'isteria "progressista" di chi si definisce liberal

L'isteria "progressista" di chi si definisce liberal

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Una forma di esasperata isteria si è impossessata della discussione pubblica in Italia. Si manifesta in diverse forme, talvolta con aria progressista, per intimare, vietare, obbligare e in definitiva conformare i comportamenti pubblici a un'unica e inemendabile morale. Chi si trae fuori perde lo statuto di persona civile.
 
L'apice di questo fanatismo si è manifestato nelle scorse ore dopo gli attacchi alle persone di nazionalità russa presenti in Italia. La vittima più illustre è il direttore della Scala di Milano, Valerij Gergiev, a cui il sindaco Sala ha ordinato di condannare pubblicamente il suo paese. Altri attacchi sono stati lanciati contro alcuni giornalisti e persino degli sportivi, colpevoli di essere russi o di aver espresso in passato qualche apprezzamento verso Putin.
 
L'aspetto più sconcertante è che i paladini di quest'ultima deriva del politicamente corretto si definiscono liberali. Si tratta di liberali che si comportano da illiberali, progressisti che parlano da reazionari, pacifisti che applaudono a Ursula Von Der Leyen quando, alla vigilia delle prime trattative di pace, promette che la Nato si estenderà in Ucraina.
 
Tra quattro giorni verrà celebrato il centenario di Pasolini e forse dovremmo ricordarci che nei suoi ultimi scritti affermava che il nuovo fascismo avrebbe assunto pose progressiste, tolleranti e nondimeno repressive e violente.
 

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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