PD: difesa dei “diritti umani” in Russia e aggressione ai diritti sociali in patria

PD: difesa dei “diritti umani” in Russia e aggressione ai diritti sociali in patria

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di Fabrizio Poggi
 

La “difesa dei diritti umani” è una nobile causa; e infatti, in vista del viaggio di Giuseppe Conte a Mosca, il “Pd chiede al Presidente del Consiglio almeno di non rinunciare a fare sentire la nostra voce” in materia. Potrà cosi controbilanciare il pericolosissimo “sbilanciarsi verso Mosca” dell'attuale esecutivo, che sta “accantonando il tradizionale europeismo e atlantismo dell’Italia”.


Il PD è proprio ossessionato dal fantomatico, e nemmeno appena appena percepibile agli occhi mortali, abbandono del “tradizionale europeismo e atlantismo dell’Italia” da parte di un esecutivo giallo-razzista che, secondo i novelli padri pellegrini di Sant'Andrea alle Fratte, rischia di far fare all'Italia la fine dell'ebreo francese all'apparizione della madonna, con la differenza che invece di gridare “sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano”, i nostri social-devoti si troverebbero a urlare “siamo caduti obamiani e ci rialziamo putiniani”. Davvero un incubo, quello che non fa dormire il PD, sulla favola dei “fascio-razzisti amici di Mosca”; di quella Mosca che è andata a cercarsi le sanzioni occidentali, per “il mancato rispetto degli accordi di Minsk dopo l’invasione russa della Crimea”... il “mancato rispetto degli accordi di Minsk dopo l’invasione russa della Crimea”?!? Ma sanno i liberal-frattiani di cosa scrivono, oppure pensano di giocare a mosca cieca coi lettori? Quella decina di parole gettate alla rinfusa somigliano più a un intruglio di nodi marinari diversi, per sciogliere i quali non si da che parte rifarsi. Solo dei contorsionisti possono cercare di intrecciare “l'invasione russa della Crimea”, con gli accordi di Minsk sul Donbass, il cui “mancato rispetto”, sia detto di sfuggita, solo mentendo sapendo di mentire può essere attribuito a qualcun altro che non siano i nazigolpisti ucraini, così cari ai demo-majdaniani del PD. Un guazzabuglio questo, che del resto fa il paio con la pretesa di convincere noi poveri beoti che “le sanzioni non colpiscono aziende italiane, il cui export verso la Russia negli ultimi due anni è aumentato del 15 per cento”. Nella loro frenesia social-patriottica, i social-interclassisti del PD evitano di dire che gli interessi di cui i “fascio-razzisti amici di Mosca” sono portatori, riguardano quei settori della piccola e media industria che davvero è rimasta a bocca asciutta negli affari con l'oligarchia industrial-finanziaria del capitale russo, mentre i grossi gruppi industriali, stabilitisi nella ex URSS sessant'anni fa, stanno bellamente incrementando oggi i propri profitti nella Russia oligarchica.


Troppe le furfanterie, di contenuto e di forma, stivate in un solo componimento demo-trilaterale, per smontarle una per una. Forse era proprio questo lo scopo de “L'Editoriale/2” dei demo-atlantici: sproloquiare su tutto per non spiegare un bel niente; dalle “delicate relazioni con gli alleati europei e atlantici”, alle previsioni sullo “spirito” con cui Conte “intende soggiornare alla corte di Putin”. In compenso, ecco l'afflato “umanitario” con cui chiedono al Presidente del Consiglio “di non rinunciare a fare sentire la nostra voce in difesa dei diritti umani … a riprova del nostro tradizionale impegno nella protezione e promozione dei diritti fondamentali nel mondo”. E, a riprova di cotanto amore cristiano, ricordano che “quando il premier Matteo Renzi volò a Mosca nel 2015, portò i fiori sulla tomba di Boris Nemtsov, leader delle opposizioni” e se ne deduce quindi che oggi Conte dovrebbe portare almeno un cesto di arance ai “94 cittadini ucraini in carcere tra cui Oleg Sentsov, regista e scrittore ucraino, condannati con processi ingiusti basati su accuse fittizie”.


Poiché, lo confessiamo onestamente, il fatto ci sfugge, vorremmo chiedere ai demo-nemtsoviani, se il “premier” (ma, in Italia, c'è già il premierato?) che “volò a Mosca nel 2015” abbia portato fiori anche al campo sportivo di “Krasnaja Presnja”, dove, nell'ottobre 1993, i golpisti eltsiniani fucilarono centinaia di difensori del Soviet supremo russo, arresisi dopo il criminale cannoneggiamento del 3 e 4 ottobre, mettendo in pratica proprio l'infamia di quel “leader delle opposizioni” che incitava il Primo ministro Viktor ?ernomyrdin con “Finiteli, finiteli; non c'è più tempo. Fateli fuori tutti”. Tanto per mettere alcuni (pochissimi) puntini, ricordiamo di passaggio che all'indomani dell'omicidio di colui che non era più leader di nulla (le stessi opposizioni liberali lo avevano scaricato) se non di se stesso, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale USA Zbigniew Brzezinski esortava a cercare all'estero i responsabili; uno dei padri della “reaganomics”, Paul Craig Roberts puntava il dito su CIA o nazionalisti russi e addirittura qualcuno tra i più stretti amici di Nemtsov accusava il SBU ucraino, con cui l'ucciso aveva rapporti da lunga data; e nella stessa direzione andavano anche le conclusioni del gruppo “Ost-Objektiv”, composto da ex alti funzionari dei Servizi tedeschi e austriaci (nel caso specifico, consultatitisi anche con investigatori norvegesi, danesi e ucraini), secondo cui il SBU, con il delitto, contava di provocare incidenti a Mosca.


Quanto al “martire” Oleg Sentsov, che il Parlamento Europeo ha inserito nella lista dei papabili per il “premio Sakharov” (nel 2017 attribuito, con enorme gioia dei demo-fascisti nostrani alla “opposizione democratica” venezuelana: “e ho detto tutto” avrebbe sospirato Peppino): è stato condannato a 20 anni per formazione di cellula terroristica e organizzazione di due attentati, dopo che il gruppo da lui messo in piedi aveva compiuto due attentati a Simferopoli. In Italia si anticipa forse l'età pensionabile agli accusati di reati simili?


Insieme ai “94 ucraini”, si ricorderanno i demo-martiri nostrani dell'aviatore russo Konstantin Jaroshenko che, detenuto in USA con l'accusa di “contrabbando di stupefacenti” e sempre dichiaratosi estraneo al fatto, ha potuto incontrare in prigione la famiglia per la prima volta dopo sette anni? Oppure, provvederanno a “far sentire la nostra voce” l'ennesima volta che si recheranno “alla corte” del golpista Poroshenko, a proposito della sorte del direttore del portale RIA Novosti-Ucraina, Kirill Vyšinskij, rimasto detenuto per mesi e mesi nelle prigioni di Kiev per la sua attività giornalistica? Un giornalista, del resto, cui è andata molto meglio che, ad esempio, al giornalista ucraino Oles Buzina, freddato sulla porta di casa dai nazisti di Kiev nel 2015, o ai tanti politici e giornalisti ucraini “suicidati” dal regime golpista. Avranno fatto “sentire la nostra voce” la signora Boldrini “alla corte” del nazista speaker della Rada Andrej Parubij o il majdanista Gianni Pittella, per la sorte delle centinaia di civili imprigionati e torturati dai soldati di Kiev, perché sospettati di simpatie per le Repubbliche popolari del Donbass? O delle decine e decine di intellettuali, giornalisti e semplici cittadini, arrestati e detenuti nelle prigioni ucraine a partire dal golpe del febbraio 2014, per non parlare dei politici e dei giornalisti assassinati dalle squadre neonaziste. Sorge il dubbio che il PD esorti invece Giuseppe Conte a dialogare con il liberale cattedratico russo Aleksandr Sytin, che in diretta TV si era detto dispiaciuto che anche a Donetsk e a Lugansk non si fosse ripetuto un altro “2 maggio 2014”, con le decine di attivisti bruciati vivi dai neonazisti alla Casa dei sindacati di Odessa! A proposito di “diritti umani”, non appena un esponente PD si recherà a Kiev, farà “sentire la nostra voce” per la privazione del diritto di voto a quegli abitanti del Donbass trasferitisi in Ucraina; per il terrorismo contro i civili del Donbass e della Crimea, cui Kiev blocca regolarmente l’erogazione di acqua, energia elettrica e gas; per la crescente eroicizzazione degli ex nazisti ucraini? Ricorderà a Kiev la denuncia ONU sulle violenze commesse da esercito e battaglioni neonazisti nel 2014 contro quei civili di Ilovajsk, sospettati di simpatie per le milizie popolari e torturati dai neonazisti del battaglione “Donbass”? Chissà se l'afflato “umanitario” dei nostrani demo-atlantici giungerà alle orecchie del golpista Petro Poroshenko, che ha dato ordine ai reparti ucraini di colpire il Donbass “con ogni tipo di armamento” o della ex vice Governatore della regione di Odessa, Zoja Kazanzhi che ripete alla TV ucraina le stesse bestemmie del russo Sytin; o sarà udito dal bloger nazista ucraino Svjatoslav Stepkin, che ha auspicato di “spargere napalm” sul Donbass. Faranno sentire la loro voce contro il sito nazista ucraino “Mirotvorets”, che stila liste nere con i nomi di oppositori del regime golpista e anche di politici, giornalisti o semplici cittadini stranieri (per inciso: anche italiani), “colpevoli”, come Oles Buzina, di denunciare il regime banderista di Kiev. 


Si chiederanno notizie del giornalista ucraino Sergej Bliznjuk, che a Borzna, nella regione di Cernigov, un paio di mesi fa, era stato preso a bastonate in testa da una trentina di nazisti di “Azov” e costretto a firmare le proprie dimissioni? Si ricordano i demo-majdanisti del PD, della corrispondente da Kiev del primo canale televisivo russo, Anna Kurbatova, sequestrata mesi fa in strada da agenti del SBU ucraino e tenuta segregata prima di essere espulsa dal paese? E che diranno dei “diritti umani” nel caso delle quotidiane spedizioni squadristiche contro i giornalisti scomodi nell’Ucraina golpista? Si sono ricordati i demo-trilaterali del PD di chiedere che Conte porti “un mazzo di fiori” sulla tomba del musicista Pavel Usanov, morto dopo un mese di coma per le lesioni alla testa causategli da un'aggressione a Mosca, mentre con gli amici stava parlando a favore del Donbass? Sarà il caso che non dimentichino gli oltre duemila (quelli ufficiali) prigionieri politici in Ucraina, sottoposti a torture nelle prigioni segrete del regime nazista, delle loro pessime condizioni di salute per le condizioni di detenzione: già due anni fa erano cinque i prigionieri morti nelle carceri ucraine in seguito a scioperi della fame. Chiederanno i nostrani fascio-democratici, che siano indette cristiane preghiere per tutti i “suicidati” dal regime ucraino: l'ex procuratore di Odessa, “caduto” dal nono piano della propria abitazione; l'ex governatore di Zaporozhe Aleksandr Peklushenko: “colpo di arma da fuoco al collo”; il deputato del Partito delle Regioni, Stanislav Melnik, anche lui “sparatosi” e l'altro ex deputato dello stesso partito, Mikhail Cecetov, “gettatosi” dal diciassettesimo piano. E ancora l'ex vice capo delle ferrovie ucraine che “si era” sparato; il sindaco e il vice capo della milizia di Melitopol e l'ex governatore della regione di Kharkov “impiccatisi”; la deputata socialista Valentina Samsonenko, uno dei primi “suicidi” politici, nell'estate del 2014: “si era” sparata con ben “due colpi di fucile alla testa”.


La scelta atlantica dei demo-bombardieri che vent'anni fa non esitarono a fare la loro parte nella criminale aggressione alla Jugoslavia (a proposito di Balcani: la cosiddetta “occupazione della Crimea” da parte ddi Mosca scaturisce da un referendum con cui il 97% della popolazione ha chiesto la separazione dall'Ucraina e il ritorno nella compagine russa. L’indipendenza del Kosovo con un “referendum” non era stata forse sponsorizzata e prontamente riconosciuta da tutto l’Occidente?) è chiara da tempo: la “scelta di campo” era stata inaugurata da quell'Enrico Berlinguer che si sentiva al sicuro sotto “l'ombrello protettivo della NATO”.


Ora, le prese di posizione sul rapporto di forze internazionali, che vede l'Alleanza atlantica accerchiare militarmente sempre più da vicino la Russia e minacciare apertamente un conflitto planetario, non inficiano il giudizio sulla realtà sociale interna della Russia eltsinian-putiniana, più di una volta chiarito sulle pagine di questo giornale. Ma che i demo-scudocrociati del PD intendano dar lezioni a qualcuno sui “diritti umani” in giro per il mondo, non fa che confermare la loro natura truffaldina e reazionaria. Fa bene il PD a “difendere i diritti umani” in Russia. Da sempre, tale difesa in giro per il mondo nasconde (e nemmeno tanto bene) il più cinico attacco agli autentici diritti, quelli sociali, contro i quali i liberal-fascisti nostrani si stanno accanendo con particolare violenza da oltre trent'anni. Si ricordano i demo-banchieri dei diritti umani dei milioni di lavoratori lasciati senza lavoro dalle loro scelte padronali, che hanno di fatto favorito lo spostamento a destra di larga parte della media borghesia e anche di alcuni settori popolari?


E' “naturale” che i demo-reazionari parlino di “interesse nazionale” e non si sognino di ricordare che esiste un interesse di classe. Nella guerra di classe ci sono alleati, forze neutrali, avversari che combattono dalla stessa parte della barricata e nemici sul fronte opposto: così come nessun comunista pensa di definire semplicemente “avversari” o, tantomeno, “neutrali” i vertici fascio-razzisti o i socio-acrobati loro complici di governo, è altrettanto difficile annoverare i demo-atlantici tra le prime tre categorie.

 

 

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