Sara Reginella - La pace in Ucraina e il paradosso del "fact-checking"

Sara Reginella - La pace in Ucraina e il paradosso del "fact-checking"

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In questi giorni, ho riguardato più volte il video di Biden che si volta alla sua destra per stringere la mano a un'entità invisibile e quello di Zelensky che, alterato, parla alla videocamera, presumibilmente sotto l'effetto di alcol o stupefacenti. Ho inoltre ascoltato decine di interviste video di ucraini a Mariupol, sopravvissuti agli scontri.

Impossibile non restare scossi dal dolore che trapela dai volti delle persone.

Ma in questa tragedia, la cosa che in parallelo mi colpisce, è la reazione di un numero ancora copioso di persone che si indigna nel sentir nominare la parola "pace".

Risulta chiaro che il programma di brainwashing h. 24, se non bilanciato da un antidoto dialettico fatto di notizie provenienti da altre parti del mondo, conduce a una grave sclerotizzazione delle menti.

Le agenzie di comunicazione che lavorano per governi e presidenti corrotti, al fine di creare l'immaginario mediatico cui dobbiamo credere, lo sanno bene e nel costruire la martellante propaganda fatta di odio, non lasciano scampo, anche a costo di distorcere la realtà con notizie shock che poi si rivelano infondate o non provate.

In guerra purtroppo si muore, ma la strumentalizzazione mediatica volta a generare odio è inammissibile. Così come è inammissibile che i fact-checker, paladini della "verità", siano i primi a diffondere le menzogne, successivamente smentite, cui dobbiamo "credere".

Siamo dentro a un paradosso.

In questo sistema bizzarro, chi invoca la soluzione diplomatica, e quindi la fine degli scontri da entrambe le parti, spesso viene attaccato.

Dunque, non bastano la demenziale volontà di cancellazione del patrimonio culturale russo e il dolore di otto anni di guerra.

L'odio per il mondo russo è talmente forte, che in nome di questo stesso odio, si ritiene lecito sacrificare il popolo ucraino.

Quello che forse non è chiaro, però, è il fatto che se continua l'escalation, il sacrificio sarà richiesto anche al popolo europeo, e non sono così certa che le persone che aggrediscono e sostengono chi vota per l'armamento, sventolando bandiere colorate, in una potenziale escalation siano poi disposte a combattere in prima linea con i propri figli.

Per questo motivo, vorrei ricordare a queste persone che in guerra perderanno i propri cari, perderanno i propri beni, se ne dispongono, le proprie certezze e forse anche la propria vita.

Dunque, è assurdo incitare all'armamento, pensando che negli scontri resteranno coinvolti i soli ucraini, mentre noi resteremo al riparo tra i settori della vile tifoseria.

No, non ha senso.

Perché ogni vita ha valore, la nostra come la loro.

E tra non molto, gli ucraini potremmo essere noi.

Sara Reginella

Sara Reginella

Psicologa a indirizzo clinico e giuridico, psicoterapeuta, regista e autrice di reportage di guerra. I suoi lavori integrano l’interesse per le dinamiche psicologiche con l’attenzione per l’attualità e uno sguardo che mai dimentica le frange socialmente più vulnerabili.

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