Shinzo Abe: l'attentato di Nara porta alla luce inquietudini e timori

Shinzo Abe: l'attentato di Nara porta alla luce inquietudini e timori

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La morte di Abe Shinzo a seguito di un attentato non poteva avvenire in un momento più delicato per l’Asia ed il mondo. Il doveroso cordoglio per la sua tragica fine e le condoglianze alla famiglia non riescono tuttavia a contenere dentro una sfera intima e familiare questa vicenda che indubbiamente ha dei risvolti politici.

A partire dal contesto. La morte per mano di un attentatore proveniente della marina delle forze di autodifesa giapponesi non può non portare alla mente gli attentati politici ad opera di elementi dell’estrema destra negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. E soprattutto, ancora peggio, al conflitto interno alle forze armate che, sempre in quegli anni, portano ad uno scontro tra esercito e marina. O ancora, consolidando una consuetudine nipponica, ad una spaccatura generazionale (gekokujo) tra vecchi generali moderati e giovani ufficiali con forti simpatie fasciste, che mettono in scena assassinii politici.
Forse le indagini porteranno in tutt’altra direzione. Ma è indubbio che l’attentato di Nara porta alla luce inquietudini e timori.

Abe Shinzo muore proprio mentre il blocco dei paesi occidentali (ai quali, in una certa misura, il Giappone “appartiene”) è in pieno confronto con la Russia di Putin, con cui l’allora premier giapponese aveva costruito una relazione stabile, al punto che Putin propose una trattato senza condizioni per la risoluzione delle dispute territoriali.

Ma avviene sopratutto in un una fase nella quale il Giappone è al fianco del blocco occidentale di paesi che sta lavorando per “estendere” la Nato all’Asia-Pacifico e rinsaldare l’alleanza anti-cinese. Proprio lui, nipote di Kishi Nobusuke, il “governatore” del Manchukuo, lo Stato fantoccio giapponese nella Cina nordorientale negli anni '30, nato con l’occupazione dell’Impero nipponico e che fu soprannominato il "Mostro dell'era Sh?wa”. Al termine della guerra fu imprigionato per crimini di guerra “di classe A”, per essere rapidamente liberato dagli americani ad aiutato nella sua ascesa politica. Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Men che meno sui nipoti. Se non fosse che Abe Shinzo non ha mai fatto mistero delle simpatie per la posizioni di destra ed ha sempre militato nelle file della Nippon Kaigi, la corrente ultra-nazionalista del partito. Quelle che negano l’esistenza della prostituzione forzata delle donne cinesi e coreane nella seconda guerra mondiale e l’uomo che ha sempre avuto un legame spirituale e politico molto forte con il Santuario Yasukuni, simbolo dell'imperialismo giapponese perché al suo interno si trovano le urne di diversi leader politici e ufficiali militari sottoposti a processo dopo il secondo conflitto mondiale e condannati da un tribunale internazionale come criminali di guerra.

In questo quadro cupo, ritorna lo spettro dell’estrema destra con simpatie fasciste.
Proprio l’altro giorno, in una conversazione con un giornalista cinese, mi è stata posta una domanda sull’85mo anniversario dello scoppio della guerra sino-giapponese e sul contributo della Cina alla lotta antifascista. Ho risposto pensando al fatto storico, senza pensare ad alcun collegamento con l'attualità (se non ai rischi di guerra). Ma ora questa vicenda mi sbatte in faccia tutte le contraddizioni del nostro tempo, tingendo a tinte fosche il nostro presente.
Alla luce di quanto sta accadendo in queste ore in Giappone, non è sbagliato porsi il problema del contenimento delle spinte belliciste e nazionaliste contemporanee, che possono spingere l’umanità -ancora una volta- nel burrone della storia.

[Qui il pezzettino della mia intervista (in cinese): https://content-static.cctvnews.cctv.com/snow-b…/video.html…]

Francesco Maringiò

Francesco Maringiò

Pubblicista, esperto del mercato cinese e studioso della Cina contemporanea. Autore con Fosco Giannini di La Cina della Nuova Era.

 

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