Ucraina: lo scontro tra escalation e distensione

Ucraina: lo scontro tra escalation e distensione

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Una notizia buona e una cattiva si usa dire, frase utile per descrivere le prospettive aperte in questa fase della guerra ucraina. La prima è l’escalation, la seconda è una finestra di distensione.

Bombe sporche

In questa nota diamo conto della notizia cattiva, che vede la possibilità di un evento catastrofico in Ucraina, ad esempio l’uso di una bomba sporca, come da allarme lanciato dal ministro della Difesa Shoigu nei colloqui telefonici intercorsi con i suoi omologhi di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, che, al solito, hanno ritorto contro la Russia le accuse da questa rivolte alle autorità ucraine.

In alternativa, il disastro potrebbe darsi attraverso la distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovskaya (diventata bersaglio dei missili ucraini), una tragedia della quale sarebbero ovviamente responsabili i russi (d’altronde se sono riusciti ad attribuire a Mosca il sabotaggio del Nord Stream 2…).

Tale evento, reputano i suoi ideatori, darebbe luogo a uno sdegno internazionale che renderebbe impossibile ai Paesi che ancora intrattengono rapporti con Mosca conservarli, ma soprattutto potrebbe giustificare un intervento diretto dei fanti americani nel conflitto.


NATO o intervento internazionale

È quanto ha spiegato all’Express il generale Petraeus, che fu il propugnatore del surge americano nella guerra afghana, riuscendo a piegare il riluttante Obama a tale follia, che peraltro non andò benissimo.

Petraeus ha spiegato che, in caso dell’innesco di incidente di grave portata, gli Stati Uniti potrebbero intervenire in Ucraina anche al di là delle prerogative della Nato, cioè alla guida di una forza internazionale alla quale aderirebbero anche Paesi che non sono membri all’Alleanza Atlantica.

Tale scenario non è affatto aleatorio, come dimostra l’arrivo in Romania della 101ª divisione aviotrasportata dell’esercito americano, schierata nel Vecchio Continente per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale.

Questo “non è un dispiegamento di addestramento”, ha dichiarato il generale John Lubas, vice comandante della divisione, ma piuttosto un “dispiegamento di combattimento”: le sue forze “devono essere pronte a combattere stasera stessa, a seconda di come la situazione si intensificherà oltre il confine”.

Uno scenario oscuro pronto a esplodere, al quale manca solo l’innesco. Ma a tale prospettiva si sta contrapponendo una spinta distensiva (la notizia buona di cui all’incipit). 

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Dopo la cattiva, la buona notizia, cioè diamo conto di una prospettiva distensiva sulla guerra ucraina, che in questo momento si confronta con quella votata all’escalation alla quale abbiamo dedicato la nota pregressa. Di tale prospettiva positiva abbiamo scritto in una nota del 22 ottobre, che sembra trovare conferma in un articolo di Mk Bhadrakumar pubblicato su Indianpunchline.

“È ormai abbastanza chiaro – scrive Bhadrakumar – che è stata la guerra in Ucraina a spingere martedì scorso il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace a Washington per una visita segreta. Wallace ha incontrato il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan e in seguito ha tenuto incontri al Pentagono, al Dipartimento di Stato e alle Agenzie di spionaggio”.

“Sono seguiti due comunicati stampa dell’amministrazione Biden: un comunicato sull’incontro Sullivan-Wallace e una dichiarazione del presidente Biden, centrata sulle dimissioni di Liz Truss da primo ministro del Regno Unito, che riaffermava la sempreverde alleanza anglo-americana. La cosa sorprendente è che nessuno dei due comunicati era particolarmente aggressivo. Eppure, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono ben dentro una guerra che, secondo Biden, si sta avvicinando all’Armageddon”.

Il ritorno dell’asse tra Regno Unito e Stati Uniti

“Al suo ritorno a Londra, Wallace non ha perso tempo e giovedì ha reso una dichiarazione sull’Ucraina alla Camera dei Comuni. Sebbene non fossero direttamente correlate alla sua visita a Washington, le dichiarazioni di Wallace hanno preso le mosse dalle consultazioni con gli alti funzionari statunitensi”.

“Tali dichiarazioni aderivano per lo più alla narrativa trionfalista occidentale sulla guerra in Ucraina”, esaltando le vittorie delle forze di Kiev etc. “Tuttavia, verso la conclusione, Wallace ha bruscamente cambiato rotta, esprimendo apprezzamento per la gestione da parte del ministro della Difesa russo Sergej Shoigu dell’ingaggio ‘potenzialmente pericoloso’ del 29 settembre tra un aereo spia RAF RC-135W Rivet Joint ‘di pattuglia di routine’ sul Mar Nero e due Jet Su-27 russi”, che hanno evitato lo scontro. Wallace ha concluso “sottolineando l’importanza cruciale di mantenere aperte le linee di comunicazione con Mosca”.

“È significativo che il giorno dopo, il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin abbia telefonato a Shoigu, il primo contatto del genere in oltre 5 mesi. Così sembra che Austin e Wallace abbiano un’opinione comune sul fatto che sia giunto il momento di riprendere i rapporti con Mosca“.

“Il comunicato del Pentagono spiegava semplicemente che Austin ‘ha sottolineato [a Shoigu] l’importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione durante la guerra in corso in Ucraina”, con Austin che si è anche preoccupato di informare il suo omologo ucraino Oleksii Reznikov sull’incrollabile sostegno Usa a Kiev, come ribadito anche da un successivo comunicato del Pentagono.

E però, “curiosamente, due giorni dopo, domenica, è stato il turno di Shoigu di fare una telefonata ad Austin. E questa volta, il comunicato del Pentagono ha chiarito che ‘il segretario Austin ha rifiutato qualsiasi pretesto per un’escalation russa e ha riaffermato il valore di una comunicazione continua nel corso della guerra illegale e ingiustificata della Russia contro l’Ucraina’”.

“Dopo un’ora dalla ricezione della telefonata di Shoigu, Austin si è messo in contatto telefonico con Wallace ‘per riaffermare le relazioni di difesa USA-Regno Unito e l’importanza della cooperazione transatlantica. La loro conversazione odierna è stata la continuazione delle conversazioni tenute al Pentagono la scorsa settimana”.

L’ipotesi di un incontro Biden – Putin al G-20

“[…] Presumibilmente, la nebbia della guerra si sta addensando. O, forse, Austin ha sentito puzza di bruciato poiché Shoigu domenica ha telefonato anche ad altre tre capitali della NATO – Parigi, Ankara e Londra – con cui ha parlato del fatto che la situazione in Ucraina ‘si sta rapidamente deteriorando’, con Shoigu che ha espresso ‘preoccupazioni sulle possibili provocazioni dell’Ucraina attraverso l’uso di una ‘bomba sporca’”.

“È importante sottolineare che il comunicato britannico informava che Wallace ha ribadito a Shoigu il ‘desiderio del Regno Unito di ridurre questo conflitto… con il Regno Unito che è pronto ad aiutare'”.

“È ipotizzabile – conclude Bhadrakumar – che tutto ciò possa preludere a un incontro tra il presidente Biden e il presidente Putin a margine del vertice del G20 che si terrà a Bali, in Indonesia, il 15 e 16 novembre”.

A conferma di una possibile interazione positiva tra le due potenze, secondo Bhadrakumar, anche il voto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nel quale Russia e Stati Uniti sono stati concordi nell’inviare un contingente di pace ad Haiti per sedare la situazione fuori controllo (se l’invio di forze sia un bene o un male resta da vedere).

Secondo Bhadrakumar dopo le midterm Biden sarebbe disposto a cambiare politica. Non solo, Bhadrakumar spiega che “quando Shoigu ha menzionato la ‘bomba sporca’ dell’Ucraina a tre ministri della NATO in Europa, stava solo facendo eco a ciò che alcuni americani più prudenti hanno affermato di recente, vale a dire, che l’interesse vitale degli Stati Uniti nell’evitare la guerra con la Russia armata di armi nucleari ‘potrebbe presto scontrarsi con gli obiettivi strategici dell’Ucraina, ovvero il pieno recupero della Crimea e del Donbass’, come ha scritto Patrick Buchanan, influente ideologo del partito Repubblicano, sulla rivista American Conservative“.

Bhadrakumar conclude che tale prospettiva distensiva potrebbe essere solo una tattica per bloccare le operazioni militari e impedire così la controffensiva russa alle porte, in attesa di riaprire il fronte. Ma potrebbe essere anche una reale finestra di opportunità per fermare la guerra (magari solo per poter ricentrare il focus sulla Cina).

I rischi

La prospettiva distensiva qui delineata si scontra con il surge per il quale si stanno agitando i falchi, sul quale abbiamo scritto nella nota pregressa. A tale surge, abbiamo scritto, è necessario un evento catastrofico in Ucraina, tale da innescare un intervento diretto degli Stati Uniti. Tale evento, peraltro, spazzerebbe via ogni possibilità di distensione.

D’altronde, già in due occasioni pregresse la guerra ucraina ha visto finestre di opportunità chiudersi a causa di eventi estremi. È stato così con gli orrori di Bucha, che hanno seppellito gli accordi raggiunti, e non ancora sottoscritti, tra Ucraina e Russia; ed è stato così quando in America si è iniziato a riflettere sull’opportunità di instaurare un canale di dialogo con Putin, ipotesi affondata dall’attentato al ponte di Kerch.

E forse la succitata telefonata di Shoigu ai ministri della Difesa di Gran Bretagna, Francia e Usa serviva proprio a cercare di formare un fronte comune, ovviamente non dichiarabile pubblicamente, per evitare tale disastro.

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