Venezuela, Lácteos Los Andes. Un’operaia contro la corruzione

Venezuela, Lácteos Los Andes. Un’operaia contro la corruzione

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Solo quei giornalisti che vanno in un paese per confermare gli stereotipi imposti dall’ideologia dominante, possono definire il socialismo bolivariano come una “dittatura”. Vuol dire che non hanno mai assistito a una delle tante assemblee popolari, non sono mai andati in una delle comunità che sostengono il “processo” da quasi 23 anni, che agiscono e si organizzano in base al principio di responsabilità condivisa.

Nei dibattiti che hanno per tema lo spinoso problema della corruzione, avrebbero allora sentito levarsi questa esortazione: “Limpieza, limpieza, limpieza popular!” (Pulizia, pulizia, pulizia popolare). Un riferimento che non riguarda l’assenza di misure anti-covid o la rimozione dei rifiuti organici, ma il controllo sociale sui comportamenti dei funzionari pubblici e l’utilizzo delle risorse dello Stato. Una facoltà prevista dalla Ley Orgánica de Contraloría Social, promulgata il 21 dicembre del 2010.

Una legge basata sul principio costituzionale della “corresponsabilità”, che definiste il controllo sociale come “funzione condivisa tra le istanze del Potere Pubblico e i cittadini, cittadine e le organizzazioni del Potere Popolare, per garantire che l’investimento pubblico si realizzi in modo trasparente e efficiente a beneficio degli interessi della società, e che le attività del settore privato non affettino gli interessi collettivi e sociali”. Un principio che regge anche la Legge sulle Comunas e che verrà rafforzato nella Ley Orgánica de Ciudades Comunales, attualmente in discussione nelle comunità, e che deve regolare il funzionamento delle Città Comunali.

In questo contesto può essere compresa la denuncia di Nerenys del Carmen, portavoce del Consiglio Produttivo dei lavoratori e lavoratrici (CPTT) presentata in diretta al presidente della Repubblica durante una conferenza virtuale dedicata all’installazione del Consiglio Presidenziale del governo popolare della classe operaia, dei lavoratori e lavoratrici. La portavoce ha denunciato che in un’importante impresa dello Stato, Lácteos de los Andes, i CPTT “non vengono ascoltati”, e che le proposte per aumentare la produzione non vengono prese in considerazione, né si considerano i contatti con i piccoli produttori e le comunas proposti dai lavoratori a questo fine.

“Che succede a Lácteos Los Andes? Perché non si ascolta la classe operaia?”, ha chiesto il presidente. Quindi, ha ribadito il punto 6 dei 9 contemplati nell’agenda del Consejo Presidencial de Gobierno Popular de la Clase Obrera, che implica la partecipazione dei CPTT in un nuovo modello di gestione, e per questo prevede la designazione di giunte direttive operaie in ogni impresa. Una linea di lavoro, ha ricordato, già indicata 15 anni fa da Hugo Chavez, e sulla quale “non c’è da discutere, solo si tratta di pianificarla bene e metterla in pratica”.

Non è possibile – ha aggiunto il presidente - che “arrivino compagni alla presidenza delle imprese per disconoscere la linea operaia, la linea socialista, e assumano il potere come se fossero capitalisti, o peggio dei capitalisti. Possiamo accettare questo, compagni? La rivoluzione bolivariana ha assunto il potere politico, difeso la patria e sconfitto l’imperialismo e le cospirazioni per dare il potere alla classe operaia e al popolo”.

Quindi, dopo aver chiesto protezione per la lavoratrice, ha ordinato al vicepresidente settoriale per lo Sviluppo Sociale Territoriale, Eduardo Piñate e ad altre autorità preposte, un’inchiesta “entro 48 ore” sull’impresa statale: per ascoltare “tutte le denunce, le critiche e le proposte dei lavoratori”. Il risultato non si è fatto attendere e ha portato all’arresto del presidente di Lácteos Los Andes, il colonnello Luis Piligra, accusato di essere al centro di una rete di corruzione che ha utilizzato l’impresa di Stato per arricchirsi.

“Viveva nel lusso, ostentando il possesso di yacht, aerei privati, macchine di grossa cilindrata, appartamenti, tenute, così come controllava una rete di imprese private intestate a familiari e amici”, ha detto durante una conferenza stampa il Procuratore Generale Tarek William Saab, rivelando che il colonnello era nel mirino della magistratura già da tempo.

L’inchiesta, che ha anche spinto al suicidio un alto dirigente dell’impresa, Reinaldo González, ha suscitato un gran dibattito nel paese. Alcune misure prese dal governo per far fronte alla brutale caduta delle entrate, dovute alle misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo, aprono le porte agli investimenti privati e a una sorta di Nuova Politica Economica, che ricorda la NEP di Lenin, ma in stile bolivariano. Un progetto che mira a risollevare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici attraverso l’aumento della produzione, ma senza snaturare l’essenza del processo bolivariano.

Un percorso che, per questo, implica la partecipazione attiva della classe operaia e dei settori popolari, la cui coscienza e organizzazione ha costituito la principale linea di resistenza all’imperialismo. Il messaggio di Maduro, in questa occasione, è dunque arrivato forte e chiaro: mentre i lavoratori stringono i denti e rinnovano il proprio impegno per la rivoluzione, non sono ammessi i profittatori, meno che meno in questa congiuntura.

Sulla lotta alla corruzione, il presidente ha già indicato una direzione chiara, affiancato da Tarek William Saab, le cui indagini hanno già portato in carcere diversi funzionari di alto livello che si servivano delle imprese pubbliche per fini privati. Una battaglia campale, considerando che, più ricchezza circola in un paese, più la corruzione trova modo di manifestarsi e di incistarsi, riproducendo le disuguaglianze sociali in favore delle elite politiche ed economiche che usufruiscono del desvìo delle risorse pubbliche. E quando la corruzione si generalizza, quando gli interessi privati dei funzionari pubblici confliggono con quelli della società, si delegittima l’intero sistema politico.

Rispetto alla corruzione, anch’essa storicamente determinata, il Venezuela bolivariano non ha termini di paragone con la storia del socialismo dove si sono portate a termine delle rivoluzioni, avendo scelto di convivere con una borghesia aggressiva e rancorosa, che ostenta la propria ricchezza e cerca di imporre il proprio sistema politico con ogni mezzo. Anche a questo proposito, dunque, potrà costituire un laboratorio: per attraversare un’altra volta il fiume, tastando le pietre.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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