L’Euro, si sa, è una costruzione fallimentare che ha provocato solo danni all’Italia e all’Europa, come appare evidente a tutti. Ormai, dirlo non fa più scandalo, come faceva nel 1992 quando i comunisti (Rifondazione) votarono contro il Trattato di Maastricht. Anzi, alcuni opinionisti ci campano sopra e lo annunciano urbi et orbi un giorno sì e l’altro pure. Tra loro, Joseph Stiglitz si distingue come voce molto autorevole nell’economia non certamente eterodossa o, sia mai, marxista.
Proprio per la sua autorevolezza e vista la pubblicazione del suo nuovo libro, Politico.eu ha ospitato un suo articolo su come l’Italia potrebbe uscire dall’Euro, poi ripreso da molte testate. Visto che Stiglitz pretende di passare per persona di sinistra, qual non è, come FGCI vogliamo rapidamente smontare questo articolo ed evitare confusioni ai lettori meno addentro alle cose economiche. Stiglitz è infatti dichiaratamente un liberale, come Oscar Giannini o Berlusconi, che solo nella società schizzata americana può passare come di sinistra.
Andando dunque con ordine, Stiglitz riconosce che l’Euro ha centralizzato la politica monetaria (tasso d’interesse e tasso di cambio), togliendola agli Stati nazionali e portandola da Bankitalia alla BCE. Stiglitz poi attribuisce a ciò i problemi dell’Unione Europea, cosa non vera: i problemi derivano dalle politiche mercantiliste tedesche (compressione dei salari e sistema produttivo rivolto all’esportazioni) che nell’ordine riducono i salari dei lavoratori, distruggono il mercato interno e creano bolle speculative finanziarie (i profitti dei padroni che se li giocano in Borsa). Da questo errore, Stiglitz deriva poi una ipotetica soluzione alla crisi: il fondo di garanzia pan-europeo sui depositi come mossa per prevenire la fuga dei capitali. Però anche questo è fattualmente sbagliato: i capitali in fuga non erano i depositi delle nonnine, ma prestiti interbancari da svariati milioni di Euro che non sono coperti da nessun fondo di garanzia al mondo, né in Germania né in Grecia. In ogni caso, Stiglitz, in parte a ragione, dice che tale fondo di garanzia non si farà mai per l’opposizione della Germania e di altri Paesi (Olanda e Baltici in primis).
Dopo queste premesse sballate, Stiglitz presenta dunque il suo Piano per l’Italia: svalutare! Stiglitz qui discute di varie opzioni, tutte fattibili solo nella sua testa, ma il nocciolo del suo argomento rimane lo stesso: con la svalutazione i prodotti italiani sarebbero meno costosi per gli stranieri, che ne comprerebbero di più (esportazioni salgono), e al tempo stesso i prodotti stranieri costerebbero di più per gli Italiani, che comprerebbero sostituti più economici fatti in Italia (importazioni calano e si sostituiscono con prodotti italiani). Ciò è esattamente quello che si è cercato di fare in Italia con Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e dieci anni di austerity: riduzione dei salari e crescita trainata dall’esportazioni. Se Monti voleva ridurre il numero di Euro in busta paga ogni mese (svalutazione interna), Stiglitz vuole mantenere lo stesso numero in busta paga ma non più di Euro, ma di una moneta che vale meno (svalutazione esterna). Il risultato è lo stesso: l’economia riparte perché i lavoratori prendono meno, ma riparte solo per i padroni che ingrassano. Si tratta di un classico modello mercantilista a tassi di cambio variabili.
Non solo dunque, questo modello scarica i costi della crisi sui lavoratori, ma è persino fondato su dati sbagliati: l’Italia ha già un sostanzioso surplus delle esportazioni sulle importazioni, frutto della macelleria sociale targata Monti e PD (infatti le ditte esportatrici italiane stanno facendo profitti record negli ultimi anni). Inoltre, tale modello ha una limitazione fortissima: funziona solo per esportazioni dove c’è competizione di prezzo (industrie mature, come l’automobile in Germania) e non d’innovazione (industrie in sviluppo, come intelligenza artificiale e biotecnologie). Svalutare ancora, cioè ridurre ancora i salari, ha senso solo in un’ottica di scommessa cieca e folle sull’esportazioni, sulla distruzione del mercato interno e sull’abbandono della ricerca scientifica, come ha fatto la Germania e come Trump vuole impedire che si faccia di nuovo. In sostanza, Stiglitz, da economista di destra classica liberale, propone all’Italia un sistema mercantilistico a danno dei lavoratori, basato su dati e teorie sbagliate ed oltre il tempo massimo di tali sistemi. Gli lasciamo volentieri i suoi consigli non richiesti e facciamo il contrario.
Infatti, come FGCI, diciamo chiaramente che si esce dalla crisi solo con un rinnovato intervento pubblico nell’economia. Non vogliamo infatti uscire dall’Euro tanto per, ma solo perché esso è uno strumento dell’imperialismo tedesco e perché le regole europee e gli attuali meccanismi macroeconomici ci impediscono di fare la grande campagna di investimenti pubblici (in primis ricerca e manifattura ad alta tecnologia) che serve a rilanciare l’occupazione e la produttività del lavoro. Un’uscita è necessaria, ma dev’essere progressista (quella proposta da Stiglitz non lo è), altrimenti tanto vale restare dentro e risparmiarsi la fatica. Tutto il resto, Stiglitz compreso, è fuffa.
di Frunze
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