I misteri dell'inflazione "all'italiana"


di Stefano Porcari - Contropiano

L’Istat indicato al ribasso il tasso di inflazione ufficiale di febbraio portandolo da 9,2 al 9,1%. Una delle cause è stato l’intervento dell’Arera, l’Authority che regola elettricità, gas e acqua, che a febbraio ha deciso un calo del 13% dei prezzi, portando il gas a 86,45 centesimi a metro cubo.

L’Istat spiega che “Il rallentamento dell’inflazione si deve, in primo luogo all’accentuarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -12,0% a -16,4%) e alla decelerazione di quelli degli Energetici non regolamentati (da +59,3% a +40,8%)”.

Il problema però è che a febbraio l’inflazione si è come “sdoppiata”. Una è quella dell’indice medio dei prezzi, l’altra è quella dei prezzi dei beni di maggior consumo, in particolare gli alimentari, quello che viene definito come il “carrello della spesa”.

Se fino ad ora i due andamenti sembravano procedere parallelamente, (entrambi in lento rallentamento), anche se con i prezzi del carrello della spesa di circa un punto sopra l’indice generale, da febbraio però mentre la curva dell’indice generale ha continuato a scendere, la curva del prezzi dei beni più necessari ha continuato a salire, toccando un +12,7%. In pratica adesso la forbice fra i due indicatori sull’inflazione si è divaricata di quasi 4 punti.

Ciò significa, come sempre in questo paese, che l’inflazione si sta accanendo sulle persone con i reddito più bassi e su chi ha retribuzioni non agganciate all’andamento dell’inflazione. Non solo. Se allarghiamo il raggio dal “carrello della spesa” e ai beni di largo consumo nel loro complesso, la situazione peggiora ancora e si arriva ad una inflazione “teorica” del 16% secondo quanto rilevato dall’analisi mensile della Nielsen sui beni a largo consumo.

Su tutto questo pesano come un macigno i parametri con cui si deve decidere l’adeguamento di salari e pensioni all’inflazione. Dal 1992 in poi, governi e imprese hanno truccato la partita con l’inflazione programmata, adesso c’è il rischio che usino uno solo dei due indicatori, quello più conveniente per imprese e governo ma del tutto sballato, in quanto l’andamento reale dei prezzi dei beni necessari e di largo consumo è molto più alto del dato ufficiale.

foto Patrizia Cortellessa

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