IL BUY-BACK SPIEGATO FACILE


DALLA PAGINA FACEBOOK DI GILBERTO TROMBETTA


“I manager delle corporation usano generalmente i buy-back, ovvero gli acquisti delle azioni delle loro società, per gonfiare il rendimento di ogni singola azione (earnings per share, EPS): infatti grazie al buy-back diminuisce il numero di azioni in circolazione e gli utili aziendali vengono spalmati su un numero minore di azioni.
Ovviamente questo va a vantaggio degli azionisti e dei manager che hanno opzioni sulle azioni della loro impresa, ma certamente non rafforza il capitale delle imprese. Anzi: molto spesso le imprese si indebitano pesantemente emettendo obbligazioni (acquistate a piene mani dagli istituti bancari) solo per riacquistare i propri titoli azionari che così in borsa aumentano artificiosamente di valore.
Il buy-back è tutt’altro che un fenomeno isolato ed eccezionale: al contrario è normale, comune e diffuso, provoca un artificioso aumento dei valori di mercato e contemporaneamente un forte indebitamento e impoverimento delle aziende. Prima del 1981 nel Regno Unito, e prima del 1982 negli Stati Uniti, il buy-back era proibito ed era considerato manipolazione di mercato. Dopo che è stato permesso si è diffuso sempre di più.
Nel 2019, secondo le stime di bank of America Merrill Lynch, le aziende hanno speso circa 823 miliardi di dollari per ricomprare le loro stesse azioni. Goldman Sachs stima invece numeri superiori: 940 miliardi di dollari con una crescita del 13% rispetto all’anno prima.
Secondo la Banca dei regolamenti Internazionali tra il 2010 e il 2019 le aziende statunitensi hanno distribuito 4 trilioni di dollari di dividendi e 6 trilioni di dollari di buy-back agli azionisti, ovvero 4 trilioni di dollari al netto del costo per l’emissione di azioni, una cifra enorme. Il valore complessivo dei buy-back è triplicato in un decennio. La borsa americana ormai serve più ad arricchire gli azionisti e i manager che a rafforzare le imprese”.

Il fallimento della moneta, di Enrico Grazzini

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