Negli ultimi anni, il debito degli Stati Uniti è cresciuto a livelli preoccupanti, con costi di interessi che hanno raggiunto cifre da record. A partire da aprile 2024, il debito nazionale ha superato i 34,6 trilioni di dollari, un valore che, suddiviso per la popolazione, equivarrebbe a oltre 100.000 dollari per cittadino. Questa situazione è in parte dovuta alle aggressive politiche monetarie adottate dalla Federal Reserve per combattere l'inflazione, ma il risultato è un aumento significativo degli interessi sui titoli di Stato, rendendo il servizio del debito sempre più oneroso.
Secondo i dati più recenti, gli Stati Uniti spendono attualmente circa 3 miliardi di dollari al giorno solo per pagare gli interessi sul debito, una cifra che si è raddoppiata rispetto al 2020. Questa crescita dei costi è diretta conseguenza degli aumenti dei tassi di interesse della Fed, che ha reso più costosi i titoli del Tesoro e, di conseguenza, il debito stesso.
Implicazioni future e scenari economici
Nonostante queste preoccupazioni, alcuni economisti sostengono che una crisi del debito immediata per gli Stati Uniti sia improbabile. Uno dei motivi principali è che il debito del governo USA è denominato in dollari, la valuta di riserva mondiale. Questo conferisce agli Stati Uniti un certo "margine di manovra" che altri paesi non hanno, permettendo loro di continuare ad accumulare debito senza affrontare immediatamente una crisi di credito. Tuttavia, come sottolineato dall'economista Dennis Nsafoah, i costi crescenti per il servizio del debito potrebbero rallentare la crescita economica e richiedere aggiustamenti fiscali nel lungo termine.
Una delle principali preoccupazioni riguarda l'eventuale ritorno della "stagflazione", una situazione che si è verificata negli anni '70, caratterizzata da alta inflazione e stagnazione economica. Se l'innovazione e la produttività continueranno a calare, mentre il debito e gli interessi aumentano, il rischio di stagflazione potrebbe diventare reale. Questo comporterebbe un aumento dei prezzi senza una corrispondente crescita economica, aggravando ulteriormente il peso del debito nazionale.
Il futuro della politica fiscale statunitense
La questione del debito nazionale sarà una delle principali sfide per il prossimo presidente degli Stati Uniti, indipendentemente dall'orientamento politico. Le proposte fiscali dei principali candidati alle prossime elezioni, siano esse di riduzione delle imposte o di aumento della spesa pubblica, non sembrano in grado di invertire la tendenza attuale. Infatti, secondo gli analisti, sia una presidenza repubblicana con Donald Trump, che una democratica con Kamala Harris, porterebbero a un aumento dei deficit e del debito pubblico nel corso del prossimo decennio.
Questo scenario ha portato alcuni analisti, come quelli di JPMorgan, a definire la situazione "insostenibile". La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aggravato il problema, con il governo che ha erogato massicci aiuti economici per sostenere i cittadini e le imprese. Tuttavia, come sottolineato dall'economista Carl Schramm, il governo ha continuato a spendere anche dopo la fine dell'emergenza, accrescendo ulteriormente il debito.
Verso una crisi del debito?
La possibilità che gli Stati Uniti affrontino una vera e propria crisi del debito nei prossimi anni rimane oggetto di dibattito. Se da un lato molti economisti, come Eric Kelley di UMB Bank, ritengono che una crisi non sia imminente, altri sottolineano i rischi a lungo termine di un debito in costante aumento. Una crisi del debito potrebbe portare a tagli dolorosi nella spesa pubblica o a un aumento delle tasse, con conseguenze devastanti per i consumatori e per l'economia nel suo complesso.
In ogni caso, la gestione del debito pubblico sarà una delle principali sfide economiche per gli Stati Uniti nel prossimo futuro. Il margine di manovra offerto dal dollaro come valuta di riserva mondiale potrebbe non durare per sempre, e la combinazione di debito crescente, interessi elevati e un rallentamento dell'innovazione potrebbe spingere il paese verso una crisi economica di vasta portata.
Mondo multipolare e de-dollarizzazione
La de-dollarizzazione nel contesto del debito monstre degli Stati Uniti potrebbe rappresentare un vero colpo di grazia per l’economia nordamericana, aggravando ulteriormente una situazione già critica. Gli Stati Uniti, infatti, sono stati in grado di accumulare livelli di debito straordinari grazie al fatto che il dollaro è la valuta di riserva mondiale. Questo status ha permesso al governo di finanziarsi a tassi di interesse più bassi rispetto ad altri paesi e di emettere debito senza la pressione immediata di una crisi.
Tuttavia, con il crescente multipolarismo economico globale, molte nazioni – tra cui Cina e Russia – stanno attivamente cercando alternative al dollaro per ridurre la loro dipendenza dalla valuta statunitense. In questo processo di de-dollarizzazione, sempre più paesi stanno stipulando accordi commerciali bilaterali in altre valute, come lo yuan o l’euro, diminuendo progressivamente l'uso del dollaro nel commercio internazionale.
Se il ruolo del dollaro dovesse ridursi significativamente, gli Stati Uniti potrebbero perdere il loro "privilegio esorbitante" di emettere debito senza subire le stesse conseguenze di altre nazioni. Questo si tradurrebbe in un aumento dei tassi di interesse richiesti dagli investitori internazionali per acquistare titoli del Tesoro statunitensi, poiché la domanda di dollari diminuirebbe. Un tale scenario aggraverebbe enormemente il costo di gestione del debito pubblico, che attualmente già comporta spese per interessi superiori ai 3 miliardi di dollari al giorno.
Inoltre, un dollaro più debole a causa della de-dollarizzazione comporterebbe una diminuzione del potere d’acquisto della valuta, spingendo ulteriormente l'inflazione. Con un'economia che già fatica a bilanciare un debito in crescita, costi di finanziamento più elevati e inflazione, il rischio di una crisi del debito diventerebbe sempre più concreto.
In sintesi, la de-dollarizzazione potrebbe accelerare il punto di rottura per l'economia statunitense, riducendo la capacità del governo di sostenere il proprio debito colossale senza affrontare gravi ripercussioni economiche e finanziarie.
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