Si è suicidato in carcere Jaber Albaqr, il terrorista arrestato a Lipsia mentre preparava un attentato. Un arresto inusuale, dal momento che a bloccare Albaqr sono stati suoi connazionali siriani che gli avevano dato ricovero per la notte, i quali hanno poi chiamato la polizia che lo stava cercando invano in tutta la Germania.
Un suicidio invero strano. Tonia Mastrobuoni scrive infatti sulla Repubblica del 13 ottobre: «Alla polizia della Sassonia spetterà […] l’arduo onere di spiegare come sia potuto avvenire un fatto così incredibile».
Peraltro, continua la Mastrobuoni, «pare che il fondamentalista islamico avesse cominciato uno sciopero della fame e fosse ritenuto a rischio suicidio, dunque – in teoria – sotto strettissima sorveglianza».
Nota a margine. C’è una evidente maledizione nel romanzo criminale delle Agenzie del Terrore islamista, che rende impossibile catturarli vivi e quindi in grado di raccontare retroscena e mandanti delle loro azioni.
Quando non muoiono nel corso delle loro azioni suicide, vengono inevitabilmente uccisi dalle forze di sicurezza, a quanto pare incapaci di sparare per ferire, così da catturarli vivi.
Le loro testimonianze sarebbero più che preziose, basti pensare a organizzazioni criminali analoghe sbaragliate o ridimensionate grazie all’uso dei pentiti.
Nel caso specifico, non potendo essere ucciso in azione, dato che la sua cattura è stata operata da semplici civili, Albaqr ha pensato bene di uccidersi in carcere in maniera appunto «incredibile».
L’altro islamista che poteva parlare, anzi che aveva detto esplicitamente di voler collaborare, Salah Abdeslam, l’uomo delle stragi di Parigi arrestato in Belgio, non collaborerà più. Anche perché si era detto disposto a vuotare il sacco se non fosse stato estradato. Cosa invece avvenuta.
In Francia, ovviamente, non ha detto nulla, come preventivato. E i suoi avvocati lo hanno pure abbandonato spiegando appunto che tale collaborazione è ormai impossibile; mentre si susseguono voci di un suo possibile suicidio in carcere.
C’è evidentemente un muro di omertà nelle Agenzie del Terrore, che va in parallelo con il muro di stolidità innalzato dalle Agenzie del Contro-terrore.
Ai cittadini è chiesto di accontentarsi delle farneticanti spiegazioni degli uni e dei bollettini ufficiali degli altri, senza porre domande ulteriori. Domande alle quali invece appare sempre più urgente dare risposta.
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