Al “Pentagono sono sempre più preoccupati che il consigliere della sicurezza nazionale del presidente Trump, John R. Bolton, possa scatenare un conflitto con l’Iran”. Così sul New York Times.
Già lo scorso anno Bolton chiese di bombardare l’Iran, continua il giornale, dopo l’esplosione di alcuni missili iraniani nelle vicinanze di postazioni militari Usa a Baghdad.
Il ministro della Difesa Mattis e altri generali delle Forze armate si “opposero categoricamente” alla richiesta.
“Da quando Bolton è subentrato all’HR McMaster, nell’aprile scorso – annota il giornale Usa -, egli ha intensificato la spinta dell’amministrazione Usa a isolare e a fare pressione sull’Iran – riflesso di un’ostilità verso i leader iraniani che risale” ai tempi in cui era parte “dell’amministrazione di George W. Bush”.
Bolton non è l’unico anti-iraniano dell’amministrazione. Il NYT ricorda come all’inizio di questo mese il Segretario di Stato Mike Pompeo abbia avvertito l’Iran dopo il lancio di tre veicoli spaziali, che sarebbero serviti per “testare la tecnologia missilistica necessaria per trasportare una testata contro gli Stati Uniti e altre nazioni”.
Un avvertimento che mirava “a costruire una base legale per azioni diplomatiche, militari o segrete contro il programma missilistico iraniano”.
Spiegazione che non convince affatto le fonti della Difesa interpellate dal NYT, che l’hanno trovata “sorprendente”, dal momento che l’Iran fin “dal 2005 ha usato queste modeste missioni spaziali, per lo più per dispiegare satelliti”.
Ma a quanto pare, pur ingaggiato contro Teheran, Pompeo avrebbe un freno ignoto a Bolton. Così, nel suo recente tour in Medio oriente, pur martellando sulla necessità di contenere l’Iran, “non ha mai parlato di interventi militari”.
“Bolton non vuole sentire opinioni contrastanti, hanno riferito le fonti [della Difesa], odia le fughe di notizie e vuole controllare tutto ciò che arriva al presidente. Il risultato è che non vengono prese in considerazione opzioni diverse [dalle sue] e, cosa più importante, c’è il rischio di un’escalation“.
Bolton ha ottenuto una grande vittoria con il ritiro degli Stati Uniti dal trattato nucleare iraniano, continua il NYT, ottenuto contro il parere di McMaster, Mattis e dell’allora Segretario di Stato Rex Tillerson. E dello stesso Pompeo, che sperava potesse restare in vigore limitatamente agli Stati europei.
Ma ora Bolton ha perso con il ritiro dalla Siria, come spiega anche al Monitor, che ricorda come egli avesse rassicurato Israele sulla vacuità dell’ordine di Trump. Invece, venerdì scorso il ripiegamento è iniziato (da vedere se e come proseguirà).
Nel rilevare lo scacco del Consigliere per la sicurezza nazionale, il Wall Street Journal, ha riportato le affermazioni di un alto esponente dell’Us Army, che spiegava come essi stessero eseguendo l’ordine firmato dal ministro della Difesa dimissionario, Mattis.
“Noi non prendiamo ordini da Bolton“, ha aggiunto significativamente l’anonimo. La guerra all’interno dell’amministrazione Usa è alle stelle.
L’annuncio del ritiro è giunto proprio nel giorno in cui Trump si è recato al confine tra Messico e Stati Uniti per confermare la necessità di un Muro anti-clandestini.
Questa iniziativa del presidente sta scuotendo l’America, con drammatizzazione crescente. Non entriamo nel merito, ci limitiamo a rilevare che l’escalation della polemica è stata innescata da Trump con la sua visita.
Così non sembra affatto casuale la coincidenza tra tale escalation e l’annuncio del ritiro. Come se Trump avesse volutamente accentrato l’attenzione su una problematica per poter ottenere altro, altrove…
Per i presidenti Usa il ritiro di truppe è simbolo di disfatta, come avvenne per il rovinoso ripiegamento dal Vietnam.
Nel caso specifico, è invece una vittoria. Trump ha (temporaneamente) sconfitto gli assatanati cultori della guerra, del quale Bolton è irriducibile alfiere.
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