La "guerra civile americana" ha inizio con la variante Texas?

La guerra civile americana, che vede democratici e conservatori mai così conflittuali, con l’establishment che ha scelto i primi per sbarazzarsi di Trump, si è aperta nella variante texana.

Come recita il titolo del Washington Times, sembra che la nuova amministrazione abbia “dichiarato guerra” al Texas. Secondo la nota, una delle armi usate contro quello Stato sarebbe il subitaneo via libera senza controlli all’immigrazione, che vede il Texas, per posizione geografica, in prima linea.

La guerra al Texas

Secondo il WT il via libera favorisce i cartelli che gestiscono l’immigrazione (e la droga messicana) e sta introducendo nel Texas una massa enorme di nuovi immigrati, senza alcun controllo anche riguardo un’eventuale patologia Covid-19, con logica stridente rispetto alle rigorose restrizioni anti-pandemia.

C’è della propaganda in tutto ciò – è ovvio – e certo la logica anti-migratoria non ci appartiene, ma tralasciando la drammatica questione migratoria (affrontata in altre note), val la pena riferire i motivi per i quali, secondo il WT, è iniziata questa guerra: perché il Texas ha “osato rimanere ostinatamente repubblicano e per aver dato a Donald Trump i suoi 38 voti elettorali a novembre”.

Manie di persecuzione? Forse. Resta il fatto che i media mainstream, quelli che hanno portato sugli scudi Biden, sono ingolfati di articoli contro il Texas e contro i repubblicani che controllano da tempo tale Stato.

Una guerra che sta ricalcando il copione già visto nello scontro per le presidenziali, dato che, come in quella, gli avversari dei repubblicani stanno usando una calamità naturale, lì la pandemia qui un abbassamento polare della temperatura, come arma per eliminare il nemico.

Sull’America, infatti, si è abbattuta una drammatica gelata, che nel Texas ha visto una complicanza che ne ha alimentato la portata distruttiva. Questo Stato, infatti, durante la bufera, ha visto blackout generalizzati, che hanno dato vita a un combinato disposto micidiale.

In America si gioca a carte scoperte, da qui i titoli dei media mainstream contro i repubblicani del Texas. Esplicito il sottotitolo del New York Times: “Mentre lo Stato vacilla per le interruzioni di corrente, i democratici cercano di ribaltare la situazione sui repubblicani che dominano il governo dello Stato”.

Petrolio vs Green

In realtà, non si tratta solo di una guerra contro i repubblicani del Texas, ma anche di un capitolo non secondario della guerra per il futuro delle risorse energetiche, lotta sulla quale si gioca il destino degli Stati Uniti e del mondo.

Uno scontro per decidere se il petrolio sarà ancora la risorsa energetica primaria del mondo o se sarà sostituita dall’energia green.

Scontro di potere all’ultimo livello, dato che il suo esito deciderà chi saranno i padroni degli Usa e del mondo: se cioè l’era delle Sette Sorelle – così sono state chiamate le principali compagnie petrolifere del mondo – sia tramontata in favore di una nuova casta di potere, quella che presiede alle energie rinnovabili, sulle quali si è tuffata la Grande Finanza.

Sul punto citiamo un titolo del Washington Post: “I repubblicani del Texas hanno mentito sulla crisi del potere. Abbiamo bisogno di più investimenti nelle energie rinnovabili, non di meno”.

Il Texas è nevralgico da questo punto di vista, dato che in questo Stato è concentrata la produzione del petrolio degli Stati Uniti e la gestione di tale risorsa di parte del mondo.

Trump era stato portato sugli scudi anche da questo vecchio potere, che non voleva lasciare il posto al nuovo. Tanto è vero che nella sua prima amministrazione, l’unica sulla quale ha avuto le mani relativamente libere, aveva scelto come Capo del Dipartimento di Stato l’ex Ceo della Exxon Mobil, Rex Tillerson.

L’idea di conservare la primazia al petrolio come risorsa energetica aveva anche creato, insieme ad altro e più importante, un terreno di incontro con la Russia, che ha nel petrolio e nel gas la colonna portante della sua economia.

La variante texana dello scontro di potere in atto ha un corollario anche nello scontro tra Paperoni. In altra nota avevamo scritto come il trasferimento di Elon Musk dalla California al Texas aveva un significato politico, una sorta di arrocco del potere che aveva supportato Trump.

Sull’argomento va segnalato che, appena eletto Biden, Musk si è visto revocare il permesso di far partire i suoi immaginifici razzi dalle basi spaziali federali, una iniziativa che molti in America reputano non casuale (The Hill).

È di ieri la notizia del nuovo sorpasso, nella classifica dei paperoni, di Jeff Bezos – che ha supportato Biden – sull’incalzante Musk, che per alcuni giorni gli aveva tolto lo scettro di uomo più ricco del mondo.

Notizie secondarie, ma significative sullo scontro di potere in atto e sui suoi esiti. Chiudiamo tornando all’incipit della nostra nota, accennando al fatto che la guerra al Texas è solo iniziata. Se si tiene presente che in tale scontro si è arrivati a usare anche dei disastri naturali, si può ben immaginare che non sarà a colpi di fioretto, ma di sciabola.

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