di Francesco Erspamer
Due importanti interventi di Di Battista in poche ore. Molto bene, è un politico di razza e in questo momento il M5S e l’Italia ne hanno bisogno.
Molto utile anche il fatto che stia provocando discussioni: in un partito di massa devono essercene perché si tratta inevitabilmente di un mosaico di interessi ma soprattutto perché le strategie e le tattiche politiche sono sempre contingenti, dei mezzi funzionali al fine da raggiungere, e il confronto aiuta a trovare quelli di volta in volta più opportuni.
A patto naturalmente di non trasformare i mezzi in fini, ideologizzandoli o peggio “tifosizzandoli” malgrado il rischio di provocare divisioni interne: compattezza e disciplina sono fondamentali, davvero le condizioni necessarie, anche se non sufficienti, dell’impegno politico.
Va pertanto superata la propensione all’individualismo instillata in tutti noi da trent’anni di liberismo e va recuperata la capacità di agire e sacrificarsi per gli altri, per il paese, per la collettività, per i posteri, per il bene comune. È una abnegazione che credevo perduta e ho ritrovato nel Movimento e specificamente in parecchi suoi militanti e simpatizzanti, e che va però coltivata, rinforzata, resa cosciente, posta esplicitamente al centro della nostra lotta. Il resto sono dettagli, magari importanti per qualcuno ma che non devono portare a sospetti e sfiducia. Tutto e subito tanto non lo otterremo: sarà una guerra di lunga durata e sarà vinta da chi dimostrerà più pazienza e resistenza.
Spero che adesso Di Battista resti in gioco: il suo silenzio è stato un atto di obbedienza e di umiltà ma immagino che si sia accorto che non è il momento di essere umili e tanto meno di mollare la presa: mai come oggi la politica richiede una dedizione totale, continua, professionale. Già prima del coronavirus il liberismo era pericolosamente aggressivo e invasivo, adesso il suo rifiuto di mettere in discussione i suoi assiomi lo rende letale. Ha già cominciato a usare l’epidemia e i morti per ampliare ulteriormente il monopolio delle multinazionali private, per arricchire i miliardari, per rafforzare le caste e indebolire i popoli e gli Stati, per diffondere il suo pensiero unico e la sua dittatura mediatica. Non so se si possa fermarlo ma occorre ostacolarlo: come? Rinunciando, ciascuno di noi, a qualcosa a cui teniamo in cambio di una più profonda solidarietà, di un'implacabile coesione. "Divide et impera" dicevano i romani, che se ne intendevano: chi si fa dividere perde sempre, chi divide gli avversari può vincere.
* Professore all'Harvard University
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