La situazione in Bangladesh rischia di degenerare. Almeno 38 persone (Afp), per i gruppi d'opposizione sono molti di più - sono morte ad inizio settimana per gli scontri tra la polizia ed i membri del gruppo Hefazat-e Islam, sempre più popolare nelle scuole coraniche del paese, che chiede una nuova legge sulla blasfemia, una maggiore separazione tra uomini e donne e l'imposizione dell'educazione islamica. Nella giornata di lunedì, il gruppo aveva preso il controllo del quartiere commerciale della capitale, Motijheel prima di tornare sotto il controllo delle autorità, dopo una prolungata guerriglia. Il segretario di Hefajat-e-Islam (Protettorato dell'Islam), Junayed Babu Nagori, è stato arrestato lunedì notte con l'accusa di omicidio.
I principali partiti d'opposizione in Bangladesh hanno poi invocato due giorni di sciopero generale per protestare verso quello che hanno descritto come “una serie di omicidi di massa” contro musulmani da parte della polizia negli scontri di domenica e lunedì. Il principale partito d'opposizione, il Bangladesh Nationalist Party (BNP) ed i suoi alleati islamici, hanno giustificato lo sciopero, denunciando “centinaia” di morti e accusando le autorità di occultare i corpi, ma il tutto senza fornire nessuna prova.
Giovedì 9 maggio, inoltre, il Tribunale dei crimini internazionali in Bangladesh ha condannato Mohammad Kamaruzzaman, il numero due del partito d'opposizione Jamaat-e-Islami, per crimini contro l'umanità, tortura e genocidio in relazione alla guerra d'indipendenza dal Pakistan nel 1971. Tra le peggiori accuse, riporta il corrispondente della Bbc, le uccisioni di massa come “capo organizzativo” della milizia filo pakistana Al Badr perpetrate in un villaggio, poi tristemente noto come quello “delle vedove”. Verdetti precedenti di questo tribunale, molto criticato dalle organizzazioni internazionali per il mancato rispetto dei standard processuali minimi e non riconosciuto dalle Nazioni Unite, hanno generato la violenza incontrollata dei sostenitori islamici.
L'annuncio aumenterà le tensioni di un paese dove il 90% della popolazione è musulmana e dove già 150 persone circa sono morte a seguito della prima dichiarazione di condanna del tribunale, considerato come uno strumento politico creato dal governo della Lega Awami dai principali partiti d'opposizione, il 21 gennaio scorso.
Inn questo clima, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha invocato la fine delle violenze in Bangladesh e chiesto ai leader politici e religiosi di intavolare un dialogo costruttivo per alleviare le tensioni. Ma rimane alto il pericolo che, nel breve periodo, il tessuto sociale del paese possa implodere.