La fobia delle bolle e la politica monetaria

Come si può comprendere che la politica monetaria sia eccessivamente accomodante? I libri di testo spiegano come la risposta debba essere associata al rischio d'inflazione presente nell'economia: un livello dei prezzi stabili significa che il denaro in circolazione non è né troppo né troppo poco.

Quest'assunto è oggi sotto accusa da due posizioni dottrinali contrastanti: dalla posizione di Krugman e, secondo il premio Nobel dell'economia, anche della presidentessa della Fed Janet Yellen, si sostiene come a livelli di inflazione eccessivamente bassi questa regola si rompe: in questa situazione, infatti, la curva di Philipps non è verticale anche nel lungo periodo, perché, a causa principalmente della rigidità nominale dei salari, l'economia opera al di sotto del suo potenziale.

Ma c'è anche una critica dall'altro campo dottrinale ed è molto presente negli altri Governatori della Banche centrali. Secondo questa visione se i prezzi delle azioni stanno aumentando potrebbe essere il segnale di una bolla, ed il tempo di restringere il denaro in circolazione, anche se l'inflazione è bassa o in diminuzione. Come ha riportato recentemente, Simon Wren-Lewis, il presidente della Banca centrale svedese Riksbank è divenuto il portabandiera di questa teoria ed ha proceduto ad aumentare i tassi d'interesse anche se l'inflazione è molto al di sotto dei target e sta continuano a diminuire. La ragione: evitare l'esplosione di una bolla immobiliare.


Nel mondo di stagnazione secolare descritto da Summers/Krugman/Hansen, la deficienza della domanda interna richiede un intervento di supporto della politica monetaria. Le bolle possono formarsi ed i banchieri centrali li usano sempre come scuse per alzare i tassi.

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