di Antonio Di Siena
Perché chi difende Leuropa e questo modello economico è vostro nemico.
In un asilo nido comunale i bambini cominciano l’anno scolastico.
Sono piccoli di un anno e mezzo e l’inserimento viene fatto gradualmente e a gruppi ristretti.
Poi accade l’assurdo.
Per ragioni imponderabili (ma assolutamente comprensibili) entrambe le maestre si ammalano.
La classe dei piccoli alunni viene spostata in un’altra aula, con altre maestre, e accorpata a quella dei bambini più grandi. Temporaneamente dicono.
Passano i giorni fra il nuovo inserimento, nuovi pianti a dirotto e altre difficoltà, ma la situazione non cambia.
I genitori cominciano a chiedere spiegazioni. Per alcuni di loro (lavoratori) l’asilo dei loro figli (che iniziava a settembre) non è neanche cominciato e i bimbi sono costretti a restare a casa. Il plesso scolastico ci mette tutta la buona volontà possibile, ma le risorse interne non sono sufficienti e il problema rimane.
Poi, dopo una settimana, arriva la spiegazione.
La classe dei più piccoli è stata soppressa perché il Comune non può procedere ad assumere neanche le supplenti.
Il motivo? È presto detto.
Il TUEL impone agli enti locali di tenere i conti in ordine e rispettare vincoli europei e fiscal compact.
Tradotto.
Finché il consiglio comunale non approva il Bilancio consolidato, dimostrando che l’Ente ha i conti in ordine, non si può procedere ad assumere nuovo personale per far fronte non solo ai pensionamenti ma, cosa ancora più assurda, neanche per tamponare defezioni e malattie.
Significa che pure per nominare un supplente a tempo determinato devi rispettare il patto di stabilità.
E poco importa che di mezzo ci vadano dei bambini di neanche 2 anni i cui genitori non possono permettersi la babysitter h24.
È facile parlare di sostegno alle famiglie, incentivi alla natalità, emancipazione della donna, progresso, modernità e diritti.
Se poi nel concreto si difende un modello economico-normativo che impone, allo Stato come ai Comuni, conti in ordine ed equilibrio di bilancio (così come previsto dal fiscal compact inserito in costituzione da quei criminali neoliberisti) non si sta dalla parte dei cittadini.
Si sta dalla parte delle banche e della grande finanza internazionale.
Perché lo Stato sociale, la sanità, i servizi pubblici essenziali e soprattutto tutto quanto ha a che fare con i bambini non può (e non deve) essere subordinato a principi aziendalistici.
Perché lo Stato non è (e non può essere) un’azienda ma una comunità. E i suoi cittadini non sono numeri da incolonnare in uno stramaledetto foglio di calcolo.
Sono persone in carne e ossa.
Sono precari e disoccupati, spesso giovani e demotivati che, pur fra mille difficoltà, cercano di fare la loro parte.
Per questo bisogna distruggere questo modello scellerato fondato sul mercato e sulla concezione dei cittadini come merce. Tenendo ben presente che chiunque, per ignoranza o malafede, si ostini a difenderlo è il nemico.
Perché è nemico del popolo italiano e dei suoi interessi.
Per riprenderci il futuro dobbiamo combattere il presente. E il presente si chiama Unione Europea.
L’Ue va rasa al suolo e il terreno sul quale è cresciuta cosparso di sale.
Così è.
E non può essere diversamente.
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