3 ottobre 1943, Kos: l'eccidio che molti italiani hanno dimenticato

L’eccidio di Kos.
È l’alba del 3 ottobre sull’isola di Kos, la 22ª divisione aviotrasportata della Wehrmacht guidata dal generale Friedrich-Wilhelm Müller sbarca in tre diversi punti, sia dal mare che dall'aria, dando inizio all’operazione Eisbär.
L’obiettivo è occupare la piccola isola del Dodecaneso.
Diciannove motozattere naziste approdano sulla spiaggia che divide Marmari e Tigaki, con l'obiettivo di prendere la stazione radio sulla collina che domina lo specchio d’acqua di fronte a Pserimos. Un battaglione della Brigata Brandeburgo viene paracadutato su Agios Fokas, nei pressi delle terme. Altri mezzi attraccano sulla riva meridionale, a Capo Tigani, per occupare l'aeroporto di Antimachia, il principale dell’isola, da dove in seguito poter attaccare facilmente la base navale italiana di Leros.
Nonostante la minoranza numerica, e a causa dello scarso coordinamento con le truppe inglesi arrivate in supporto, con una manovra a tenaglia i nazisti riescono in soli due giorni a occupare l’intera isola.
In totale vengono catturati 1388 soldati inglesi e 3145 italiani. Quasi tutti immediatamente spediti in Germania. Gli altri restano prigionieri nell’Egeo.
Sono 148 ufficiali italiani del 10º Reggimento fanteria "Regina". Vengono sottoposti a processo sommario, a conclusione del quale sono condannati a morte.
Sette di loro passano coi tedeschi, ventotto riescono a fuggire a nuoto sulle vicinissime coste turche. Altri dieci ricoverati in attesa di trasferimento nelle carceri tedesche. Ne restano 103. Viene detto loro che, come i compagni feriti, verranno trasferiti in Germania e per questo accompagnati a piccoli gruppi verso il punto d’imbarco.
Giunti sula strada per Tigaki, nei pressi di Linopotis, una mitraglia tedesca nascosta tra gli arbusti inizia a fare sistematicamente fuoco, compiendo una vigliacca rappresaglia. Dopo l’eccidio, i cadaveri vengono interrati in fosse comuni nei pressi degli acquitrini lì vicino. A marcire come bestie. Dei loro corpi ne sono stati ritrovati soltanto 66 (di cui 42 riconosciuti). I resti riposano oggi nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari. Degli altri 37 soldati non si è ritrovato più nulla.
Si conclude così questa vile pagina di storia bellica, una piccola Cefalonia che molti italiani non conoscono o hanno dimenticato.
A imperitura memoria.

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